Si, viaggiare.... tra sogno e realtà

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  1. la sirenetta
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    Manfredonia

    Manfredonia (antico Sipontum, quindi Sypontum Novellum, poi Sipontum Nova in dialetto Manbrdonje) è un comune italiano della provincia di Foggia in Puglia.


    Situata sul golfo omonimo, immediatamente a sud del promontorio del Gargano. Manfredonia confina a nord con Monte Sant'Angelo, a nord-ovest con San Marco in Lamis e San Giovanni Rotondo, ad ovest con Foggia, a sud ovest con Cerignola e Carapelle ed a sud con Zapponeta. È il ventisettesimo comune italiano per estensione territoriale, nonché il sesto più esteso della Puglia.

    Il territorio comunale è caratterizzato sia dalla bassa costa sabbiosa del golfo di Manfredonia, oggetto di bonifica recente, sia per la natura montuosa della parte settentrionale, inclusa nel Parco Nazionale del Gargano. Fino agli anni '30 aveva molte zone paludose interessate poi da bonifiche dell'agro sipontino; ancora presente è però una zona paludosa denominata Lago Salso.

    Numerosi reperti, tra i quali i più significativi sono le stele daunie, lastre funebri scolpite dell'VIII - VI secolo a.C., attestano che la piana a sud del Gargano era abitata sin da epoca neolitica. L'area fu sede di un importante insediamento dauno, Siponto, che in seguito fu ellenizzato, diventando uno dei porti più settentrionali della Magna Grecia. A questo periodo risale la leggenda di una fondazione ad opera dell'eroe omerico Diomede. Conquistata prima dai Sanniti e poi da Alessandro I d'Epiro nel 335 a.C., nel 189 a.C. divenne colonia romana, mantenendo comunque viva la sua importanza strategica e commerciale.

    Basilica di SipontoSede vescovile dal 465, Siponto fu centro importante tra il IV e il V secolo e vi fu costruita una basilica paleocristiana. A lungo contesa fra Longobardi e Bizantini, fu distrutta da questi ultimi nel VII secolo, durante il regno di Costante II. Ricostruita fu brevemente possedimento saraceno nel IX secolo e divenne sede di una delle 12 contee normanne.

    Siponto subì pesanti distruzioni per i terremoti del 1223 del 1255, in seguito al quale si ebbero probabilmente fenomeni di bradisismo che fecero cadere in rovina la città.

    Nel gennaio 1256 il re di Sicilia e principe di Taranto Manfredi giunto a Siponto durante una battuta di caccia sul Gargano, trovò la città distrutta e gli abitanti costretti a vivere in case non più adatte all'uso abitativo, in un'area resa malarica dall'impaludamento. Decise quindi di ricostruire la città due miglia a nord dell'insediamento originario. Le sue intenzioni erano duplici: da un lato, creare uno dei più importanti centri di governo di tutto il Regno, secondo gli evoluti canoni amministrativi ormai consolidati dal padre, l'imperatore Federico II; dall'altro, presidiare il territorio la cui posizione era strategica anche per via della vicinanza all'Oriente bizantino.

    Le conferì il proprio nome in segno di futuro prestigio, onore e potenza. In marzo i lavori vennero affidati al maestro costruttore Marino Capece, che riutilizzò i ruderi della città più antica e organizzò l'importazione via mare dalla Schiavonia di legname, calce, pietre e sabbia. Nel complesso furono impiegati 700 operai e molti buoi. Il 23 aprile 1256, giorno di san Giorgio, fu posata la prima pietra e nel 1257, convocato il Parlamento di Puglia a Barletta, Manfredi ottenne di costruire la nuova città a spese dell'erario reale e della sua cassa privata. Nel novembre 1263 venne consegnato il Datum Orte, ossia l'atto notarile col quale la città veniva ufficialmente riconosciuta. Manfredi successivamente affidò i lavori a suo zio Manfredi Maletta.

    Ai primi del 1258 erano state costruite la metà delle mura che guardano verso il mare e verso Foggia, con fortini e baluardi, e la grande torre di San Francesco; la piccola chiesetta della Maddalena e la grande campana il cui suono era percettibile a distanze notevoli, questa serviva in caso di pericolo per chiamare a raccolta i pochi abitanti di Manfredonia. Nel 1264 Manfredi inaugurò solennemente il castello e la città.

    La nuova città ottenne benefici fiscali (franchigie) che la resero un porto franco e la sua popolazione si accrebbe con il trasferimento di abitanti delle vicine città di San Paolo di Civitate, Trani, Carpino, Monte Sant'Angelo, Barletta, Ischitella, Andria e Corato. Sin dalla sua costituzione fu dotata di una zecca che coniò e impresse diverse monete (doppio tarì, dinari d'oro, di rame e di biglione).

    Manfredonia ospitò Cesare e Guido Fieramosca quando il maresciallo francese Lautrec invadeva il Regno di Napoli. Guido combatteva contro i Veneziani in Puglia dopo che questi stavano riconquistando tutte le città tranne Manfredonia, difesa da Carlotto di Parma detto il Cavaliere, da Alessio Lascari e Pier Luigi Farnese e lo stesso Fieramosca. Tre città resistettero alla Francia: Manfredonia, Gaeta e Napoli. Il Lautrec non riuscendo a conquistare la città operò delle razzie nelle campagne circostanti fino a quando una delle navi che appoggiavano le operazioni francesi venisse colpita dai cannoni della Torre di San Francesco. La città di "Manfredi" dunque nel 1528 resistette all'assedio francese e fu conservata all'imperatore Carlo V. Lo stesso imperatore per alleviarla e riconpensarla della fedeltà le riconfermò nel 1533 gli antichi privilegi, esenzioni e gabelle. Sotto Carlo V, la città godette un periodo di felice progresso e benessere

    Nel 1910, in occasione di una epidemia di colera, alcuni giovani si riunirono in un'associazione di assistenza, chiamata "Croce Verde", che collaborava con il personale del locale ufficio sanitario. Fu la prima città d'Italia ad essere bombardata da navi austriache durante la prima guerra mondiale, all'alba del 24 maggio 1915. Fu colpita la stazione ferroviaria con 100 bombe. Due lapidi poste una proprio nella stazione e un'altra all'inizio del Corso ricordano l'evento.

    Castello svevo-angioino-aragonese
    Voluto da Manfredi di Sicilia all'atto di fondazione della città, il castello è frutto di diverse trasformazioni, ampliamenti e rifacimenti durante le diverse epoche. All'origine la struttura era un quadrilatero con una cinta muraria dotata di cinque torrioni a pianta quadrata (quattro agli angoli ed una presumibilmente posta a nord-est presso la porta centrale). Attualmente esistono di quelle torri solo quattro di cui solo quella a sud-est ha mantenuto l'originaria forma quadrangolare, mentre le altre tre sono state inglobate in strutture cilindriche. Di chiara marca sveva, il primo castello fu concluso da Carlo I d'Angiò.

    In epoca aragonese si assisté a un processo di radicale trasformazione del complesso, nell'ambito di un complessivo progetto di fortificazione delle strutture difensive delle più importanti città costiere. Fu infatti disposta la costruzione di una nuova cortina muraria inglobante la struttura primitiva e dotata di una leggera inclinazione a scarpata tale da renderle più rispondenti alle esigenze dell'arte difensiva conseguenti all'uso dell'artiglieria militare. Agli angoli vengono costruiti quattro torrioni cilindrici più bassi di quelli interni. Dopo l'attacco nel 1528 del maresciallo francese Lautrec il torrione di nord-ovest venne modificato a bastione inglobando la precedente struttura a forma cilindrica. Anche le altre tre torri erano interessate al progetto di fortificazione ma questo non fu mai portato a termine. Nel 1620 il castello dovette capitolare all'attacco dei turchi a causa della esiguità dei pezzi di artiglieria e perché privo di parapetti protettivi sufficientemente alti a garantire l'incolumità dei difensori.

    Nel corso del XVIII secolo la struttura venne usata come caserma ed il grande bastione a prigione. Durante il regno dei Borboni e in epoca successiva fino al 1884 il Castello viene tenuto in efficienza in quanto Manfredonia viene qualificata come piazza forte. Dal 1888 fino al 1901, anno in cui l'edificio fu acquistato dal Comune di Manfredonia, appartenne all'orfanotrofio militare di Napoli.

    Nel 1968, con D.P.R. del 21 giugno n. 952, il Castello viene donato dal Comune allo Stato con l'impegno, da parte di quest'ultimo, di istituire al suo interno un museo per conservare i reperti provenienti dal territorio circostante. L'attuale museo archeologico che custodisce stele daunie databili all'VIII-VI secolo a.C.).

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    SORRENTO

    Sorrento (Surriento in lingua napoletana) è un comune italiano di 16.616 abitanti della provincia di Napoli in Campania.

    Fondata molto probabilmente dai greci, Sorrento subì temporaneamente la supremazia degli Etruschi e poi, dal 420 a.C., l'influsso degli Osci. In età romana è ricordata per aver partecipato all'insurrezione degli Italici (90 a.C.); vi fu quindi dedotta da Silla una colonia, a cui seguì più tardi uno stanziamento di veterani di Ottaviano. Fu poi municipio della tribù Menenia. Fu sede vescovile almeno dal 420. Durante la crisi del dominio bizantino in Italia, Sorrento acquistò autonomia come ducato, prima sotto la supremazia dei duchi di Napoli, poi con arconti e duchi propri, sempre in lotta con Amalfi, Salerno ed i Saraceni. La storia di Sorrento si confonde con quella delle altre città campane; prese parte alle leghe anti musulmane; combatté i Longobardi di Benevento; conobbe lotte familiari tra i nobili locali. Obbligato nel sec. IX da Guaimario principe di Salerno ad accettare come proprio duca il fratello, Guido, il Ducato di Sorrento riprese la propria autonomia dopo la morte di quest'ultimo per poi perderla definitivamente nel 1137, assorbito nel nuovo regno dei Normanni. Sorrento seguì da allora le sorti del regno, non senza ribellioni e conflitti, specie all'inizio dell'età aragonese. Nel 1558 fu presa e saccheggiata dai Turchi; nell'inverno del 1648 la città sostenne valorosamente l'assedio di Giovanni Grillo, generale del duca di Guisa.

    Nella piazza principale, Piazza Tasso è presente una statua raffigurante il titolare di essa, Torquato Tasso, poeta sorrentino celebre in tutto il mondo.

    Il centro storico mostra ancora il tracciato ortogonale delle strade di origine romana, mentre verso monte è circondato dalle mura cinquecentesche. Vi si trovano il Duomo, riedificato nel XV secolo, con facciata neogotica, e la Chiesa di San Francesco d'Assisi, con un notevole chiostrino trecentesco, con portico arabeggiante ad archi che s'intrecciano su pilastri ortogonali. Nel "museo Correale" sono esposte collezioni di reperti greci e romani e di porcellane di Capodimonte, con una sezione di pittura del XVII-XIX secolo; dal parco si gode inoltre una magnifica vista sul golfo. Presso la Punta del Capo, 3 km a ovest, si trovano resti romani ritenuti della villa di Pollio Felice (I secolo d.C.). Un'altra villa marittima è la "Villa di Agrippa Postumo", sotto l'attuale "Hotel Syrene". La villa fu fatta costruire dallo sfortunato nipote di Augusto.

    L'ambiente del vecchio borgo, della costa, del panorama collinare sorrentino, negli ultimi decenni, è stato deturpato da una serie di abusi edilizi (creazione di mansarde, case abusive, espansione su territori non edificabili di case ed alberghi), atti solo allo sfruttamento economico del territorio, e risanati per merito dell'ultimo condono edilizio. L'antico rione di pescatori "marina grande" e la sua relativa spiaggia, ormai abbandonata a se stessa, era uno degli scorci più belli e suggestivi di Sorrento. Attualmente rappresenta ancora una fantastica attrattiva della realtà sorrentina.

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  3. la sirenetta
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    CAPRI

    L'isola di Capri è situata nel Golfo di Napoli, tra la penisola sorrentina, Capo Miseno e le isole di Procida e Ischia. Di origine calcarea, la sua sezione più bassa è al centro, mentre i suoi lati sono alti e circondati per lo più da spaventosi precipizi, dove si trovano numerose grotte. La sua orografia è composta, ad ovest, dalle pendici del monte Solaro e, ad est, dal monte San Michele, con la Croce e il monte Tuoro.

    Lo storico e geografo greco Strabone, nella sua Geografia, riteneva che Capri fosse stata un tempo unita alla terraferma. Questa sua ipotesi è stata poi confermata, recentemente, sia dall’analogia geologica che lega l’isola alla penisola sorrentina sia da alcune scoperte archeologiche.

    Coesistono sull'isola due realtà urbane, diverse tanto per la naturale separazione geografica quanto per tradizioni e origine etnica: Capri e Anacapri. Tale differenziazione si spiega con la naturale vicinanza di Capri al mare: la presenza del porto ha infatti agevolato gli scambi commerciali e culturali con il Regno di Napoli e determinato, di conseguenza, un suo maggiore benessere economico.

    Le due comunità erano in eterno conflitto, impegnate a difendere ognuna i propri diritti, esasperate dalla mancanza di vera autonomia che le costrinse ad accettare, nel corso dei secoli, le pressanti pretese degli amministratori inviati dal continente come controllori dell'economia locale.

    Le prime scoperte di epoca preistorica si ebbero più di duemila anni fa, quando, in epoca romana, dagli scavi per la costruzione delle prime fabbriche imperiali vennero alla luce resti di animali scomparsi decine di migliaia di anni prima e tracce di vita di uomini primitivi dell'età della pietra. La vicenda è documentata dallo storico Svetonio (75-140 d.C.) che descrive l'interesse mostrato dall'imperatore Augusto nel custodire resti di vita primordiale ritrovati a Capri nella sua casa, adibita quasi a primo museo della storia di paleontologia e paletnologia (Vitae Caesarum, 2, 72).

    I racconti di Svetonio vennero confermati dai lavori di scavo del 1905-1906, quando, per un ampliamento dell'Hotel Quisisana, all'inizio della Valle di Tragara, sotto uno strato di materiale eruttivo e un banco di argilla rossa del Quaternario, affondate in limo essiccato, derivato da un antico bacino lacustre, vennero alla luce ossa gigantesche di mammiferi estinti come l'Elephas primigenius (mammut), il Rhinoceros merckii e l'Ursus spelaeus.

    Fu il medico e naturalista Ignazio Cerio (Ignacio el Cartero) a riconoscere e a conservare questi fossili insieme ad armi in pietra, quali quarzite scheggiate e appuntite, triangolari o amigdaloidi (a forma, cioè, di mandorla). Altre importanti scoperte sono state fatte nella Grotta delle felci, situata sopra Marina Piccola, in località Le Parate, a Petrara, in via Tiberio e via Krupp, a Campitello e alla Grotta del Pisco, tutti ritrovamenti che hanno sottolineato la presenza di vita dalla fine dell'età neolitica all’età del bronzo.

    La colonizzazione greca di Capri e dell'intera Campania affonda le sue origini nella leggenda. Non fu un processo omogeneo, come ben testimoniato dalla differenziazione dei culti e dei racconti leggendari delle varie colonie: Capri, Sorrento e, in generale, il versante orientale del Golfo di Napoli, erano legati al culto delle sirene, mentre il versante occidentale, con Pithecusa (Ischia), dipendeva storicamente e religiosamente da Cuma ed era fedele al culto di Apollo oracolo.

    È Ulisse, l'eroe leggendario dell'Odissea, l'emblema dei coraggiosi marinai che, attraverso rischiosi e lunghi viaggi, giunsero in Sicilia e nell’Italia meridionale, creando così le prime comunità greche. L'opera omerica non sembra pura invenzione poetica, dal momento che pare essere confermata anche dalla toponomastica. E anche la successiva tradizione letteraria colloca la maggior parte delle avventure dell’Odissea in Sicilia e nel versante occidentale dell’Italia meridionale. Le Sirene, ad esempio, vengono descritte da Servio, nel suo Commento all'Eneide (In Aen., 5, 864), come creature metà uccello e metà donna (una cantava, una suonava il flauto e una la lira) che sarebbero vissute prima a Pelorias e poi a Capreae (antico nome dell'isola), adescando i marinai con i loro canti (ma Servio, più realisticamente, annota che si trattava prostitute che mandavano in rovina i marinai).

    La presenza dello scoglio delle Sirene a Marina Piccola è frutto forse della fantasia di qualche erudito del Settecento venuto a conoscenza del commento di Servio. È anche vero, però, che l'idea che le Sirene risiedessero a Capri è favorita dalle caratteristiche naturali dell'isola, ricca di distese verdi e di pericolosi precipizi che la rendono tanto simile alla descrizione di Omero e all'isola fiorita descritta da Esiodo.

    A partire dall'VIII secolo a.C., i Greci cominciarono a percorrere tutto il Golfo di Napoli e, secondo Livio (8, 22, 5-6), si insediarono inizialmente sull'isola di Ischia e, sulla terraferma, a Cuma; solo più tardi giunsero a Capri.

    La storia della colonizzazione, inoltre, lega leggendariamente Capri al popolo dei Teleboi, abitanti delle coste dell’Acarnania e delle isole greche dello Ionio. Virgilio, infatti, narra nell'Eneide che uno dei nemici di Enea era Ebalo, figlio della ninfa Sebetide e di Telone, re dei Teleboi di Capri e signore di gran parte della Campania:

    Lo storico Strabone racconta che "nei tempi antichi a Capri vi erano due cittadine in seguito ridotte ad una sola"
    Sicuramente una delle due cittadine era collocata dove sorge l'odierna Capri. Ciò è confermato dalla presenza di resti delle mura di fortificazione, costruite con grandi massi di calcare pseudopoligonale nella parte inferiore e da blocchi squadrati nella parte superiore, visibili dalla terrazza della funicolare e in un tratto alle falde del Castiglione; questi, insieme ad altri tratti andati ormai distrutti, chiudevano l'antico abitato (V-IV secolo a.C.). Sembra, inoltre, che la prima cittadina fosse anch'essa il risultato di due nuclei: uno, in alto, tra il monte San Michele e il Castiglione e l'altro in prossimità del porto.

    Per quanto riguarda la seconda cittadina, tante ipotesi sono state avanzate, ma la più attendibile è quella che la riconduce ad Anacapri in base anche all'esistenza della Scala Fenicia che la collegava al porto.

    Fin dalla sua prima colonizzazione, quindi, la naturale conformazione dell’isola portò alla creazione di due comunità, una a levante con alture degradanti verso le marine a settentrione e meridione, e una a ponente costituita da un grande altopiano, dalle scoscese pendici del Solaro e priva di possibilità di approdo.

    Fu così che l'isola di Capri ebbe un abitato alla marina (Capri) e uno sul monte (Anacapri), come le isole greche dell'Egeo. A differenza di Capri che aveva due marine d'approdo (la Grande e la Piccola), Anacapri ne era priva e dovette cercare un collegamento con la marina dell'altra cittadina attraverso un sentiero rupestre che diede origine alla Scala Fenicia; scavata in parte nella roccia, la scala risale tortuosamente il ripido pendio, congiungendo il porto ad Anacapri. Da rilevare che, nonostante la sua denominazione, non può essere stata realizzata dai fenici, ma fu opera dei coloni greci.

    Una suggestiva veduta doveva cogliere coloro che navigavano attraverso il Golfo di Napoli in epoca imperiale, quando Capri, bella già nelle sue forme naturali, era anche arricchita da prestigiose costruzioni: a est sorgeva la fortezza di Tiberio, vicino al porto il palazzo di Augusto e sulla sommità della Scala Fenicia la villa imperiale successivamente sostituita dalla villa San Michele di Axel Munthe.

    Il ruolo rivestito da Capri in epoca romana fu notevole. La svolta che segnò la storia dell'isola fu nel 29 a.C., quando Cesare Ottaviano, tornando dall'Oriente, sbarcò a Capri dove, secondo il racconto di Svetonio, una quercia vecchissima cominciò a dar segni di vita. Il futuro Augusto, interpretando questo come un segno favorevole, tolse Capri dalla dipendenza di Napoli (sotto la quale viveva dal 328 a.C.), dando in cambio la più grande e fertile isola di Ischia e facendola diventare dominio di Roma
    Fu così che la comunità greca presente a Capri venne a contatto con quella romana e l'isola iniziò la sua vita imperiale, diventando il soggiorno prediletto di Augusto e dimora di Tiberio per dieci anni, centro quindi della vita mediterranea di Roma. Oltre all'interesse per la raccolta di fossili ed armi preistoriche, ad Augusto si devono la nuova costituzione giuridico-amministrativa dell'isola, affidata come patrimonium principis a liberti procuratores, e le prime fabbriche imperiali.

    Nel racconto di Svetonio sull'ultimo viaggio di Augusto
    si narra che egli fosse solito chiamare la città Apragopolis, cioè "città del dolce far niente", e con quel nome venisse battezzata tutta l'isola, o perlomeno la parte di essa dove sembrava fosse situata anche la tomba del suo fondatore Masgaba.

    Augusto morì a Nola nell'agosto del 14 d.C. Suo successore fu Tiberio il quale tanto ereditò la predilezione per Capri, che vi si trasferì per dieci anni, abbandonando la dimora imperiale di Roma.

    L'isola, priva di porti naturali, ma ricca di scoscesi dirupi, piacque al nuovo imperatore per la sua naturale inaccessibilità. Ben presto, però, la necessità di essere continuamente in contatto con il governo e la flotta di Miseno lo fecero ricredere; di conseguenza sentì l'esigenza di creare un porto alla "Grande Marina", dove la spiaggia meglio lo consentiva e dove sorge tutt'oggi (la presenza di alcuni resti dell'antico porto lungo le pendici di Palazzo a mare ne fanno però supporre l'esistenza già in epoca di Augusto). La nuova infrastruttura e l'eccelsa Torre del Faro a villa Jovis, destinata a trasmettere e ricevere notizie dal faro del Capo Atheneo (nella penisola sorrentina) e da quello di Miseno, attraverso fumate e fuochi, permisero una migliore comunicazione dell'isola con l'impero.

    Durante un viaggio lungo le coste campane e laziali, un malore costrinse Tiberio a fermarsi in una villa a Miseno, dove morì il 16 marzo del 37 d.C.

    Merito di Augusto e Tiberio fu la costruzione di numerose ville imperiali. Le tre più importanti furono villa Jovis, Damecuta e Palazzo a Mare. Quest'ultima, secondo Maiuri, fu residenza ufficiale di Augusto, preferita al nucleo residenziale di Torra per la sua vicinanza all'approdo e la sua collocazione all'ombra e in luogo poco ventilato (fattori favorevoli alla cagionevole salute dell'imperatore).

    Le notevoli dimensioni delle nuove ville e l'aumento della popolazione comportarono la realizzazione di cisterne per l'approvvigionamento idrico mediante la raccolta di acqua piovana.

    Diverse soluzioni interessarono le ville capresi, come quella di villa Jovis, dove più cisterne vennero riunite nel corpo centrale della villa. Ma, per la maggior parte, erano cisterne scavate nel vivo della roccia, ricoperte di buon intonaco signino a tenuta idraulica, intercomunicanti e intramezzate da muri per meglio permetterne l'utilizzazione e la distribuzione, provviste, le più vaste e profonde, di vasche di sedimentazione e di scale di discesa per l'annuale svuotamento e rinettamento, coperte da una volta che funzionava da piano raccoglitore.

    Oltre le cisterne delle ville venne realizzato un pubblico serbatoio nella località di Soprafontana o di Maruscello.

    Per quanto riguarda l’abitato, Maiuri parla di uno spostamento della popolazione verso la marina, lungo le contrade Aiano, Campodipisco, Villanova e Truglio, dove sorgerà la chiesa di San Costanzo.

    Con la fine dell'epoca imperiale, Capri ritornò a far parte dello stato napoletano e iniziò a diventare il centro di scorrerie e di saccheggi da parte di pirati, ben motivati dalla posizione dell'isola sulla rotta fra Agropoli ed il Garigliano.

    Nell'866 passa sotto il dominio di Amalfi, per decisione dell'imperatore Ludovico II, che desiderava premiare gli amalfitani per i servigi offertigli nella lotta contro i saraceni nella liberazione del vescovo di Napoli Attanasio, imprigionato da Sergio duca di Napoli nell'isola di Megaride, attuale Castel dell'Ovo. La dipendenza di Capri ad Amalfi, che aveva rapporti frequenti con l'Oriente, è particolarmente evidente nell'arte e nell'architettura, nelle quali furono introdotti, sui saldi stilemi classici, moduli bizantini ed islamici (come l'impiego delle volte estradossate).

    Nonostante questi diversi influssi artistici, quattro chiese sono riuscite a conservare i loro originari caratteri e la loro semplicità, rimanendo incontaminate da rifacimenti posteriori: la Chiesa di Sant'Anna, quella di San Michele, quella di Santa Maria di Costantinopoli e la parrocchia di San Costanzo.

    Nel 987 venne consacrato il primo vescovo caprese per ordine di Papa Giovanni XV, nella chiesa di San Costanzo, prima cattedrale dell'isola, sorta nel borgo medioevale e intorno alla quale si raccoglieva la popolazione che risiedeva presso Marina Grande.

    Capri, abbandonata a sé stessa e flagellata da numerose scorrerie musulmane, vide i propri abitanti costretti ad abbandonare Marina Grande per rifugiarsi sulle alture ai piedi del Castiglione. A quanto pare, però, quest'ipotesi sembra sia stata messa in discussione dall'esame del disegno cartografico opera del geografo arabo Edrisi, nella quale è evidente la presenza di una zona abitata intorno al porto. La stessa presenza, tra l'altro, della chiesa di San Costanzo fa pensare che la popolazione, avvistata una nave saracena, si mettesse in salvo dietro le mura della città alta e nella grotta di Castiglione, pregando San Costanzo suo protettore.

    Con gli Angioini, Capri ebbe il suo primo signore nel conte Giacomo Arcucci, che nel 1371 fondò la Certosa di San Giacomo nella valle fra il Castiglione e il Monte Tuoro, su un territorio donato dalla regina Giovanna I, prima regale protettrice della casa angioina. Numerosi furono i privilegi concessi dalla monarca e da diversi papi alla Certosa, i cui monaci, grazie al prestigio acquisito, poterono rivestire un ruolo politicamente e socialmente influente.

    Intanto, sull'isola continuavano a configurarsi due realtà urbane, opposte "l'una all'altra come due isole", come afferma Berardi, "spazio plurale per decisione culturale più che per conformazione geografica e dunque per costruzione storica più che per natura". L'astio si trasformò in concorrenza nei vantaggi fiscali e alimentari.

    Per quanto riguarda l'insediamento medievale, esso trova collocazione a brevissima distanza da Marina Grande dove è situata la coeva chiesa di S. Costanzo (anche se non ne esiste alcuna testimonianza diretta), mentre in seguito si trasferì tra le pendici del Monte San Michele e quelle del Monte Solaro.

    Quest'ultimo agglomerato urbano è stato interessato da due distinti fenomeni di formazione urbana, come viene mostrato da Berardi, dei quali uno, il settore orientale, è da considerarsi originario, mentre il secondo, il settore occidentale, che si sviluppa intorno al Palazzo Arcucci, oggi Palazzo Cerio, sarebbe dovuto ad una evoluzione successiva, frutto di un potere non locale legato all'ammiraglio del Regno di Napoli. Tra questi due insediamenti, fra il XVII e il XVIII secolo, venne creata un'area di continuità rappresentativa: la piazza.

    Il settore orientale (via Longano, via Sopramonte e via Le Botteghe) costituì inizialmente la totalità dell'abitato formatosi forse intorno alla chiesa della Madonna delle Grazie, quando la scarsa popolazione della piana di S. Costanzo decise di trasferirsi sulle alture, per potersi difendere dalle incursioni dal mare. L'insediamento è definito, a nord, dalle mura greche, sulle quali si sono impostate quelle medioevali, costituite dai fronti stessi delle costruzioni, il che è una costante del sistema difensivo locale. A sud, che corrisponde a via Le Botteghe, troviamo probabilmente disposte due porte, una a sud-est nell'innesto con via Fuorlovado ed una a nord all'imboccatura della piazzetta. La densità abitativa, in modo diverso, diventa più sporadica a nord-est, sul pendio ripido del monte San Michele, e a sud-est sul versante che scende verso la Certosa. Ciò è dovuto probabilmente al fatto che la ripidità del terreno costituiva, insieme al monastero ben fortificato, un elemento di difesa difficilmente raggiungibile dal mare.

    Il sistema risulta organizzato da strutture che rendono legati gli edifici che lo compongono: la via spesso corre al disotto delle case mentre queste ultime, che la scavalcano, comunicano tra di loro, in modo indipendente, anche al di sopra di essa. A quanto pare, la città, consapevole dell'insufficienza di qualunque difesa, escogitò un modo per potersi segmentare in infiniti punti a livello del suolo, attraverso i suoi innumerevoli e minuscoli vicoli curvilinei che, al momento opportuno, era possibile chiudere per poter poi comunicare a livello superiore. È come se ad una città di strade ne fosse sovrapposta un'altra, le cui parti sono collegate da sistemi indipendenti che creano una città superiore, anche grazie alla complicità dei cittadini che potevano percorrere l'intero insediamento dopo aver bloccato i vicoli sottostanti ai nemici.

    Il versante occidentale, sviluppatosi oltre il Largo Cerio, verso via Madre Serafina, si organizzava differentemente: era legato ai nobili e alla Corte, era sede di una società diversa di patrizi, dei loro seguiti e dei loro ospiti, lentamente emersa nel corso del XIV secolo. Nello stesso Largo, in corrispondenza del quale attualmente troviamo la scalinata che lo collega alla piazzetta, allora doveva essere situato il convento di Santo Stefano di cui si dice che la torre campanaria sia ciò che resta.

    Il 24 ottobre 1496 Federico I di Napoli stabilì la parità tra Capri ed Anacapri, riconoscendo a questa le stesse franchigie ed immunità dell'altra, separandone le amministrazioni e le rendite, atto confermato poi dal Generale Consalvo di Cordova il Gran Capitano, primo viceré della dinastia spagnola di Ferdinando il Cattolico.

    Intanto, le continue scorrerie dei pirati degenerarono durante l'impero di Carlo V ed il governo del suo grande viceré Don Pietro di Toledo, quando le flotte corsare guidate dallo spietato Kheir-ed-Din, soprannominato il Barbarossa, saccheggiarono e incendiarono Capri non meno di sette volte. La peggiore incursione si ebbe nel 1535, quando il Barbarossa si impadronì di Capri ed incendiò il castello di Anacapri, le cui rovine da allora recano il nome di Castello Barbarossa. Nel 1553 una seconda invasione, che si risolse nel saccheggio e nell'incendio della Certosa, fu compiuta dall'ammiraglio Dragut. Il pericolo di incursioni come queste portò Carlo V ad autorizzare gli abitanti a girare armati, e nuove torri vennero costruite a difesa dell'isola, accanto a quelle già esistenti del Castiglione e di Torre Materita.

    Solo la conquista da parte della Francia degli stati barbareschi nel 1830 pose fine alla pirateria.

    Il XVII secolo vede Capri afflitta da numerosi contrasti interni, a noi noti grazie alle numerose rimostranze inviate dai vescovi dell'isola alla sede pontificia ed ai viceré di Napoli contro il capitano del re o contro i monaci della Certosa. Contraria a queste lotte per i beni mondani fu suor Madre Serafina, che, votata alla povertà e alla carità, fondò un ramo dell'ordine delle carmelitane e fece costruire il primo convento a Capri con la piccola eredità ricevuta dalla madre e dallo zio (suoi genitori spirituali, morti a causa della peste del 1656) e con gli aiuti ricevuti dall'arcivescovo di Amalfi e dal viceré di Napoli. La cerimonia di inaugurazione si ebbe nel 1678. Annessa al convento di Santa Teresa era la chiesa del Salvatore inaugurata nel 1685.

    Negli anni successivi, tra 1673 e il 1691, la religiosa fondò altri cinque conventi sulla terraferma ed un altro ad Anacapri mantenendo così una promessa fatta all'arcangelo Michele, che nel liberare Vienna dai Turchi aveva ascoltato una sua preghiera. Di questo ultimo convento si possono ammirare, oltre le mura che circondano la Casa Timberina dietro la parrocchia di Santa Sofia, la chiesa barocca di San Michele a pianta ottagonale con il suo pavimento in maiolica raffigurante la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso.

    In questo periodo, in cui Capri viveva invasioni piratesche ed intrighi ecclesiastici, comparve sull'isola il suo primo turista, Jean Jacques Bouchard, il cui diario, ritrovato nel 1850, rimane una testimonianza importantissima di quegli anni. In esso egli descrive con cura i caratteri paesaggistici e culturali capresi, riuscendo a raccogliere in soli due giorni molte più notizie di chi, dopo di lui, poté fermarsi più tempo.

    Fra i regnanti della dinastia borbonica, Carlo III e il figlio Ferdinando IV furono quelli che mostrarono più interesse per l'isola. In un periodo di grande fervore per le scoperte archeologiche (si pensi agli scavi di Ercolano e Pompei), Carlo III affidò al governatore dell'isola l'incarico di registrare le antichità. Il suo interesse, però, era dovuto alla volontà di abbellire a arricchire gli arredi della Reggia di Caserta (si pensi alle quattro colonne di S. Costanzo trasformate in lastre e cornici) piuttosto che al desiderio di ampliare la cultura e le conoscenze del tempo.

    Più tardi, Ferdinando diede il permesso a Norbert Hadrawa di compiere devastanti scavi, allo scopo di assicurarsi antiche sculture e marmi da riutilizzare nei suoi palazzi.

    A quegli anni risale il dissotterramento di Villa Jovis, che assicurò alla cattedrale di Santo Stefano (Capri) il più bel pavimento di marmo della villa imperiale.

    Nei primi anni dell'Ottocento l'aspra lotta fra Napoleone I e l'Inghilterra coinvolse anche Capri. L'occupazione della città da parte dei francesi (gennaio 1806) non lasciò tranquille le truppe inglesi, le quali, sbarcate sull'isola nel maggio dello stesso anno, sotto la guida di Sir W. Sidney Smith, riuscirono ad avere la meglio sui loro nemici. Gli inglesi per due anni agirono incontrastati, vi stabilirono una nutrita guarnigione e realizzarono alcune opere di fortificazione che resero l'isola una "Piccola Gibilterra", causando però danni irreparabili alle rovine delle ville imperiali. In quel periodo Capri contava circa 3.000 abitanti.

    Il solo che riuscì a annientare le forze inglesi fu Gioacchino Murat, il 4 ottobre del 1808: attraverso un attacco simulato sui due approdi di Marina Grande e Marina Piccola distolse l'attenzione degli inglesi dalla costa occidentale, da dove i francesi riuscirono a risalire la scogliera e a costringere i nemici alla resa e a far loro precipitare in mare un cannone, poi ritrovato sott'acqua nel 2000. Poco dopo la conquista di Capri, i privilegi della Certosa furono annullati da Murat, e il 12 novembre del 1808 i monaci furono obbligati a lasciare l'isola.

    I francesi qui rimasero fino alla fine della potenza napoleonica e alla restaurazione borbonica (1815), quando Ferdinando IV di Napoli rientrò a Napoli e con il nome di Ferdinando I, secondo le disposizioni del congresso di Vienna, divenne sovrano del Regno delle Due Sicilie.

    Capri poté allora uscire dal lungo periodo di letargo che aveva caratterizzato quegli ultimi anni, affacciandosi all'Ottocento con una nuova veste. Diventò meta di numerosi viaggiatori che la visitarono e ne ammirarono la natura e la celebre Grotta Azzurra, divenuta intanto famosa in tutto il mondo.

    A partire dai primi anni del Novecento, approdarono a Capri, per rimanervi più o meno a lungo, Vladimir Lenin, Maksim Gorkij, Jacques d'Adelsward-Fersen, Marguerite Yourcenar, Friedrich Alfred Krupp, Pablo Neruda, Curzio Malaparte, Norman Douglas, Sibilla Aleramo, Monika Mann, Roger Peyrefitte.

    Meta di poeti, pittori e scrittori, Capri cominciò a conoscere un nuovo sviluppo economico, che poté ovviare al decadimento dell'agricoltura, frutto anche della cacciata dei monaci dall'isola. Parallelamente, diminuì la produzione del vino e quella della seta, poi scomparsa completamente insieme alla produzione del corallo.

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  4. la sirenetta
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    CASCIA


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    Cascia è un comune italiano di 3.261 abitanti della provincia di Perugia in Umbria.

    Fa parte della Comunità Montana Valnerina

    Nel territorio comunale di Cascia sorgeva Cursula, centro abitato romano distrutto nel I secolo a.C. a causa delle devastazioni dei popoli barbarici e dei terremoti che da sempre sconvolgono la cittadina e le zone limitrofe. In età medievale fu saccheggiata dai Bizantini e dai Longobardi.

    Costituitasi in comune nel XII secolo, fu sottomessa dalla famiglia Trinci e successivamente da Federico II. Come grande parte delle città umbre, è durante il Medioevo che Cascia conosce il periodo di massimo splendore. Dapprima sotto la dominazione delle signoria folignate, passò in seguito sotto il dominio di Federico II di Svevia, a seguire fu contesa, senza successo, dalle vicine città di Norcia, Leonessa e Spoleto.

    Solo alle soglie del XVI secolo, si arrese allo Stato Pontificio sotto il cui dominio rimase per meno di trenta anni, da allora mantenne sempre la propria indipendenza. Restò legata allo Stato della Chiesa (tranne durante il breve periodo napoleonico) fino al 1860, anno in cui tornò, con tutta l'Umbria, all'Italia

    LUOGHI DA VEDERE

    La chiesa gotica di San Francesco, che colpisce per la bellezza del rosone e del suo portone ogivale.
    La chiesa di Sant'Antonio Abate, originaria del 1400 ma ristrutturata e modificata in epoca barocca che all'interno presenta un ciclo di tele sulla storia del Santo.
    La collegiata di Santa Maria è uno degli edifici più vecchi di tutta la città, esso risale ad epoca longobarda, anche se, a causa dei danni riportati nei terremoti che hanno caratterizzato la storia geologica di queste terre, è stato notevolmente modificato. Al suo interno possono essere ammirate notevoli opere d'arte come il Crocifisso ligneo del 1400.

    Personalità legate alla storia di Cascia

    Santa Rita, nata nella frazione di Roccaporena nel 1371, vi morì nel 1447. La suora, beatificata nel 1900, visse tra il 1381 e il 1457. Oggi la santa, conosciuta come dispensatrice di grazie, è venerata in tutto il mondo e moltissima gente si reca ogni anno in pellegrinaggio durante le celebrazioni ritiane al Santuario a lei consacrato.

    Luigi Galassi (1817 – 1895) rettore della Università La Sapienza di Roma, di nobile famiglia di Roccaporena.

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  5. la sirenetta
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    GAETA

    Le origini del nome di Gaeta sono tuttora avvolte nella leggenda:

    Strabone indicò la sua provenienza dal termine "Gaetas" usato dai pescatori laconi per indicare il sito, con chiaro riferimento all'ampia insenatura del suo golfo;
    Diodoro Siculo collegò queste terre al mito degli Argonauti facendo derivare il nome della città da "Aietes", mitico padre di Medea (figlia di Circe), la maga innamorata di Giasone.
    Virgilio, nell'Eneide (Eneide, VII, 1-4) trovò la sua origine nel nome della nutrice di Enea, "Cajeta", sepolta dall'eroe troiano in quel sito durante il suo viaggio verso le coste laziali. Dante, quasi a significare la storicità dell'Eneide, confermò l'avvenimento (Inferno, XXVI, 92).
    I primi insediamenti nel territorio di Gaeta risalgono al VIII secolo a.C., ma fu solo nel 345 a.C. che finì sotto l'influenza di Roma.
    Durante il periodo romano Gaeta divenne un luogo di villeggiatura molto rinomato, frequentato da imperatori, ricchi patrizi romani, da consoli e da famosi senatori dell'epoca. Per favorire la loro venuta fu persino costruita una nuova strada romana, la Via Flacca, più breve rispetto all'Appia. Il suo territorio, peraltro, è situato all'interno di quell'area geografica denominata, in epoca imperiale, Latium adjectum. Tale nome era infatti riferito ai territori "aggiunti", in seguito alle prime espansioni di Roma verso sud, al Latium vetus (terra di origine dei latini), con la conseguente scomparsa di altri popoli preromani (Volsci, Equi, Ernici e Ausoni). Ormai già con Augusto e la sua riforma amministrativa, i territori di Gaeta ricadevano nella regione unica che i romani chiamavano con il nome Latium e che terminava proprio con l'attuale confine con la Campania del fiume Liri-Garigliano.

    Di quel periodo restano visibili molte vestigia, come ad esempio il Mausoleo che sorge sulla sommità di Monte Orlando di Lucio Munazio Planco, console romano, prefetto dell'Urbe, generale di Giulio Cesare (attraversò con lui il fiume Rubicone, fu al suo fianco nelle campagne galliche) di Marco Antonio e di Ottaviano detto Augusto.

    Con la decadenza dell'Impero Romano d'Occidente iniziò un periodo buio di transizione, caratterizzato da continui saccheggi ad opera delle popolazioni barbariche prima e dei Saraceni poi. Proprio per la sua caratteristica posizione su di una penisola naturale, facilmente difendibile, piano piano si trasformò in un castrum: Gaeta fu fortificata con cinte murarie e sulle pendici di Monte Orlando; sulla zona alta dell'antico borgo medioevale sorse il castello di Gaeta a difesa dell'abitato, e le popolazioni delle zone limitrofe si trasferirono all'interno delle mura per trovare ospitalità, rifugio e protezione.

    Le prime notizie del castello risalgono al VI secolo nella guerra contro i Goti, nel X secolo se ne fa cenno all'interno delle carte del Codex diplomaticus cajetanus, ma notizie certe della sua esistenza si hanno nel XII secolo, durante la dominazione Sveva. Infatti Federico II di Svevia venne in diverse occasioni a Gaeta e, durante le lotte tra guelfi e ghibellini, creò delle fortificazioni per difendere meglio i confini del suo regno: nel 1223 fece costruire quelle per il castello di Gaeta (che quindi era già esistente all'epoca).

    Già nell'VIII secolo Gaeta si rese autonoma dall'autorità imperiale e nell'anno 839 la carica di Ipata venne assunta da Costantino Gaetani, figlio del conte Anatolio. Il Ducato di Gaeta nacque ufficialmente solo un secolo dopo, quando Giovanni I Gaetani assunse il titolo di Duca di Gaeta nel 917. Il ducato di Gaeta durò per circa due secoli, durante i quali Gaeta ebbe una propria solidità militare, un'autonomia politica dall'Impero Romano d'Oriente, un'autonomia giurisdizionale, dei propri istituti giuridici civici, una propria moneta (il "follaro") ed era dedita ai ricchi traffici commerciali via mare.

    Panorama del castelloI Gaetani (o Caetani) che hanno il blasone familiare uguale a quello della città di Gaeta con l'aggiunta dei pali rossi in campo d'oro d'Aragona, mantennero il dominio sulla città di Gaeta fino all'inizio dell'XII secolo, quando il duca Giovanni V fu deposto dal Principe di Capua, dopo l'invasione normanna della città del 1140, ad opera di Ruggero II della dinastia degli Altavilla, che però fu benevolo nei confronti di Gaeta e le lasciò numerosi privilegi come ad esempio una certa autonomia politica e una moneta propria. Con Ruggero II nacque quello che per i successivi sette secoli sarà un regno unitario, e Gaeta divenne città di confine tra tale regno e lo Stato della Chiesa. In questo periodo, così come durante la dominazione Sveva (1194-1266) la città ricoprì un ruolo politico secondario.

    Durante il periodo angioino, invece, (1266-1435) la città tornò alla ribalta sulla scena del Regno di Napoli. Dal 1378 fu per qualche anno la residenza dell'antipapa Clemente VII, alleato della Regina Giovanna I. Dal 1387 vi si stabilì, temporaneamente in esilio, l'erede al trono Ladislao dei d'Angiò-Durazzo, che celebrò in città, il 21 settembre 1389, le sue nozze con Costanza Chiaramonte, figlia del Conte di Modica e Vicario del Regno di Sicilia, Manfredi III Chiaramonte. Anche la futura Regina Giovanna II, sorella di Ladislao, soggiornò per molto tempo a Gaeta, dove scelse di farsi incoronare nel 1419.

    Dal 1435 Alfonso d'Aragona fece di Gaeta la base per la conquista del trono di Napoli a discapito di Renato, ultimo sovrano della dinastia Angioina a regnare sul Meridione d'Italia, sconfitto definitivamente nel 1442. Durante questo periodo la città fu munita di un nuovo castello, il cosiddetto "Alfonsino", mentre il vecchio (chiamato "Angioino") fu ampliato e unito al nuovo. Il re capì quanto fosse importante il possesso di tale città e volle ulteriormente fortificare Gaeta, con l'aggiunta di due nuove cinte murarie (oggi scomparse).

    Gaeta subì ben quattordici assedi che coincisero con importanti avvenimenti, a partire dalla sconfitta del ducato di Gaeta (con annessione al Regno di Sicilia) fino all'ultimo assedio, quello tenuto nel 1861 dalle truppe del generale piemontese Enrico Cialdini (che sarà poi nominato duca di Gaeta) e che diede inizio all'unità d'Italia.

    Con la dominazione spagnola, iniziata nel 1504, il ruolo di "piazzaforte del Regno di Napoli" fu ancora di più accentuato e la città fu dotata di nuovissime fortificazioni bastionate, alle pendici del Monte Orlando, aggiornate contro le ultime e più potenti armi da fuoco.

    Fu con l'arrivo degli spagnoli che alcuni personaggi politici, passati in disgrazia, vennero costretti ad abbandonare Gaeta, tra cui Giovanni Caboto, che si rifugiò a Venezia, prendendone la cittadinanza 15 anni dopo.

    Nel 1571 si radunò nel porto di Gaeta la flotta pontificia che, al comando dell'ammiraglio Marcantonio Colonna, salpò il 24 giugno 1571 per unirsi al resto della flotta cristiana, comandata da don Giovanni d'Austria, per combattere i saraceni. Il comandante della flotta pontificia aveva ricevuto il 20 giugno 1571 dal Papa San Pio V lo Stendardo di Lepanto, realizzato in seta, che doveva essere issato sulla nave ammiraglia pontificia.

    L'ammiraglio Colonna nella Cattedrale di Gaeta, davanti a Sant'Erasmo, fece voto che se avesse vinto avrebbe donato lo Stendardo di Lepanto alla Cattedrale di Gaeta e lo avrebbe posto ai piedi del santo, patrono dei marinai.

    La battaglia navale tra la flotta della "Lega Santa" e la flotta dell'Impero Ottomano ebbe luogo il 7 ottobre 1571 a Lepanto e fu vinta dalle forze cristiane. Al suo ritorno in Gaeta Marcantonio Colonna mantenne fede al giuramento fatto.

    Mappa del 1764Nel 1734 Gaeta fu conquistata da Carlo III di Borbone, fondatore del ramo napoletano della dinastia dei Borbone.

    Il 25 novembre 1848 il papa Pio IX si rifugiò a Gaeta, ospite dei Borbone, in seguito alla proclamazione della Repubblica Romana ad opera di Giuseppe Mazzini, e vi rimase fino al 4 settembre 1849, periodo durante il quale Gaeta assunse la denominazione di "Secondo Stato della Chiesa". E fu proprio durante questo soggiorno che papa Pio IX,secondo la tradizione illuminato dallo Spirito Santo durante le sue preghiere presso la Cappella d'Oro, decise di scrivere l'enciclica Ubi primum con cui interrogava l'Episcopato cattolico sulla opportunità di proclamare il Dogma dell'Immacolata Concezione, cosa che avvenne al suo ritorno a Roma.

    Il 13 febbraio 1861 Francesco II di Borbone si arrese a Gaeta, ultimo baluardo del suo regno, capitolando all'assedio delle truppe del generale Enrico Cialdini (assedio di Gaeta (1860-1861)): finì così di esistere il Regno delle Due Sicilie.
    Il Borgo di Gaeta, frazione di Gaeta fuori le mura, con Regio Decreto del 15 marzo 1897, diventò comune autonomo sotto la spinta dei suoi esponenti liberali. Prese il nome di Comune di Elena in onore dell'allora principessa Elena, futura regina d'Italia. Trenta anni dopo, esattamente con Regio Decreto del 17 febbraio 1927, i Comuni di Gaeta e di Elena vennero uniti nuovamente sotto il nome Gaeta. Il Borgo di Gaeta oggi si identifica come rione Porto Salvo.

    Comunque la Città di Gaeta era ed è tuttora storicamente parte dell'antica provincia di Terra di Lavoro del Regno delle Due Sicilie. Invece quando il regime fascista nel 1927 riorganizzò (molto spesso in modo arbitrario) gli ambiti amministrativi territoriali italiani e costituì le Regioni, volendo quel regime per motivi politici ridimensionare la Provincia di Terra di Lavoro, trasferì e aggregò Gaeta alla Regione Lazio, incorporandola nella nascente Provincia di Littoria (poi chiamata Latina).

    LUOGHI DA VISITARE

    Santuario della SS. Trinità (detto anche "Santuario della Montagna Spaccata")

    Fu edificato nell'XI secolo, sorge su una fenditura nella roccia che giunge fin nella Grotta del Turco, creatasi, secondo la leggenda, al tempo della morte di Cristo, quando si squarciò il velo del tempio di Gerusalemme. Lungo la scalinata che porta nelle viscere della montagna, lungo la stretta spaccatura di roccia, è possibile notare sulla parete di destra un distico latino con a fianco la cosiddetta "Mano del Turco", la forma di una mano (le cinque dita nella roccia) che, secondo la leggenda, si sarebbe formata nel momento in cui un marinaio turco miscredente si era appoggiato alla roccia che miracolosamente divenne morbida sotto la sua pressione formando l'impronta della mano.

    In questo Santuario vi pregarono numerosi pontefici, tra cui Pio IX, sovrani, vescovi e santi, tra cui Bernardino da Siena, Ignazio di Loyola, Leonardo da Porto Maurizio, San Paolo della Croce, Gaspare del Bufalo e San Filippo Neri. La leggenda vuole che San Filippo Neri avesse vissuto all'interno della Montagna Spaccata dove esiste un giaciglio in pietra nota ancora oggi come "Il letto di San Filippo Neri".

    Il santuario è sede dei missionari del P.I.M.E. Nel 1434 dall'alto dei due costoni di roccia che hanno dato origine al nome (di montagna spaccata) si staccò un macigno che andò ad incastrarsi più in basso tra le pareti della fenditura. Su di esso venne realizzata una piccola cappella dedicata al Crocifisso (sec. XIV), dall'interno della quale si può ammirare lo strapiombo su cui è situata.

    Castello Angioino-Aragonese

    Non è facile risalire al periodo in cui fu costruito il Castello di Gaeta. Probabilmente fu eretto nel VI secolo durante la guerra dei Goti o nel VII secolo quando le zone marittime del Lazio e della Campania erano oggetto delle mire espansive dei Longobardi. Nei documenti gaetani di quel periodo ci si inizia a riferire a Gaeta con l'appellativo di "Kastrum". Notizie certe dell'esistenza del Castello di Gaeta si hanno al tempo di Federico II di Svevia, il quale durante il periodo delle lotte col papato, soggiornò in diverse occasioni in Gaeta, e, intuendone la posizione strategica, nel 1223 vi fece fortificare il castello.

    La struttura che oggi ammiriamo, grande circa mq 14.100, è detta Castello Angioino-Aragonese perché è composta da due edifici comunicanti realizzati in due momenti storici diversi, uno più in basso detto "Angioino", realizzato durante la dominazione francese degli angioini, e uno più in alto detto "Aragonese", fatto costruire dall'imperatore Carlo V insieme a tutte le altre opere di difesa militare che andarono a rafforzare la Piazzaforte di Gaeta. L'ala angioina fino a pochi anni fa è stata sede del Carcere Militare di Gaeta, attualmente è di proprietà del Comune di Gaeta, chiusa in attesa di restauro, e vi è un protocollo d'intesa firmato tra la Città di Gaeta e l'Università di Cassino (FR) che intende destinare in futuro tale ala del castello come sede delle facoltà universitarie di discipline marinare. L'ala aragonese fino al termine della Seconda guerra mondiale è stata sede di un Battaglione Allievi Carabinieri, oggi invece ospita la Scuola Nautica della Guardia di Finanza. Nella cupola della torre più alta del castello vi è la Cappella Reale, voluta dal re Ferdinando di Borbone nel 1849.

    Chiesa di Santa Maria della Sorresca, edificata da Dionisio Lazzari su un deposito di sorra, derivato della pesca del tonno, dove la tradizione vuole apparve nel XVI sec. la Madonna. L'interno ottagonale ha tre altari policromi ed un organo di Tommaso de Martino.
    Chiesa di San Domenico, trecentesca, è a due navate con grande abside quadrata, al centro della quale c'è l'altar maggiore in stile medioevale.
    Chiesa di San Paolo Apostolo, costruita sulla piana di Montesecco nel 1960 per volere dell'arcivescovo Lorenzo Gargiulo, è costituita da un corpo centrale quadrato circondato da un deambulatorio. Mirabili i resti dell'altare ed il tabernacolo della fu chiesa di San Biagio.

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  6. la sirenetta
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    Castel di sangro

    Anticamente era chiamato Aufidena, ed era abitato dai Sanniti.

    Le superbe mura megalitiche della rocca evocano le gesta gloriose dell'età sannitica che vide in questa zona nascere la civiltà di Aufidena, roccaforte conquistata poi dai romani nel 209 a.C.

    I romani elevarono tale popolazione dotandola di un ordo, o senato autonomo, di un foro e successivamente anche di strutture per i giochi in onore dell'imperatore Augusto.

    Nel IX secolo tutto il territorio della chiesa di Santa Maria, l'antica sede episcopale fu donata dal duca di Benevento ai Benedettini della prossima Badia di San Vincenzo al Volturno sorta nel 703, i quali riportarono la vita e la civiltà in questi luoghi.

    Successivamente le scorrerie unne e saracene, costringendo a rinunciare agli insediamenti sparsi in prossimità delle terre coltivate, indussero gli abitanti di queste contrade ad arroccarsi sulle alture e a realizzare opere fortificate, finché nel XI secolo i figli di un tal Borrello si sostituirono ai Benedettini. Appartenente a questa famiglia, Oderisio assunse il titolo di conte e mutò il nome del casato in quello dei "di Sangro" e nel 1050 si fece edificare un castello di grande importanza strategica sulla rocca difesa dalle mura megalitiche, riuscendo a stabilizzare il suo predominio fra i territori circostanti. Da allora tutto l'insediamento circostante assunse il nome di Castrum Sari.

    Tale posizione strategica e situazione di prosperità caratterizzò La via degli Abruzzi per molti secoli, sempre minacciata e invidiata per la sua posizione e per l'importanza per i rapporti commerciali.

    Nel 1228 le truppe del cardinale Colonna incendiarono e distrussero il borgo e il castello di Castrum Sari per punire la fedeltà serbata a Federico II di Svevia dal Conte Rinaldo II di Sangro.

    Qualche anno dopo un giovane monaco di Isernia, Pietro di Angelerio, il futuro Celestino V, diede inizio qui alla sua vita eremitica.

    Caduti gli Svevi, gli eredi di Rinaldo di Sangro subirono la vendetta di Carlo d'Angiò; infatti seguirono rappresaglie, saccheggi ed incendi. Tutto ciò finché Re Ferrante, dopo aver battuto il figlio di Renato D'Angiò, riparò i danni e concesse franchigie e immunità. Così Castel di Sangro rinasceva come una piccola borghesia artigiana e mercantile.

    Castel di Sangro era così forte che neppure il devastante terremoto del 1456 o la peste del 1656 fece cadere il paese. Tutto ciò indusse Carlo III di Borbone ad insignire Castel di Sangro del titolo di città nel 1744. Però quando Napoli perse il suo ruolo di capitale anche la Via degli Abruzzi perse di importanza, ed i governi post unitari si dimostrarono di scarsa sensibilità. Questi e altri problemi di cui era protagonista il meridione provocarono la miseria di cui peraltro si fece interprete Teofilo Patini (Castel di Sangro 1840 - Napoli 1906) in memorabili dipinti.

    Il 7 novembre 1943 i Tedeschi fecero saltare in aria l'intero centro abitato per rallentare l'avanzata delle forze alleate che qui si batterono per i successivi 8 mesi fino a sfondare la difesa tedesca sulle coste del Monte Arazzecca e sulla cima del Colle di San Giovanni o Castello Superiore, entrambi compresi nella famosa linea "Gustav".

    Quest'ultima radicale distruzione determinò un'ennesima diaspora degli abitanti che avevano resistito al nemico e favorito l'avanzata alleata con un ardimento inadeguatamente riconosciuto dalla tardiva medaglia di bronzo al valore militare conferita al Gonfalone municipale.

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  7. la sirenetta
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    NORCIA

    Norcia è un comune di 5.001 abitanti della provincia di Perugia. La cittadina è posta ad una distanza di 96 km dal capoluogo umbro, a circa 600 m s.l.m. e al limitare nord dell'altopiano di Santa Scolastica, un pianoro di origine tettonica collocato nel cuore dell'Appennino umbro-marchigiano ed inserito nel comprensorio del Parco Nazionale dei Monti Sibillini.

    Il patrimonio artistico della cittadina nursina, seppur ancora cospicuo ed interessante, risente tuttavia degli eventi sismici, spesso catastrofici, che nel corso dei secoli hanno inferto ferite gravissime, distruggendo monumenti importanti e tracce di un passato remoto che risale all'epoca pre-romana. Sono del resto caratteristici, in gran parte del Centro Storico, gli edifici bassi e con i muri perimetrali a scarpa, testimonianza delle normative che furono adottate nella legislazione pontificia "ad hoc" dopo il sisma del 1859, ove si raccomandavano costruzioni a baracca.

    Il fulcro artistico-monumentale della città ruota certamente intorno alla sua piazza centrale dove, con una organizzazione di sapore rinascimentale si concentrano gli edifici simbolo della identità nursina:

    La Basilica di San Benedetto la cui costruzione originale, con la splendida facciata gotica, il rosone e i fregi dei 4 evangelisti risale al XII secolo. La tradizione vuole che sia stata costruita sui resti della casa natale del santo ma più probabilmente nello stesso luogo sorgeva una basilica di epoca romana andata successivamente distrutta.
    il Portico delle Misure, un mercato dei cereali al coperto, con le misure di capacitá in pietra ancora ben visibili, edificato a ridosso della basilica nel 1570.
    La Castellina, la residenza fortificata sede della prefettura e dei governatori pontifici, edificata nel 1554 su disegno del Vignola.
    La Cattedrale di Santa Maria Argentea, edificata sul sito occupato da una pieve demolita nel 1554 per far posto alla Castellina, di cui rimane il portale rimontato sul fianco sinistro, ospita alcune opere di autori fiamminghi e un trittico murario del XVI secolo di Francesco Sparapane.
    Il Palazzo Comunale, edificio risalente al XIV secolo, ampiamente ristrutturato nel XIX secolo a causa dei danneggiamenti riportati negli eventi sismici precedenti.
    Il monumento a San Benedetto da Norcia eseguito da Francesco Prinzi in occasione del XIV centenario della nascita del santo.
    Più decentrato rispetto alla Piazza San Benedetto, ma sempre di notevole interesse artistico, è il complesso Monumentale di San Francesco la cui costruzione risale al XIV secolo e che ospita oggi l'archivio comunale e la biblioteca civica.
    Altro esempio di facciata gotica che ricalca la struttura della abbazia patronale è rappresentato dalla Chiesa di Sant'Agostino, del XIV secolo
    Il Tempietto, la costruzione storica più originale e meglio conservata di Norcia, opera del 1354 del nursino Vanni della Tuccia. Nel Medioevo era chiamata Maìna, questa edicola in pietra, severamente classicheggiante nella struttura, cui si contrappone un'anticlassica decorazione scultorea simile a un'oreficeria longobarda, costituita da motivi zoomorfi, fitomorfi, antropomorfi, geometrici, simbolici, esoterici.
    Nei pressi della Porta Ascolana il Criptoportico ospita alcuni reperti archeologici rinvenuti in zone diverse della città ed appartenenti principalmente alla civiltà sabina.
    All'esterno della cinta muraria sono numerosi i monumenti di un certo interesse artistico. La Madonna Bianca, nei pressi della località denominata Forca d'Ancarano, è una costruzione pregevole risalente al XV secolo.
    In località Campi risulta molto interessante la parrocchiale di Sant'Andrea, all'interno del centro abitato con la sua architettura originale e funzionale e il suggestivo loggiato aereo di pianta triangolare che la caratterizza.
    Sempre nei pressi della frazione di Campi è da visitare la pieve di S. Salvatore con i due rosoni e i due portali di epoche diverse.
    A 12 km dal centro abitato, nei pressi della frazione di Savelli, sono visibili i ruderi consolidati e restaurati, unitamente ai superstiti affreschi, della Madonna della Neve, una elegante costruzione a pianta ottagonale, edificata su disegni del Bramante, andata pressoché distrutta nel corso del sisma del 1979.
    Nei pressi della frazione di San Pellegrino sorge il convento di Santa Maria di Montesanto, un edificio del XIV secolo eretto dai frati Clareni ed affidato via via nel corso dei secoli a diversi ordini religiosi, sino all'inizio del secolo scorso, da quando giace abbandonato. Il convento, in pessimo stato di conservazione, possiede un pregevole chiostro interno, una chiesa attigua con alcune tele del XVII secolo ed una statua lignea di Madonna con bambino risalente al XIV secolo, oggetto di particolare devozione da parte della popolazione.
    La scoperta di necropoli ellenistiche soprattutto nel piano di S. Scolastica, nelle vicinanze del Caseificio, ha portato all'arricchimento del Museo Diocesano in cui sono confluiti pregevoli corredi tombali databili tra fine IV e I sec. a.C. La necropoli è tuttora in fase di scavo e ripristino ed è fruibile solo parzialmente.
    La Norcia contemporanea è una città a forte vocazione turistica per la quale l'emorragia demografica sembra essersi arrestata. Il territorio assiste ad una crescita della popolazione ed ad un rinascere anche delle piccole frazioni, un tempo quasi abbandonate. Come il resto della regione Norcia è caratterizzata da una certa immigrazione, dovuta soprattutto a manodopera straniera richiamata dalla possibilità di lavoro stagionale offerto dalla industria alimentare e da quella turistica.

    Le attività tradizionali, legate alla lavorazione della carne di maiale e della raccolta del tartufo nero, unite alla bellezza paesaggistica del comprensorio montano, ne fanno una meta discretamente ambita da parte di clientela anche internazionale che, soprattutto in estate, affolla i numerosi alberghi e centri di ospitalità.

    I prodotti suini tipici di Norcia trovano la loro peculiarità nelle tecniche di produzione, assolutamene tradizionali. Uno fra i prodotti più celebri è il Prosciutto di Norcia, premiato con il riconoscimento del marchio IGP già nel 1998.

    Dalla nota produzione alimentare della città, inoltre, deriva il termine norcineria usato nell'Italia centrale per indicare la salumeria.


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    RODI

    Rodi, dal greco Ῥόδος (Rodos, pronuncia: Ròdhos), è la più grande delle isole del Dodecaneso e la più orientale delle maggiori isole del mar Egeo.

    È situata a circa 17,7 km dalle coste della Turchia. La popolazione ammonta a 130.000 persone (2004), di cui circa 60-70.000 risiedono nella città di Rodi, il centro maggiore. Rodi è la capitale della prefettura del Dodecaneso, che include anche le vicine isole di Symi, Tilos, Halki e Kastellòrizo (Castelrosso).

    Storicamente, era famosa per il Colosso di Rodi, statua del dio Helios, una delle sette meraviglie del mondo. La città medievale è considerata patrimonio dell'umanità.

    Sul suo territorio è presente il parco acquatico più grande d'Europa: il Water Park.

    Il nome significava rosa (anche se attualmente il fiore si denomina Triandafila - τριανταφυλλιά), e ricorrente è la denominazione di Isola delle rose. La rosa è uno dei simboli di Rodi, frequentemente impresso sui conii delle monete. Non è comunque certa l'origine del nome, e coesistono teorie che lo collegano alla mitologia: Rodo era la ninfa figlia di Poseidone e di Afrodite.

    Altre figure rappresentative dell'isola sono il cervo, la cui statua domina il principale ingresso portuale, e di cui vari esemplari pascolano lungo i percorsi dei parchi delle mura, e l'Ibisco, onnipresente fiore che decora ville e giardini. Secondo leggende popolari furono i cervi, e non Forbante a liberare l'Isola dai serpenti.

    Per secoli l'isola ebbe una grossa comunità ebraica. Si trattava soprattutto di ebrei che erano stati espulsi dalla Spagna e che parlavano il ladino. Durante la seconda guerra mondiale, fino all'estate del 1943 Rodi rimase sotto il controllo del governo fascista italiano, il quale, pur avendo emanato già nel 1938 le leggi razziali, di fatto non mise in pratica nessun atto violento verso la comunità ebraica, che non venne pertanto deportata nonostante le incessanti pressioni naziste che miravano a ottenere ciò, per poter condurre anche queste persone nei loro campi di sterminio. In seguito alla caduta del governo fascista e all'armistizio stipulato dall'Italia con gli Alleati, le forze naziste occuparono l'isola, procedendo poi nel 1944 all'arresto ed alla deportazione gli Ebrei, che ormai non potevano più godere della protezione italiana. Alla fine del conflitto, fra i pochi superstiti, solo alcuni decisero di far ritorno. Questi aprirono un importante museo chiamato il "Museo degli Ebrei di Rodi".

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    Recanati

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    Recanati sorge sulla cima di un colle, la cui cresta tortuosa è quasi pianeggiante, a 296 m s.l.m., tra le valli dei fiumi Potenza e Musone. Il mare Adriatico, oltre il quale quando l'aria è chiara si vedono i monti della ex-Jugoslavia, è ad una decina di chilometri ad Est della città. In direzione Nord è visibile il monte Conero che si perde nelle acque e dagli altri lati della, città non chiusa ne limitata da prossime elevazioni, si vedono le cime degli Appennini. Le cime dei Monti Sibillini (Gran Sasso, la Majella e il monte Vettore) e più su il monte San Vicino, la Strega e il Catria sono ben visibili. Come altri centri marchigiani, anche Recanati è la tipica "città balcone" per l'ampio panorama che vi si scorge: città e borgate sono sparse in gran numero nell'ampia distesa, tra piani, valli e colline.

    Dell'origine del primo centro abitato di Recanati non si hanno notizie certe. Sicuramente i territori circostanti furono abitati già in epoca preistorica dalla popolazione dei Piceni, diffusi nella regione. In epoca romana, lungo la valle del fiume Potenza, allora navigabile, sorsero due importanti città: Potentia, in corrispondenza della foce, ed Helvia Recina o anche detta Ricina, verso l'interno. A causa dell'invasione dei Goti condotta da Radagaiso intorno al 406 d.C, che misero a ferro e a fuoco la zona, la popolazione cercò rifugio sulle colline. Si ritiene che tanto Recanati, quanto Macerata debbano la loro origine a quell' antica città. Il nome Recanati, in latino "Recinetum" e "Ricinetum" indica anchesso la derivazione della città da Ricina. Recanati poi si andò a poco a poco formando con la riunione di alcuni piccoli luoghi posti sullo stesso colle: Il castello di Monte Morello, il castello di San Vito, altrimenti detto Borgo di Muzio, il castello di Monte Volpino, e il borgo di Castelnuovo che in origine sembra si chiamasse il Castello dei ricinati.

    Nel XII secolo, sorto il dissidio tra la Chiesa e Federico Barbarossa, Recanati respinse il governo dei Conti che appoggiavano l'Imperatore, ed elesse i consoli. La città diventò un Libero Comune. Fu amministrata dai consoli fino al 1203, poi adottò il sistema dei Podestà.

    Nel 1228 Federico II di Svevia favorito dai ghibellini, fece guerra al Papa. Recanati, in genere fedele al Papato, scelse di stare con Federico II. Per questo nel 1229, Recanati ottenne dall'imperatore Federico II la proprietà di tutto il litorale, dal fiume Potenza all' Aspio, con la facoltà di edificare un porto (oggi Porto Recanati). Ben presto però i recanatesi tornarono dalla parte del papato. Nel 1239, riaccesosi il dissidio fra il Papa e l' Imperatore, Recanati, unico tra i comuni circostanti ad essere rimasto fedele al papato, diede ospitalità al Vescovo di Osimo Rinaldo, ai Duchi Guelfi e ai Legati Pontifici costretti alla fuga dalle vessazioni dei Ghibellini. Nel 1240, papa Gregorio IX levò ad Osimo il titolo di Città e sede vescovile, riducendolo a condizione di villa, e contemporaneamente dichiarò città il castello di Recanati, e lo decorò con la cattedrale episcopale di San Flaviano.

    Il 1296 segnò un'epoca importantissima. In quest'anno infatti si manifestò che la cappella venerata dentro la chiesa di Loreto, a quel tempo territorio recanatese, era la Santa casa di Nazaret, portata dagli angeli dalla Palestina.

    Scrive Monaldo Leopardi nei sui annali: "Il secolo decimoquarto sorgeva torbido e minaccioso come aveva già tramontato il secolo precedente, e in molte comuni della Marca si vedevano preludi di novità e apparecchiamenti di guerra. Questi segni apparivano principalmente in Ancona, Fermo, Iesi, Camerino, Cagli, Fano, Osimo e Recanati". Fra questi paesi infatti non mancavano discordie che spesso portavano a scontri, guerre e a lunghi assedi. Per questo nel 1301, il rettore della Marca Piero Caetani, fece pubblicare una costituzione che "intimava di non fare sedizione, esercito, cavalcata ne verun' altra mossa", pena forti sanzioni. Nonostante questo negli anni a venire gli scontri furono numerosi e cruenti. Gli anni tra il 1311 e il 1315 furono fra i più lugubri della storia recanatese. Le fazioni dei guelfi e dei ghibellini ardevano in città sempre con maggior fuoco. Recanati, storicamente legata alla parte guelfa, aveva nel Vescovo Federico e nella sua famiglia un forte sostenitore di quella parte, suscitando gelosia e acredine nell' altra parte. Così nel 1312 alcuni nobili ghibellini recanatesi, sostenuti dal podestà, dai magistrati e da molti consiglieri, assalirono le proprietà del Vescovo saccheggiandole. La Curia generale citò a comparire il Comune e le persone coinvolte, condannandoli al pagamento di mille lire di ravennati, causando così nuovi tumulti. La città cadde in mano ghibellina, e vi rimase per due anni resistendo ai diversi assedi, finché Giovanni XXII mandò da Avignone un monito; il rettore della Marca, Amelio, mandò suo cugino Ponzio Arnaldo con ingenti forze, costringendo i ghibellini alla resa. Tutto sembrava tornato alla pace quando scoppiò la congiura: Nella notte furono introdotti uomini armati di Osimo, comandati da Lippaccio e Andrea Guzzolini, che sopraffatto il Marchese, fecero prima strage del suo esercito, poi trucidarono i capi guelfi e le loro famiglie, senza risparmiare denne e bambini. Il Vescovo e il clero furono cacciati e chiunque fosse ligio al Papa fu carcerato. Questo costò alla città la scomunica e il trasferimento della sede vescovile a Macerata. Nel 1322 il Marchese Amelio di Lautrec assediò Recanati costringendola alla resa e una volta entrato in città incendiò e distrusse le fortificazioni, le case dei capi ghibellini e il Palazzo dei Priori. Il perdono fu dato soltanto nel 1328, la Sede Vescovile nel 1354.

    Nel 1393 Bonifacio IX concesse alla Città la facoltà di battere moneta in rame, argento ed oro da ritenersi valida in tutto lo Stato.

    Il 13 settembre 1405 il Consiglio Comunale approvava una raccolta ordinata delle Costituzioni, Statuti e Ordinamenti della Città di Recanati divisa in quattro libri stampate col titolo: Diritti municipali, o Statuti dell'illustre Città di Recanati. Questi statuti furono chiesti dalla Città di Firenze come modello per la costituzione di un proprio corpo giuridico. La Repubblica di Recanati fu insignita del titolo di Justissima Civitas dai Priori del Comune di Firenze.

    Nel 1415 Papa Gregorio XII lascia il pontificato per consentire lo scisma d'occidente e viene a vivere a Recanati quale legato e vicario perpetuo per la Marca. Nel mese di ottobre del 1417 morì. Fu sepolto nella cattedrale recanatese di San Flaviano, in cui riposano tuttora le sue ceneri. Fu l'ultimo papa a non essere sepolto a Roma.

    Nel 1422, Papa Martino V ordinò che nella già celebre fiera annuale che si svolgeva a Recanati, i mercanti, le merci e i concorrenti, avessero libero e sicuro accesso. Questo rafforzò notevolmente la fiera che contribuì in modo sensibile allo sviluppo economico della città, consentendo di intrecciare relazioni diplomatiche coi principali centri italiani ed europei. Per due secoli Recanati ebbe un ruolo di rilievo negli scambi commerciali dell'Adriatico; nel corso degli anni vi giunsero uomini di lettere, come l'umanista Antonio Bonfini, giuristi, come Antonio da Cannara, e celebri pittori, quali Lorenzo Lotto, Guercino, Caravaggio, Sansovino, Luigi Vanvitelli. In questo clima, nella metà del cinquecento, una famiglia di scultori, i Lombardi (Aurelio, Ludovico e Girolamo Lombardi), giunsero dalla nativa Ferrara e Venezia per lavorare a Loreto e aprirono la loro fonderia dietro la chiesa di San Vito. Col tempo Recanati divenne un importante centro fondiario. Altri si aggiunsero a loro: Tibuzio Vergelli di Camerino, Antonio Calcagni (padre di Michelangelo Calcagni,scultore), Sebastiano Sebastiani, Tarquinio e Pier Paolo Jacometti, Giovan Battista Vitali. Furono la scuola scultorea recanatese a dare il via alla tradizione di orafi e argentieri che da allora hanno lavorato sul territorio nei secoli successivi.

    Il 21 marzo 1456 la Beata Vergine apparve miracolosamente ad una giovane albanese di nome Elena. Slavi e albanesi erano presenti in gran numero nelle campagne marchigiane, rifugiatisi qui per sfuggiti ai predoni turchi nelle coste dalmate. Nel punto dell'apparizione fu costruita di li a poco la chiesetta di Santa Maria delle Grazie.

    Nel 1586, Papa Sisto V elevò a rango di città il castello di Loreto, edificato intorno alla Chiesa di Santa Maria, fino ad allora territorio sotto la giurisdizione di Recanati.

    Per tutto il XVIII secolo Recanati dovette sopportare aggravi e fastidi per fornire foraggi e vettovaglie ora agli austriaci, poi agli spagnoli e ai francesi. Questo durò fino al Trattato di Aquisgrana (1748).

    Nel 1798, la città subì l'occupazione francese da parte delle truppe napoleoniche.

    La partecipazione ai moti risorgimentali del 1831 costa la vita al recanatese patriota della libertà Vito Fedeli, chiuso in un carcere pontificio.

    Nel 1848 Giuseppe Garibaldi volle transitare nella città di Giacomo Leopardi, per soccorrerne Roma, la capitale della Repubblica Romana, a cui Recanati apparteneva. Lapide Commemorativa

    Nel 1860, l'annessione dello Stato della Chiesa al Regno d'Italia, in seguito alla Battaglia di Castelfidardo, integrò la storia del Comune di Recanati alla storia dell'Italia di oggi.

    Nel 1893 un tratto di litorale viene scorporato dal territorio comunale per costituire il nuovo comune di Porto Recanati.

    Nel 1937 con R.D. n° 1335, convertito in L. 2255, viene istituito il Centro Nazionale di Studi Leopardiani, la cui sede fu progettata da Guglielmo De Angelis d'Ossat.

    Nel 1990 nasce il Premio città di Recanati, che poi prenderà il nome di Musicultura. Il Festival si impone come uno delle più importanti manifestazioni nazionali di musica d'autore. Dal 2005 il festival si trasferisce allo Sferisterio di Macerata

    Luoghi di interesse

    Palazzo Leopardi: è la casa natale del poeta. Tutt'oggi il palazzo è abitato dai discendenti e aperto al pubblico. Esso venne ristrutturato nelle forme attuali dall'architetto Carlo Orazio Leopardi verso la metà del XVIII secolo. L'ambiente più suggestivo è senza dubbio la biblioteca, che custodisce oltre 20.000 volumi, tra cui incunaboli ed antichi volumi, raccolti dal padre del poeta, Monaldo Leopardi.
    Piazzetta del Sabato del Villaggio: sulla quale si affaccia Palazzo Leopardi. Ivi si trova la casa di Silvia e la chiesa di Santa Maria in Montemorello (XVI secolo), nel cui fonte battesimale fu battezzato Giacomo Leopardi nel 1798.
    Colle dell'Infinito: è la sommità del Monte Tabor da cui si domina un panorama vastissimo verso le montagne e che ispirò l'omonima poesia composta dal poeta a soli 21 anni. All'interno del parco troviamo il Centro Mondiale della Poesia e della Cultura, sede di convegni, seminari, conferenze e manifestazioni culturali.
    Palazzo Antici-Mattei: casa della madre di Leopardi, Adelaide Antici Mattei, edificio dalle linee semplici ed eleganti con iscrizioni in latino.
    Torre del Passero Solitario: nel cortile del chiostro di Sant'Agostino è visibile la torre, la cui cuspide a cartoccio fu decapitata da un fulmine nella metà del XIX secolo, resa celebre dalla poesia "Il passero solitario".

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    STROMBOLI

    L'Isola di Stromboli (stróm-bo-li) è un vulcano attivo appartenente all'arcipelago delle Isole Eolie e all'Arco Eoliano.

    Posta nel bacino Tirreno del mare Mediterraneo occidentale, l'isola è la più settentrionale delle Eolie e si estende su una superficie di 12,6 km².

    L'edificio vulcanico è alto 926 m s.l.m. e raggiunge una profondità di circa 1700 m al di sotto del livello del mare. Stromboli ha una persistente attività esplosiva ed è uno dei vulcani più attivi del mondo
    A poche centinaia di metri a nord-est dell'isola di Stromboli si trova il neck di Strombolicchio, residuo di un antico camino vulcanico. L'isolotto ospita un faro della Marina, attualmente disabitato e automatizzato.

    La storia geologica dell'isola di Stromboli comincia circa 200.000 anni fa, quando un primo vulcano attivo di grandi dimensioni emerge dal mare, in posizione NE rispetto all'isola attuale. Oggi di questo vulcano antico rimane soltanto il condotto solidificato (neck) rappresentato da Strombolicchio
    Il vero e proprio vulcano di Stromboli emerge dal mare circa 160.000 anni fa. Inizialmente i centri di emissione sono nella parte meridionale dell'isola attuale, dove affiorano le unità più antiche appartenenti ai complessi del Paleostromboli I e II.

    Circa 35.000 anni fa il centro di emissione migra leggermente verso NO e le emissioni di lava e piroclasti danno origine ad un cono che raggiunge quota 700 m s.l.m. (Paleostromboli III).

    Le fasi successive della storia di Stromboli vedono la formazione ed il collasso di vari edifici. In particolare, a circa 34.600 anni fa risale il complesso eruttivo di Scari, osservabile presso Scari e a SO del paese sotto forma di spesse sequenze di bombe vulcaniche, lapilli e lahar. Mentre successivo (circa 26.000 anni fa) è il complesso del Vancori, caratterizzato da depositi piroclastici e basalti shoshonitici. In questa fase, la cima del vulcano era occupata probabilmente da una grande caldera. Il ciclo Scari-Vancori si conclude con il collasso del settore occidentale e nordoccidentale dell'edificio vulcanico.

    La fase successiva, a partire da circa 13.800 anni fa, vede la ricostruzione dell'edificio nel settore nordoccidentale. Il nuovo centro eruttivo, detto Neostromboli, è ubicato a nord dell'attuale costone dei Vancori. Contemporaneamente, alcuni centri eruttivi secondari danno origine al "Timpone del Fuoco" presso Ginostra, alle lave di San Bartolo e di San Vincenzo.

    All'incirca tra 10000 e 5000 anni fa il settore nordoccidentale collassa nuovamente, lasciando una profonda depressione a forma di ferro di cavallo che si estende dalla cima fino ad una profondità di circa 2.000 m sotto il livello del mare: la Sciara del Fuoco. Lentamente la spaccatura viene riempita da materiale piroclastico e colate di lava. Il centro eruttivo attuale, che si trova alla sommità della Sciara del Fuoco, è il Pizzo Sopra la Fossa, caratterizzato, come detto sopra, dalla presenza di tre crateri allineati parallelamente alla Sciara, in direzione NE-SW.

    Oggi i principali borghi abitati sono San Vincenzo (o semplicemente il paese di Stromboli, anticamente era borgo degli agricoltori) con l'approdo storico di Scari, Piscità e Ficogrande (che anticamente era il borgo degli armatori).

    A sudovest, ancora raggiungibile solo via mare, c'è Ginostra dove d'inverno restano circa 30 o 40 abitanti e dove l'unico mezzo di trasporto è il mulo.

    A Stromboli c'è una scuola elementare e media per i pochi ragazzi abitanti dell'isola. Dopo le scuole solitamente i ragazzi vanno a Lipari dove sono presenti alcune scuole secondarie di secondo grado.

    L'isola è meta di turisti in cerca di tranquillità: anche per questo sui locali dell'isola è vietato diffondere musica oltre le due di notte.

    Giornalmente, inoltre, si organizzano escursioni al vulcano con guide esperte che portano ad oltre 900 metri sul livello del mare. Tramite imbarcazioni è inoltre possibile raggiungere nelle ore notturne la vicina e movimentata Panarea, lo scoglio di Strombolicchio e Ginostra, caratteristica località sull'isola di Stromboli dove l'unico mezzo di trasporto sono ancora i muli (ne sono presenti una decina in tutto) e ancora irraggiungibile per via terrestre dall'altra parte abitata dell'isola.

    Stromboli è anche meta, seppur in misura minore, di molti giovani, che si recano nei locali e nelle feste sulla spiaggia periodicamente organizzate nella stagione estiva.

    Caratteristica dell'isola, oltre alle stradine strette percorribili solo dal motocarro e dai motorini elettrici, che i turisti affittano sull'isola stessa, è la mancata illuminazione notturna nelle strade, che il Comune a cui l'isola fa riferimento, ovvero quello di Lipari, vuol mantenere come importante attrattiva turistica. Dall'Osservatorio, infine, si può vedere la lava del vulcano, l'unico delle Isole Eolie perennemente in attività e il cielo stellato evidenziato dalla mancanza di illuminazione.

    Durante la stagione turistica partono imbarcazioni per permettere ai turisti di fare il bagno presso lo scoglio di Strombolicchio.

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    POSITANO

    Positano è un comune italiano di 3.981 abitanti della provincia di Salerno in Campania, appartenente geograficamente alla Costiera Amalfitana.

    Grazie al clima mite ed alla bellezza del paesaggio, Positano è stato un luogo di villeggiatura sin dall'epoca dell'Impero Romano, come attestano il rinvenimento di una villa e ulteriori rinvenimenti recentissimi, risalenti al 2004. Tipiche le tantissime "scalinate" che dall'alto del paese giungono in basso, alla spiaggia. Le spiagge principali sono la Spiaggia Grande e quella di Fornillo, entrambe raggiungibili a piedi; le altre sono La Porta, Arienzo e San Pietro Laurito, tutte raggiungibili principalmente via mare. Positano è raggiungibile anche con un mezzo di trasporto pubblico, il Metrò del mare.

    La stazione meteorologica più vicina è quella di Amalfi. In base alla media trentennale di riferimento 1961-1990, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a +10,7 °C; quella del mese più caldo, agosto, è di +26,8 °C.

    Le precipitazioni medie annue superano i 1.700 mm, distribuite mediamente in 96 giorni, e presentano un minimo estivo, un picco in autunno-inverno ed un massimo secondario in primavera .

    Dal 1806 al 1860 è stato capoluogo dell'omonimo circondario appartenente al Distretto di Salerno del Regno delle Due Sicilie.

    Dal 1860 al 1927, durante il Regno d'Italia è stato capoluogo dell'omonimo mandamento appartenente al Circondario di Salerno.

    L'età medioevale vide la costruzione di numerose torri per l'avvistamento dei Saraceni, autori di numerose incursioni e razzie ai danni della popolazione locale. La prima torre si trova al di fuori del comune Positanese, in località Punta Campanella, dove termina la Costiera Amalfitana ed inizia quella Sorrentina. Da lì, avvistati gli arabi, si lanciava il primo segnale, un colpo di cannone, e da questo poi il tam tam si spostava alla seconda, alla terza e poi così via, percorrendo Positano e tutta la Costiera Amalfitana. In questo modo i Positanesi potevano rifugiarsi sulle ripide alture (così sono state create le frazioni di Montepertuso e Nocelle). Infatti i Saraceni, abili navigatori e combattenti, erano sfavoriti nell'addentrarsi sulle alture, ed erano facilmente preda dei contrattacchi da parte della popolazione locale.

    La leggenda narra che, tanti anni fa, all'incirca nel XII secolo d.C., una nave che trasportava un quadro della Madonna, di tipo Bizantino, stesse solcando le acque del Mar Tirreno, dinnanzi all'allora paesino di Positano. C'era bonaccia ed il veliero non riusciva in nessun modo a riprendere il mare, quando i marinai sentirono una voce che diceva "POSA POSA"... Posa Posa, ovvero fermatevi li, in quel posto, quasi proveniente dal quadro della Vergine Maria. Così si avvicinarono alla riva. I Positanesi, che da questo evento presero il loro nome, presero il quadro della Vergine e lo portarono nella Chiesa di S. Vito, Santo Protettore di Positano, che già non esiste più dal '600. La lasciarono lì, ma al mattino miracolosamente questo era sparito e fu ritrovato vicino al mare, su di un albero di "mortella". Si pensa che anche lì ci fosse stato un miracolo, in quanto il quadro era arrivato li da solo. Fu così allora che i Positanesi iniziarono in quel punto la costruzione della nuova chiesa dedicata, appunto, a Maria Assunta, festeggiata con ogni onore il 15 agosto di ogni anno. Oggi la chiesa è una delle più belle presenti in Italia. Tra gli abati commendatari che ressero l’abbazia di Positano ricordiamo il cardinale Vincenzo Maria Orsini, divenuto poi Papa Benedetto XIII.

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    VASTO MARINA

    Vasto (Uašt in dialetto vastese; Histonium in latino e Istònion, Ιστονιον in greco antico) è un comune italiano di 40.049 abitanti della provincia di Chieti in Abruzzo. È il settimo comune più popolato dell'Abruzzo e il 203º a livello nazionale.

    Il comune di Vasto è delimitato a nord dal fiume Sinello, a sud dal vallone di Buonanotte, ad est dal mare Adriatico. Confina con i comuni di Monteodorisio, Cupello e San Salvo. La città sorge in una zona collinare a 144 m s.l.m. Vasto ha una superficie di 70,65 chilometri quadrati ed è il quarto comune abruzzese per estensione territoriale. La sua costa si estende per 7 km di arenile e 13 km di scogliera. Il promontorio sul quale sorge la città dà origine al Golfo di Vasto, l'unica insenatura tra il Golfo di Ancona a nord e quello di Manfredonia a sud.

    Una leggenda vuole che la città fosse denominata Histon da Diomede e che fosse abitata originariamente da tribù provenienti dalla Dalmazia. Di certo, sul territorio attualmente appartenente al comune di Vasto (Punta Penna) si stanziarono, in età imprecisata, i Frentani, che entrarono in stretto contatto con i Sanniti e con le colonie greche dell'Italia meridionale e della Sicilia (fra cui Siracusa). I Frentani entrarono definitivamente nell'orbita romana con lo status di foederati (cioè di alleati), fra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C. Dopo la guerra sociale, il centro abitato che si era andato formando pochi chilometri a sud di Punta Penna divenne municipio romano, ed Histon fu latinizzato in Histonium. Dopo il tramonto dell'Impero romano d'Occidente la città decadde, passando in potere prima degli Ostrogoti, poi dei Bizantini e infine dei Longobardi. In età carolingia era conosciuta come Guasto d'Aymone. Tale denominazione ha origine da Aymon, condottiero franco che, impossessatosi del territorio, fece costruire un centro fortificato sulle rovine dell'antico nucleo romano. Fra il XIII e il XIX secolo fece parte, insieme alla sua regione di appartenenza, del Regno di Napoli (che, dopo l'unione al Regno di Sicilia, passò a denominarsi Regno delle Due Sicilie). In età angioina il paese fu infeudato ai Caldora, passando, subito dopo l'avvento di una dinastia aragonese, ai d'Avalos (fine del XV secolo) che vi costruirono il Palazzo omonimo, in seguito distrutto dai Turchi (XVI secolo). Nel 1710 le fu conferito ufficialmente il titolo di città. Fino all'annessione al Regno d'Italia (1861) fece parte dell'Abruzzo citeriore. Nel 1938, per volere di Mussolini, fu ribattezzata ufficialmente Istonio, in omaggio al toponimo latino in uso in età romana, per tornare a denominarsi Vasto nel 1944, dopo la liberazione della città.

    Il nome odierno di "Vasto" deriva, dal termine "guasto", che indicava un gastaldato, suddivisione longobarda del territorio. Il nome "Guasto" si è poi modificato nel tempo e nei documenti catastali e comunali in Uasto e poi in Vasto.

    LUOGHI DA VISITARE

    Il primo impianto risale al XIII secolo. Originariamente, la chiesa conventuale era intitolata a Sant'Agostino, per poi prendere il nome attuale durante il decennio francese. La chiesa fu ampliata nel XIX e nel XX secolo. Della chiesa originaria rimane solo una monofora con conci nel lato nord e dei pochi altri vaghi elementi si può supporre che il coronamento fosse orizzontale. Nel 1895 vi furono dei lavori di ristrutturazione. Negli anni ottanta del XX secolo furono distrutte con cariche di dinamite delle opere nel chiostro. L'interno è a navata unica con transetto. Il campanile consta di mura a scarpa.

    Chiesa di Santa Maria Maggiore
    La chiesa risale al 1195 quando viene citata in un diploma di Enrico VI come ecclesia Sancte Marie in Guastoaymonis. L'interno è a tre navate con cripta.

    La chiesa è attestata nel 1362, con il nome di San Nicola degli Schiavoni ed era officiata dalla confraternita omonima, sorta fra la numerosa colonia croata qui residente. Nel 1522 le famiglie slave erano 50, in seguito si ridussero di numero, fino ad essere completamente assorbite.

    Nel 1638 si demolì la vecchia chiesa e se ne costruì una nuova intitolata a Maria santissima del Carmine, in cui, in un altare minore, si continuò a venerare san Nicola; anche la confraternita assunse la nuova denominazione. Vennero chiamati a Vasto da Diego d'Avalos i "clerici regolari della Madre di Dio", o "padri Lucchesi" che vi giunsero da Napoli a fondare un convento con annesso collegio. All'opera concorsero il marchese, l'università e la confraternita, che concesse la chiesa e una rendita annua di 50 ducati. Alcuni vastesi entrarono nell'ordine e Giuseppe Ricci e Luigi Barbotta ne divennero generali. Convento e collegio furono abbandonati poi nel 1807 in seguito alla soppressione degli ordini religiosi decretata da Giuseppe Bonaparte.

    Tra il 1758 e il 1761 la chiesa venne ricostruita su disegno di Mario Gioffredo; i lavori interessarono anche il contiguo collegio. Nel 1762 l'interno dell'edificio fu decorato con stucchi ad opera di Michele Saccione di Napoli. La nuova chiesa neoclassica, con influenze vanvitelliane, presenta una pianta a croce greca con cinque cappelle.

    Sull'altare maggiore si conserva il dipinto di Crescenzo La Gamba con Presentazione di Maria Bambina all'Eterno Padre e sugli altari laterali a destra San Benedetto nella grotta, di Nicola Tiberi, e a sinistra la Madonna del Carmine con san Nicola e sant'Andrea di Giulio de Litiis. Nelle cappelle minori, di destra e di sinistra, sono ospitati rispettivamente l'Estasi di santa Teresa d'Avila e il Crocifisso con santi, del napoletano Fedele Fischetti.

    Accanto alla facciata si trova un piccolo campanile barocco di sezione trapezoidale.

    Palazzo D'Avalos
    Il palazzo è stato costruito da Giacomo Caldora, tuttavia il primo documento che parla di questo palazzo è un documento del 1427 che stabislisce un risarcimento dello stesso Giacomo Caldora a dei frati, che proverebbe che il palazzo non sia stato ampliato o restaurato, ma ne abbia costruito uno da capo a piedi. In seguito fu dei d'Avalos, che non lo utilizzarono mai come residenza. durante l'invasione turca fu messo a ferro e fuoco da Pialy Pascià causa una delle assenze dei proprietari. Il palazzo consta di cortile e giardino, di cui il giardino è stato recentemente restaurato. Il palazzo è su due livelli con tratti neoclassici sulle finestre. Poco o nulla rimane del suo aspetto originario così come del suo antico teatro al suo interno.

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  13. la sirenetta
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    SANT'AGATA SUI DUE GOLFI

    Sant'Agata sui Due Golfi è la maggiore frazione di Massa Lubrense, comune situato in provincia di Napoli. Situata nella Penisola sorrentina, deve il suo nome alla posizione unica in cui si trova, fra i golfi di Napoli e di Salerno. I "Due Golfi" possono essere osservati dal Monastero delle Monache Benedettine sito sulla collina "Il Deserto", che si trova nelle immediate vicinanze del centro santagatese e che domina la città di Sorrento.

    I primi abitanti del luogo furono dei coloni greci che qui edificarono una necropoli, in un luogo attualmente chiamato impropriamente "Deserto" (nome che i Carmelitani scalzi davano ai propri eremi).

    Più correttamente la collina si dovrebbe definire "Monte Sireniano" così come sempre indicato dagli antichi geografi, come Strabone, e dalle mappe, in quanto ospitava il culto delle sirene e forse anche il tempio, antichissimo ed ibrido di cultura etrusca e greca.

    La piccola comunità santagatese si è sviluppata partendo dalla piazza ove si trova la chiesa all'interno della quale si trova un altare risalente al 1600, opera dello scultore ed architetto di scuola fiorentina Dionisio Lazzari, fatto di madreperla e lapislazzuli proveniente dall'antica chiesa dei Girolamini di Napoli ed unico per la sua bellezza secondo lo storico napoletano D.A.Parrino (1700) che sosteneva "che forse simile non si può trovare al mondo".

    Il paesino si affaccia sui due golfi di Napoli e di Salerno, da esso si può scendere a una piccola spiaggia, detta Marina di Crapolla, situata nel territorio di Torca e raggiungibile solo via mare o attraverso un lungo sentiero pedonale caratterizzato da centinaia di scalini. Secondo una leggenda qui sbarcò l'apostolo Pietro nel suo difficoltoso viaggio verso Roma. A Lui è dedicata una chiesetta, venerata dai pescatori dell'antico borgo, e sorta sui resti del tempio di Apollo.

    Sant'Agata è sita alle pendici dei Monti Lattari e piuttosto vicina alla Costiera amalfitana. Essa dista 6 km da Massa Lubrense, 7 da Sorrento, 11 da Positano, 17 da Vico Equense, 23 da Castellammare di Stabia, 60 da Napoli e 61 da Salerno.

    Fin dall'Ottocento è stata meta di turisti data la sua posizione privilegiata. Il paese si affaccia sull'isola di Capri e sugli isolotti Li Galli, che sono stati proprietà del ballerino russo Rudolf Nurejev fino alla sua morte.
    Attualmente S.Agata sui due Golfi è un attivo centro turistico, meta di turisti, principalmente provenienti da varie parti mondo. Da essa è anche possibile raggiungere, mediante sentieri segnati, Sorrento, Massa Lubrense e la baia di Crapolla.

    Come ogni centro della penisola sorrentina, anche Sant'Agata ha una buona tradizione gastronomica ed enologica, con un ristorante a due stelle Michelin (Don Alfonso). L'origine ed i successi della gastronomia e della tradizione alberghiera santagatese risalgono agli inizi del novecento grazie soprattutto a due grandi estimatori del buon vivere e della buona cucina: il poeta napoletano Salvatore Di Giacomo e lo scrittore inglese George Norman Douglas, che con la sua Siren Land rese famose Capri, Sorrento e Sant'Agata in tutto il mondo.

    La strada statale su cui sorge S.Agata è la SS 145 "Sorrentina" la quale, passata Colli di Fontanelle (fraz.di Sant'Agnello), si congiunge a Colli San Pietro (fraz.di Piano di Sorrento) con la SS 163 "Amalfitana".
    La stazione ferroviaria più vicina è quella di Sorrento.

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  14. "Shakira"
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    RIO DE JANEIRO

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    Rio de Janeiro (che significa Fiume di Gennaio in portoghese) è una città del Brasile. La città è famosa per le sue spiagge turistiche (Copacabana e Ipanema) su cui si affacciano file di alberghi, per la gigantesca statua di Gesù, nota come Cristo Redentore ("Cristo Redentor") sul monte Corcovado, e per il suo annuale carnevale. Rio de Janeiro contiene anche la più grande foresta all'interno di un'area urbana. L'attuale sindaco è Eduardo da Costa Paes dal 1º gennaio 2009.

    La città ha una popolazione di circa 6.186.710 abitanti (al 2009) (censimento IBGE), e occupa una superficie di 1.256 km². La popolazione compresa l'area metropolitana è circa 12 milioni. Rio è la seconda città del Brasile dopo San Paolo e fu la capitale della nazione fino al 1960, quando Brasilia ne prese il posto.

    Nel 2016, ospiterà i Giochi della XXXI Olimpiade.

    La città occupa il margine occidentale della Baía de Guanabara e alcune delle sue isole, quali la Governador e Paquetá, e si sviluppa su strette pianure alluvionali schiacciate tra le montagne e le colline circostanti.

    L'area su cui sorge Rio de Janeiro venne raggiunta da esploratori portoghesi nel corso di una spedizione guidata dall'italiano Amerigo Vespucci nel gennaio del 1501. Poiché gli europei inizialmente credettero che la Baia di Guanabara fosse la foce di un fiume, la chiamarono di fatto "Rio de Janeiro" (ossia "fiume di gennaio" in portoghese).

    La zona dove oggi sorge la città venne inizialmente esplorata da coloni francesi, i quali fondarono la colonia chiamata Francia Antartica, in violazione del trattato di Tordesillas. La città venne fondata il 1 marzo 1565 dal cavaliere portoghese Estácio de Sá dopo la sconfitta e la seguente espulsione dei francesi dal territorio coloniale brasiliano, che la chiamò São Sebastião do Rio de Janeiro, in onore del santo (ancor oggi patrono della città) del quale portava il nome il suo sovrano, re Sebastiano I del Portogallo. Per secoli l'insediamento fu comunemente chiamato São Sebastião, invece che con l'attualmente più popolare seconda parte del nome. Veniva spesso attaccata dai pirati, in particolare da quelli nemici del Portogallo, come olandesi e francesi.

    Alla fine del XVI secolo, la corona portoghese iniziò a considerare la località come un luogo strategico per il transito atlantico delle navi che viaggiavano tra Brasile, colonie africane ed Europa. Vennero costruite delle fortezze e costituita un'alleanza con le tribù native, per difendere l'insediamento dagli invasori - la vicina Niterói, ad esempio, venne fondata da un capo indigeno, Arariboia, per aiutarne la difesa.

    Il punto esatto dove venne fondata Rio si trova ai piedi del famoso monte Pan di zucchero (Pão-de-Açúcar). Più tardi, l'intera città venne spostata entro una palizzata in cima ad un colle, imitando la strategia medioevale europea di difesa dei castelli fortificati - il luogo venne da allora chiamato Morro do Castelo (Collina del Castello). Quindi la città si sviluppò dall'attuale centro in direzione sud e ovest, un movimento urbano riscontrabile ancor oggi.

    Fino all'inizio del XVIII secolo, la città fu minacciata o invasa da diversi pirati e bucanieri, soprattutto francesi come Jean-François Duclerc, René Duguay-Trouin, e Nicolas Durand de Villegagnon. Dopo il 1720, quando i portoghesi trovarono l'oro nel vicino capitanato di Minas Gerais, Rio de Janeiro divenne un utile porto per imbarcare le ricchezze, piuttosto di Salvador, più distante dalle miniere. Nel 1763, l'amministrazione coloniale dell'America portoghese venne spostata a Rio.


    La marcatura degli schiavi nei primi dell'ottocento a RioLa città rimase essenzialmente una capitale coloniale fino al 1808, quando la famiglia reale portoghese e gran parte dei nobili di Lisbona, fuggendo dall'invasione napoleonica del Portogallo, vi si trasferirono. La capitale del regno venne trasferita a Rio, che divenne quindi l'unica capitale europea al di fuori dell'Europa. Siccome non c'era spazio né strutture urbane per accomodare centinaia di nobili, molti abitanti vennero semplicemente sfrattati dalle loro abitazioni.

    Quando il Principe Pedro dichiarò l'indipendenza del Brasile nel 1822, decise di tenere Rio de Janeiro come capitale del suo nuovo impero, sebbene la regione della città stesse perdendo importanza - economica e politica - nei confronti di San Paolo.

    Rio venne mantenuta come capitale brasiliana dopo che i militari rovesciarono la monarchia e imposero la repubblica nel 1889. Comunque, i piani per spostare la capitale al centro del territorio nazionale vennero presi in considerazione fin quando il presidente Juscelino Kubitschek venne eletto nel 1955 e si insediò nel 1956, con la promessa di costruire la nuova capitale. Anche se molti pensarono che fosse una campagna retorica, Kubitschek riuscì a far costruire Brasília, con grandi costi, entro il 1960. Il 21 aprile di quell'anno la capitale del Brasile venne spostata da Rio a Brasilia.

    Tra il 1960 e il 1975, Rio fu una città-stato (come ad esempio Amburgo in Germania) col nome di Stato di Guanabara (dal nome della baia su cui si affaccia). Ma per motivi amministrativi e politici, un decreto presidenziale noto come A Fusão (La Fusione) rimosse lo status federale della città e la fuse con lo stato di Rio de Janeiro. Ancora oggi alcuni carioca sostengono il ritorno dell'autonomia municipale.

    Anche se il suo peso economico è inferiore a quello di São Paulo, la città di Rio è la seconda più grande città del Brasile ed il secondo centro economico del paese. A pochi chilometri dalla città si concentrano alcune tra le maggiori riserve di petrolio del paese, e la città è specializzata nei settori della metallurgia, dell'acciaio, della meccanica, della chimica, degli alimentari, della carta, dell'estrazione dei minerali e della cantieristica.

    Rio de Janeiro è inoltre la principale destinazione turistica del paese, attraendo sia turisti stranieri che brasiliani, e quindi il settore turistico è molto più sviluppato che in qualsiasi altra città brasiliana.

    Infine è da sottolineare che Rio è la sede di alcuni dei maggiori network televisivi e società di produzione cinematografica e musicale, tra cui il più grande gruppo mediatico del paese (Rede Globo), quindi la maggior parte delle produzioni televisive del paese si concentrano nella città di Rio.

    Storicamente e culturalmente la città di Rio de Janeiro è suddivisa in 4 grandi zone: la residenziale Zona Nord, la turistica e ricca Zona Sud, la Zona Ovest e il Centro. Le zone corrispondono a una prima suddivisione del territorio avvenuta sulla base dell'espansione urbanistica. Dall'originale centro storico, che in realtà si trova al limite più orientale della città e si affaccia sulla baia di Guanabara, la città si è espansa verso sud con la nascita dei quartieri più ricchi a ridosso delle rinomate spiagge sull'oceano e delimitati a nord dalla foresta di Tijuca, e verso nord e verso ovest con la nascita di quartieri residenziali e industriali che urbanisticamente si sono ormai espansi oltre i confini municipali.

    Il municipio è amministrativamente e politicamente suddiviso in 33 regioni amministrative (Regiões Administrativas) che fanno capo a 6 subprefetture (Subprefeituras).

    Geograficamente la città è suddivisa in 160 quartieri (Bairros) che non hanno funzioni amministrative. A questi si aggiungono altri bairros storici che hanno ormai solo una valenza toponomastica. Inoltre il territorio di Rio de Janeiro è suddiviso a scopo urbanistico in 5 aree di sviluppo (Área de Planejamento).

    Intorno alla città è sorta una vasta area metropolitana fittamente urbanizzata che costituisce la Regione Metropolitana di Rio de Janeiro che conta oltre 11 milioni di abitanti e che comprende gran parte dei comuni limitrofi alla capitale carioca. Da un punto di vista statistico Rio de Janeiro appartiene alla Microregione di Rio de Janeiro e che a sua volta fa parte della mesoregione denominata Metropolitana do Rio de Janeiro

    Il Centro è la parte storica della città e costituisce il nucleo originario su cui si è sviluppata. Tra i luoghi di interesse si trovano la Chiesa della Candelaria e la Cattedrale in stile moderno, il Teatro municipale e diversi musei. Il Centro rimane il cuore della comunità finanziaria della città. Il "Bonde", un tram giallo, parte da una stazione del centro nei pressi della nuova Cattedrale, attraversa l'ex acquedotto in stile romano - l'"Arcos da Lapa" costruito nel 1750 e converito in un viadotto tramviario nel 1896 - e corre lungo le strade in pendenza del vicino sobborgo di Santa Teresa.

    La zona meridionale di Rio de Janeiro è composta da diversi bairros, tra i quali São Conrado, Leblon, Ipanema, Arpoador, Copacabana, Leme, Botafogo e Flamengo, che compongono la famosa linea costiera di Rio.

    Il quartiere di Flamengo è caratterizzato dalla perfetta integrazione della viabilità cittadina con il parco. Il grande parco è infatti intersecato dalle strade che portano nelle due direzioni verso il quartiere di Botafogo e poi Copacabana, Ipanema e così via e dall' altra parte verso Catete e Cinelandia.

    Il quartiere della spiaggia di Copacabana ostenta una delle più spettacolari feste di Capodanno del mondo, con più di due milioni di festeggianti che si affollano sulla sabbia per guardare i fuochi d'artificio. I fuochi vengono sparati da delle barche, per garantire la sicurezza dell'evento.

    Oltrepassando Copacabana e Leme, nel quartiere di Urca si trova il Pan di Zucchero (Pão de Açúcar), il cui nome caratterizza la famosa gobba che si erge dal mare. La cima può essere raggiunta con una funivia accessibile dal Colle di Urca (Morro da Urca), e offre una vista seconda solo a quella del Corcovado.


    Pedra da Gávea, Rio de Janeiro. Costituisce la vetta di una rupe granitica che prende il suo nome, per la sua forma, dal termine portoghese che indica la coffa di una nave ("Pietra della coffa").La più alta montagna della città comunque, con 842 metri, è la Pedra da Gávea di São Conrado. Il deltaplano è un'attività popolare su questo picco. Dopo un breve volo di atterra alla Praia do Pepino a São Conrado.

    Dal 1961, la Foresta di Tijuca è diventata parco nazionale.

    La zona nord di Rio ospita lo Stadio Maracanã, il più grande stadio di calcio del mondo in grado di contenere quasi 200.000 persone. Di recente la capacità è stata ridotta per conformarsi alle moderne regole di sicurezza e con l'introduzione dei soli posti a sedere. Attualmente in via di rinnovamento, finirà per contenere circa 120.000 posti. Il Maracanã è stato la sede delle cerimonie di apertura e chiusura e degli incontri di calcio, per i Giochi Panamericani del 2007.

    La zona ovest è la regione metropolitana più distante dal centro di Rio de Janeiro. Comprende, tra gli altri, i bairros Barra da Tijuca, Jacarepaguá, Campo Grande, Santa Cruz, Sepetiba e Bangu. Barra da Tijuca è un'area a sviluppo accelerato, che attrae principalmente la parte più ricca della popolazione, mentre i distretti confinanti della zona ovest rivelano nette differenze tra classi sociali. La zona è dotata di aree industriali, ma rimangono ancora delle aree agricole. Oltre ai quartieri di Barra da Tijuca e Jacarepagua, un altro quartiere che ha mostrato una buona crescita economica è quello di Campo Grande. Alcuni degli eventi sportivi dei Giochi panamericani del 2007 si sono svolti nel Centro Sportivo Miécimo da Silva, soprannominato Ginnasio "Algodão", e altri nello Stadio Ítalo del Cima, a Campo Grande.

    Rio è una città di contrasti, e anche se gran parte della città si può affiancare alle più moderne metropoli del mondo, una percentuale significativa dei 13 milioni di abitanti di Rio vive ancora in zone estremamente povere. La peggiori di queste sono le baraccopoli note come favelas, spesso addossate sui fianchi delle colline, dove è difficile costruire edifici robusti, e gli smottamenti, provocati principalmente dalle piogge intense, sono frequenti. Le favelas sono afflitte dalla diffusione dei crimini legati alla droga, dalle lotte tra bande e da altri problemi sociali legati alla povertà. La Favela da Rocinha è la più grande dell'America latina.

    Rio de Janeiro ha un clima tropicale della savana (Aw) secondo la classificazione dei climi di Köppen, ed è spesso caratterizzato da lunghi periodi di piogge che vanno da dicembre a marzo. La temperatura non supera quasi mai i 40° C., ma temperature massime nell'ordine dei 28° C. si verificano lungo tutto l'anno.

    Lungo la costa, soffia la brezza alternativamente da e verso l'entroterra, modificando di conseguenza la temperatura. A causa della sua posizione geografica, la città durante l'autunno e l'inverno, è spesso raggiunta da fronti di aria fredda in avanzata dall'Antartide, che provocano cambiamenti climatici frequenti. Nel periodo estivo possono avere luogo rovesci di forte intensità, aumetando il rischio di inondazioni e frane. L'area montana registra una maggiore piovosità, costituendo una barriera al vento umido di provienza atlantica.

    La temperatura minima media annuale è nell'ordine dei 20° C., la temperatura media massima è di 28° C., e la temperatura media è di 23° C. La precipitazione media annua è di 1090 mm. Temperature inferiori ai 10° C. sono molto rare. La temperatura può variare a seconda della quota, della distanza dalla costa, e dal tipo di vegetazione. L'inverno porta temperature miti e condizioni meno piovose che durante l'estate.

    Il Carnevale di Rio de Janeiro è sicuramente la più significativa delle espressioni culturali brasiliane, dove si fondono arte, musica e divertimento in 4 giorni di "piacevole follia". Le sfilate si svolgono all'interno del Sambódromo, strada costeggiata da gradinate installate appositamente, dove sfilano le migliori scuole di samba della città.

    Il carnevale di Rio offre diversi eventi, tra cui le famose parate delle Escolas de Samba nel Sambodromo di Rio de Janeiro e i popolari "blocos de carnaval" che sfilano praticamente in ogni angolo della città. I più famosi sono:

    ■Cordão do bola preta: sfila nel centro della città, è uno dei più tradizionali "bloco de carnaval".
    ■Banda de Ipanema: nonostante includa persone di tutte le età, estrazioni sociali e sesso, è oggi il bloco su cui convergono gay, transessuali e drag queen. Attraversa la spiaggia di Ipanema.
    ■Suvaco do Cristo: Banda che sfila nel giardino botanico, proprio sotto il braccio della Statua del redentore. Il nome si traduce in "Ascella di Cristo" ed è stato scelto proprio per questo motivo.
    ■Bloco das Carmelitas: Banda che prende il nome dal Convento delle Suore Carmelitane delle colline di Santa Tereza, dove il bloco sfila dal 1991.
    ■Simpatia é quase amor: Banda storica creata nel 1985.
    ■Beija Flor
    ■Salgueiro
    ■Imperatriz Leopoldina
    ■Mangueira

    Nel 2007 Rio de Janeiro ha ospitato i giochi panamericani, inoltre nel 2014 sarà una delle città chiave del progetto per i mondiali di calcio. Come detto, Rio de Janeiro ospiterà la XXXI Olimpiade dal 5 al 21 agosto 2016. È la prima volta che una città dell'America del Sud ospita i Giochi Olimpici.[2] Apertura e chiusura si svolgeranno al Maracanà.

    Rio de Janeiro ospita quattro tradizionali squadre di calcio brasiliane: Flamengo, Botafogo, Fluminense e Vasco. Oltre a quelle di prima divisione e di notevole tradizione ospita anche squadre minori come il Ceres Futebol Clube.

    Oltre che di un rete di autobus, la città è servita da una metropolitana composta da due linee aperta nel 1979.

    ■In un episodio de I Simpson, la famiglia si reca a Rio de Janeiro. L'episodio ha fatto infuriare gli addetti al turismo, che hanno minacciato di fare causa ai produttori del cartone animato.
    ■Rio è stata usata come ambientazione per molti film, come 007 Moonraker (1979), Blame it on Rio (1984), Bossa Nova (2000),e City of God (2002), e Natale a Rio (2008).
    ■Il porto di Rio de Janeiro è stato dichiarato una delle "Sette meraviglie del mondo" dalla CNN.
    ■Rio de Janeiro è anche il paradiso dell'arrampicata sportiva, con centinaia di percorsi dai più facili ai più difficili, tutti all'interno della città. La più famosa montagna di granito di Rio, o Pão de Açúcar, ne è un esempio, con percorsi che vanno dal facile 3º grado a dei 9º grado che arrivano fino a 280 metri.
    ■Rio De Janeiro è famosa anche per il festival musicale Rock In Rio che si è tenuto in 3 episodi, uno nel 1985, uno nel 1991 e l'ultima nel 2001.

     
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    NEW YORK

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    New York (anche Nuova York in italiano) è una città di 8.391.881 abitanti degli Stati Uniti d'America.

    Situata nello Stato omonimo, è la città più popolosa dell'Unione, nonché uno dei centri economici e culturali più influenti del continente americano e del mondo intero.

    Sorge su un'area di 1.214 km² alla foce del fiume Hudson nell'Oceano Atlantico. Situata in parte sulla terraferma e in parte su isole nella c.d. Baia di New York (New York Bay), è amministrativamente divisa in cinque distretti (borough): Manhattan, Bronx, Queens, Brooklyn e Staten Island.

    Di essi, uno è in terraferma (il Bronx, situato a nord di Manhattan); tre si trovano su di un'isola circondata dal mare (Staten Island, di fronte al New Jersey; Queens e Brooklyn, rispettivamente nell'estremità nord-occidentale e sud-occidentale dell'isola di Long Island) e uno, Manhattan, sull'appendice inferiore della penisola su cui si trova anche il Bronx, ma che da esso è separato dall'Harlem River, fiume-canale che collega l'Hudson all'East River. I cinque borough sono anche sedi di contea metropolitana: la contea di New York propriamente detta occupa l'intero territorio di Manhattan, quella di Kings Brooklyn, quella di Richmond Staten Island; le altre due contee (Bronx e Queens) sono omonime dei boroughs al cui territorio amministrativo si sovrappongono.

    L'area metropolitana di New York si trova all'intersezione di tre Stati (New York propriamente detto, New Jersey e Connecticut); l'intero agglomerato urbano conta 18.223.567 abitanti, mentre quello metropolitano è di 19.206.798 abitanti, che la rendono, secondo le stime, dalla terza alla sesta area urbana più popolata del mondo e dalla prima alla terza del continente americano (in concorrenza con Città del Messico e San Paolo del Brasile).

    Limitatamente ai confini comunali, invece, New York è stimata come tredicesimo comune più popolato del mondo, dopo Giacarta (Indonesia) e prima di Wuhan (Cina).

    Non appartengono a New York, né fanno parte della sua area metropolitana, ma gravitano intorno a essa per ragioni economiche e culturali, alcune città del confinante Stato del New Jersey come Jersey City, Newark e Hoboken, situate sulla riva occidentale dell'Hudson, proprio di fronte a Manhattan. La citata Newark è, tra l'altro, sede di uno degli aeroporti internazionali che servono New York, il Newark-Liberty, situato a soli 24 km da Manhattan.

    Gli abitanti di New York si chiamano New Yorkers, traducibile come newyorkesi, newyorchesi o, ormai raramente, novaiorchesi dal nome Nuova York con cui per molto tempo è stata chiamata la città in italiano.

    Situata sulla costa orientale dell'America settentrionale, sull'Oceano Atlantico, è ubicata alla foce del fiume Hudson (che costituisce il suo confine occidentale, separandola da una serie di sobborghi nel New Jersey), che è anche il punto dove la grande isola di Long Island è più vicina al Continente, da cui è separata solo dallo stretto East River.

    Questa particolare topografia ha fatto sì che la città diventasse uno dei più importanti porti del mondo sin dall'epoca coloniale.

    È interessante notare che delle 5 circoscrizioni (boroughs) in cui è divisa la città solamente uno (Bronx) si trova sul continente vero e proprio, mentre due (Brooklyn e Queens) occupano l'estremità occidentale di Long Island, e gli altri (Manhattan e Staten Island) occupano due isole omonime di dimensioni intermedie. Esistono anche numerose isole di dimensioni più piccole, come Ellis Island, l'isola in cui un tempo sbarcavano le navi piene di immigrati provenienti dall'Europa, e dove questi venivano tenuti in quarantena per un certo periodo prima di essere ammessi al resto degli Stati Uniti, o Liberty Island, l'isola dove è collocata la Statua della Libertà, la statua più famosa degli Stati Uniti d'America.

    New York è una città marittima ma il suo clima è prettamente continentale. Anche se in genere New York viene inclusa nella fascia climatica Dfa (classificazione dei climi di Köppen) in realtà il clima della Grande Mela appartiene al gruppo Cfa ossia al clima temperato umido in tutte le stagioni, cioè senza periodo secco, con estate molto calda, ma con la temperatura media del mese più freddo superiore ai −3 °C (infatti la fascia climatica che inizia con la lettera di riferimento D presuppone dei valori termici medi inferiori ai −3 °C nel mese più freddo). La continentalità della città fa sì che i valori termici estremi registrati dalla grande metropoli nord-americana vadano dai −26,1 °C ai 41,7 °C.

    Le temperature medie oscillano, per i valori massimi, dai 3,1 °C di gennaio ai 29,5 °C del mese di luglio e, per i valori minimi, dai −3,7 °C del mese di gennaio ai 20,2 °C del mese di luglio. Per quanto riguarda le precipitazioni New York ha una media pluviometrica elevata, 1200,1 mm, con il mese meno piovoso (febbraio) che registra 83,0 mm e quello più piovoso (novembre) che sale fino a 113,5 mm. Come scritto sopra la città registra diverse nevicate all'anno. Mediamente cadono 71 cm di neve.

    Gli inverni sono sia piovosi che nevosi (benché New York sia posta alla stessa latitudine della mediterranea Napoli) e tutto dipende dalle correnti prevalenti. Quelle meridionali e orientali portano temperature più miti mentre quelle settentrionali e occidentali gelo e neve. Questo è il periodo dell'anno in cui è più probabile che città venga colpita da blizzard ossia vere e proprie tormente di neve che fanno sprofondare le temperature di parecchi gradi sotto zero paralizzando, sotto decine di centimetri di neve, il traffico e tutte le sue attività economiche.

    Le stagioni estive sono calde e piovose e con diversi fenomeni temporaleschi, accompagnati da grandinate, che in poco tempo possono allagare diversi quartieri della città. Questo è anche il periodo dell'anno in cui la città può essere colpita da intense ondate di calore provenienti da ovest/sud-ovest che posso fare schizzare le massime oltre i 35 °C e fare impennare gli indici di umidità con consequenziale afa.

    L'autunno può ancora registrare tepori semi-estivi (Indian Summer) ma porta anche le prime gelate e le prime nevicate. Questa è anche la stagione in cui, grazie ai primi valori termici sotto lo zero, in tutto il New England e tutti gli stati del Nord-Est USA (compresi, quindi, i vasti parchi di New York) esplode il fenomeno naturale del foliage ossia la colorazione di fortissime tonalità pastello (soprattutto il marrone e il rosso) delle foglie degli alberi e delle foreste decidue. Uno spettacolo magnifico che ogni anno attira numerosi turisti.

    La primavera, ancora fredda nella prima parte (non sono rari i ritorni d'inverno in grande stile), è un'esplosione di colori e di risveglio vegetativo e registra nella seconda metà i primi calori che anticipano la stagione estiva.

    Lungo le zone più prossime alla costa non sono infrequenti le nebbie marittime. Raramente New York può essere colpita da tempeste di origine tropicale e da veri e propri uragani (in genere degradati a tempeste) che risalgano dai Caraibi o dalla Florida.


    I primi abitanti dell'area dell'odierna città di New York furono i Lenape, nativi americani stanziati nella zona del basso corso del fiume Hudson che utilizzavano la zona (in particolare l'isola di Manhattan) come zona agricola, di caccia e di pesca, oltre che come area utilizzata per le sepolture. La cultura Lenape sviluppò tecniche piuttosto avanzate di sfruttamento agricolo del territorio; ai tempi dell'arrivo dei primi europei, nel XVI secolo, i Lenape praticavano la coltivazione con il metodo del taglia e brucia, oltre che la pesca e la raccolta dei molluschi. Si stima che, all'arrivo degli europei, circa 15.000 Lenape abitassero queste contrade, divisi in un'ottantina di insediamenti.

    Furono proprio degli indigeni Lenape che incontrarono, a bordo delle loro canoe, l'esploratore italiano Giovanni da Verrazzano che nel 1524 entrò, primo europeo, nella baia di New York battezzando il posto con il nome di Nuova Angoulême in onore dell'allora re di Francia Francesco I. Nonostante Verrazzano fosse penetrato all'interno della baia, si pensa che non abbia proseguito ulteriormente ma abbia invece invertito la rotta all'altezza del sito in cui attualmente sorge il ponte Giovanni da Verrazzano e fatto poi vela per l'oceano Atlantico. Fu solo con il viaggio di Henry Hudson, un inglese al soldo della Compagnia Olandese delle Indie Occidentali, che l'area venne esplorata accuratamente; Hudson scoprì l'isola di Manhattan il 12 settembre 1609 e proseguì lungo il corso inferiore del fiume che oggi porta il suo nome, arrivando nell'interno della regione fino al punto nel quale oggi sorge Albany, capitale dello stato di New York.

    L'insediamento europeo iniziò nel 1613 con la fondazione, da parte degli olandesi, di un insediamento per il commercio delle pellicce nella zona oggi detta lower Manhattan, all'estremità meridionale dell'omonima isola; questo insediamento venne successivamente (1625) battezzato Nieuw Amsterdam, in inglese New Amsterdam. Nel 1626 l'area venne acquistata dall'allora direttore generale della colonia, l'olandese Peter Minuit; nello stesso anno cominciò la costruzione di Fort Amsterdam, che sarebbe diventato il quartier generale della colonia olandese e la cui fondazione segna l'inizio della storia della città di New York.

    Nel 1638 divenne direttore generale della colonia Willem Kieft, che cinque anni più tardi (1643) rimase invischiato nella cosiddetta guerra di Kieft, una serie di conflitti con i locali indigeni Lenape per il possesso del territorio dove oggi sorge New York che entro l'agosto del 1645 si risolse a favore degli olandesi. Nel 1647 venne nominato direttore della colonia Peter Stuyvesant; alla colonia venne concesso l'autogoverno nel 1652 e un anno più tardi, il 2 febbraio 1653, alla cittadina di New Amsterdam venne concesso il titolo di città.

    Nel 1664, gli inglesi conquistarono la città e la ribattezzarono New York in onore di Giacomo II, Duca di York e Albany; gli olandesi riconquistarono brevemente la città nel 1673, a loro volta ribattezzandola New Orange, prima di cedere definitivamente, nel novembre 1674, l'intera colonia di New Netherland agli inglesi in cambio del territorio che oggi costituisce il Suriname.

    Mano a mano che la colonia cresceva e prosperava, cresceva anche il desiderio di una maggiore autonomia dalla madrepatria. Nel contesto della Gloriosa Rivoluzione che stava interessando l'Inghilterra, Jacob Leisler guidò una serie di lotte che lo portarono ad avere il controllo effettivo della città e delle aree circostanti negli anni dal 1689 al 1691, prima del suo arresto e della sua esecuzione.

    Durante il dominio inglese, nel XVIII secolo, New York crebbe in importanza come porto commerciale. La sua popolazione di origine europea aumentava rapidamente, mentre diminuiva la componente rappresentata dagli indigeni Lenape il cui numero era sceso a circa 200 nel 1700 a causa di guerre ed epidemie.

    Il XVIII secolo vide altresì un notevole avanzamento culturale della città: nel 1735, il processo a John Peter Zenger, editore e pubblicista tedesco, stabilì il principio della libertà di stampa in Nordamerica; nel 1754, per volere di re Giorgio II di Gran Bretagna venne fondato il King's College, che sarebbe divenuto la Columbia University (al giorno d'oggi, una delle più prestigiose università del mondo).


    Vista della baia di New York intorno al 1770.Nel 1741 la città fu interessata da una violenta ribellione degli schiavi, il cui sfruttamento e la cui tratta erano iniziati già nel 1626. Dopo una serie di incendi, in città si diffuse il panico di una ribellione di afroamericani che, in combutta con alcuni bianchi, intendevano dare alle fiamme la città. Nonostante si trattasse per la maggior parte di affermazione senza fondamento, quell'anno 101 neri e 4 bianchi furono incolpati di incendio doloso; i susseguenti processi portarono a 13 condanne al rogo e 22 condanne all'impiccagione. La rivolta del 1741 non fu la prima del suo genere: già nel 1712 una rivolta analoga era stata repressa con brutalità portando a numerose esecuzioni capitali.

    Nel 1765 il governo inglese promulgò lo Stamp Act, una legge per imporre il pagamento di un'imposta di bollo sul trasferimento di alcuni tipi di documenti; questa misura, unitamente ad altre, contribuì a mantenere attiva una certa forma di dissenso, particolarmente fra i cosiddetti sons of Liberty (Figli della Libertà), un'organizzazione segreta di patrioti che furono protagonisti di schermaglie con le truppe britanniche che stazionavano nella colonia. La promulgazione dello Stamp Act provocò la reazione delle colonie: nell'ottobre del 1765, i rappresentanti della maggior parte di esse si riunirono a New York per lo Stamp Act Congress, che risultò nella stesura di un documento nel quale veniva stabilito che l'atto era incostituzionale.

    Nel 1775 iniziarono gli eventi della guerra di indipendenza americana. Dopo la pesante sconfitta dell'Esercito continentale americano nella battaglia di Long Island, il suo comandante in capo George Washington si rifugiò a Manhattan, ma con la sconfitta nella battaglia di Fort Washington l'isola venne lasciata completamente in mano britannica. Nel 1776 New York venne pesantemente danneggiata da un incendio, la cui origine rimase sospetta. La città divenne il centro delle operazioni politiche e militari per i rimanenti anni di guerra e rifugio per i Lealisti, fedeli alla corona inglese; nella baia di Wallabout, una piccola baia lungo l'East River, le forze britanniche posizionarono delle navi utilizzate come prigioni, all'interno delle quali trovarono la morte più prigionieri inglesi di quanto ne fossero morti nel corso di tutte le battaglie combattute. Le vicende belliche cittadine ebbero termine il 25 novembre 1783, quando le ultime forze britanniche lasciarono la città.

    Nel 1785, poco dopo la fine della guerra di indipendenza, New York divenne sede del Congresso della Confederazione; subito dopo la sua creazione, prevista dalla Costituzione, il Congresso degli Stati Uniti d'America ebbe come sede la Federal Hall, in Wall Street. Il 13 settembre 1788 New York divenne la prima capitale degli Stati Uniti, ruolo che cedette nel 1790 a Philadelphia; sempre a New York venne eletto, il 30 aprile 1789, il primo presidente degli Stati Uniti, George Washington.

    Nei primi decenni dell''800 New York crebbe rapidamente come centro economico: l'approvazione del Commissioners' Plan, nel 1811, portò ad una prima forte espansione della città (che cominciò a coincidere con l'intera isola di Manhattan), con la costruzione di una griglia stradale che produsse il tessuto urbano regolare che caratterizza ancora oggi la città, con strade numerate a distanze fisse; nel 1825, l'apertura del Canale Erie mise in comunicazione diretta il porto di New York sull'Atlantico e il vastissimo retroterra agricolo della regione, fornendo ulteriori spunti per lo sviluppo commerciale di New York. L'immigrazione, diminuita a causa delle guerre in Europa, riprese con vigore.

    La grande carestia che colpì l'Irlanda negli anni tra il 1845 e il 1849 provocò un ingente flusso di immigranti irlandesi, tanto che questi, entro il 1850, costituivano il 25% della popolazione totale della città. Negli anni '40 e '50 dell'Ottocento vennero creati il dipartimento di polizia e il dipartimento per la gestione del sistema scolastico pubblico della città.

    La seconda metà del XIX secolo vide l'inizio dell'ascesa della Tammany Hall, un'organizzazione politica interna al Partito Democratico che era stata fondata alla fine del XVIII secolo (prendendo poi il nome dalla sua sede, per l'appunto la Tammany Hall, situata sulla East 14th Street) e che aveva incrementato la propria influenza fornendo assistenza alle grandi masse di immigrati poveri, specialmente irlandesi, che arrivarono a New York. A partire dal 1855, con l'elezione a sindaco di Fernando Wood, la Tammany Hall acquisì sempre più potere all'interno della città mantenendolo fino alla metà del XX secolo.

    Nel 1857, la spinta di alcuni membri dell'aristocrazia mercantile cittadina portò alla progettazione di Central Park; iniziato nel 1859 e completato nel 1873, divenne uno dei maggiori parchi urbani al mondo.

    Durante la guerra civile, che contrappose gli Stati Uniti del nord e del sud fra il 1861 e il 1865, i forti legami commerciali con gli stati del sud, la sua crescente popolazione immigrata e il malcontento popolare per la coscrizione obbligatoria provocarono divisioni nella popolazione di New York; questo malcontento culminò con i disordini del 1863 la cui violenza indusse il presidente Abraham Lincoln ad inviare truppe di volontari e reggimenti di milizie armate. Terminata la guerra civile, il tasso di immigrazione dall'Europa crebbe rapidamente e New York divenne la prima meta di milioni di persone in cerca di fortuna negli Stati Uniti; questo suo ruolo di "porta di accesso" venne riconosciuto con la donazione da parte della Francia della Statua della Libertà, che venne inaugurata nel 1886.

    Nel 1898 venne formata la moderna città di New York, tramite l'accorpamento (consolidation) di Manhattan con la città, fino ad allora indipendente, di Brooklyn e con alcune aree esterne; ogni forma di governo locale venne abolita e i loro poteri attribuiti al neonato organismo municipale, che venne chiamato Greater New York. Nel periodo fra il 1898 e il 1914 vennero create le cinque contee che oggi costituiscono la municipalità di New York (Kings, New York, Bronx, Queens e Richmond).


    Un'immagine di Mulberry Street (Lower East Side), intorno al 1900.
    Manhattan vista dal Rockefeller Center, 1932.L'ampliamento della città rese necessari consistenti investimenti per l'incremento della mobilità urbana fra i vari borough che vennero a costituirla: il ponte di Williamsburg venne costruito nel 1903; la metropolitana, inizialmente gestita dalla Interborough Rapid Transit Company, venne inaugurata nel 1904; la costruzione del ponte di Manhattan risale al 1909; nel 1913, invece, venne inaugurato il Grand Central Terminal, all'epoca una delle maggiori stazioni ferroviarie del mondo.

    Nei primi anni del XX secolo si verificarono inoltre alcuni disastrosi incendi: nel giugno del 1904 più di 1.000 persone, per la grande maggioranza immigrati tedeschi, perirono nell'incendio dell'imbarcazione a vapore General Slocum; nel marzo del 1911, nell'incendio di uno stabilimento tessile (la Triangle Shirtwaist Factory, a Greenwich Village) persero la vita 146 lavoratori. Queste tragedie ebbero come risultato un notevole miglioramento nell'organizzazione dei servizi antincendio, oltre che nella definizione di precise norme per la costruzione degli edifici e l'allestimento dei luoghi di lavoro.

    Nei primi decenni del secolo New York accentuò ulteriormente il suo carattere di centro mondiale per la cultura, l'industria, l'economia e le comunicazioni. Nel 1925, e per un certo periodo di tempo, New York divenne la città più popolata del mondo, sorpassando Londra; Lo sviluppo della città veniva esibito anche attraverso la costruzione di numerosissimi grattacieli, la cui costruzione, iniziata nel 1911 con il Woolworth Building, proseguì nei decenni seguenti rendendo i grattacieli uno degli elementi caratteristici dello skyline di New York. Questi rapidi cambiamenti portavano però come conseguenze negative un forte aumento della criminalità (favorito anche dalla normativa proibizionistica di quegli anni) e della povertà di larghe fasce della popolazione.

    A partire dagli anni '20 New York vide inoltre l'afflusso di immigrati di colore provenienti dagli stati del Sud (parte della grande migrazione afroamericana, quando più di un milione di neri lasciarono le loro dimore nel sud per andare a lavorare nelle città industriali del nord). Questo movimento di popolazione si inserì nel clima del rinascimento di Harlem, un importante movimento artistico e culturale sorto ad opera delle comunità afroamericane degli Stati Uniti che ebbe il suo centro propulsore nel quartiere newyorchese di Harlem.

    Questa situazione cambiò drasticamente negli anni '20 e '30 a causa della coincidenza di tre importanti avvenimenti: lo scoppio della prima guerra mondiale, che ridusse di molto per gli anni successivi i traffici commerciali sulle rotte fino a quel momento molto frequentate; l'emanazione di alcuni atti legislativi volti a ridurre l'immigrazione, che fece contrarre le quote di persone che espatriavano dall'Europa alla volta degli Stati Uniti; la grande depressione dei primi anni '30, provocata dai crolli delle borse del 1929, che fece cessare bruscamente la richiesta di nuovi posti di lavoro. La popolazione di New York, dopo molti anni di crescita tumultuosa, si era relativamente stabilizzata; questa relativa "tranquillità" rese possibili alcuni importanti miglioramenti nelle condizioni di vita della maggior parte dei suoi abitanti. Le organizzazioni sindacali chiesero ed ottennero nuove protezioni e diritti per la classi lavoratrici, fino ad allora poco tutelate; durante il mandato di Fiorello La Guardia, sindaco repubblicano e riformatore eletto nel 1934, la città subì una significativa risistemazione: la rete infrastrutturale cittadina venne ridisegnata e ampliata, le aree verdi furono ingrandite e riorganizzate e molte aree precedentemente disagiate e malfamate vennero risanate, sotto la direzione di Robert Moses.

    Questi anni videro anche la definitiva scomparsa della Tammany Hall, l'organizzazione politica del Partito Democratico che aveva pesantemente influito sulla vita politica newyorchese fin dalla metà dell''800.

    New York emerse dalla guerra come "capitale del mondo", con la borsa di Wall Street che guidava la crescita economica americana; l'ONU, nel 1951, spostò la sua sede da Flushing Meadows, nel Queens, a Manhattan. Il ritorno dei numerosissimi reduci di guerra e l'arrivo di nuove ondate di immigrati diedero fiato ad un nuovo sviluppo economico cittadino.

    Negli anni '60 la visione urbanistica di Robert Moses, vincente negli anni '30 e '40, cominciò a perdere attrattiva a favore delle visioni anti rinnovamento urbano di Jane Jacobs, esplicate nel suo The Death and Life of Great American Cities, del 1961, nel quale venivano fortemente criticate le opere di riorganizzazione cittadina che portavano, a suo dire, alla costruzione di spazi urbani considerati "innaturali".

    Come molte grandi città americane, a partire dagli anni '60 anche New York cominciò ad essere interessata da rivolte a sfondo razziale, guerre fra bande e declino industriale. Attivisti di strada e gruppi organizzati rappresentativi di minoranze come le Pantere nere (afroamericani) e gli Young Lords (portoricani) cominciarono lotte, a volte anche con metodi violenti, chiedendo maggiori servizi pubblici in zone povere e disagiate della città.

    Dall'inizio degli anni '70 New York si era guadagnata la fama di città violenta, ostaggio del crimine e senza futuro. Nel 1975 la città arrivò molto vicino alla bancarotta, evitandola solo grazie ad un prestito federale e una ristrutturazione del debito da parte della Municipal Assistance Corporation; il consiglio comunale venne inoltre obbligato ad accettare una maggiore ingerenza da parte degli enti di controllo dello Stato di New York. Nel 1977, la città fu colpita da un imponente blackout; nello stesso anno, la città fu terrorizzata dalle gesta del serial killer David Berkowitz, conosciuto come son of Sam (il figlio di Sam).

    Questi eventi segnarono il culmine della lunga fase di declino in cui si era infilata New York; lo scontento popolare risultò nell'elezione a sindaco (avvenuta nel 1978) di Ed Koch, che aveva promesso un radicale repulisti della città.

    I tre mandati del sindaco Ed Koch, che mantenne la carica per quasi tutti gli anni '80, videro una certa crescita della città, dopo il forte declino sofferto nei decenni precedenti. Il boom di Wall Street alimentava una certa speculazione immobiliare e la disoccupazione diminuì sensibilmente; la reputazione della città restava comunque quella di una città vittima del crimine e del disordine, che era in effetti una presenza comune nella vita dei suoi abitanti.

    Gli anni '80 furono un decennio di frequenti tensioni razziali, con numerosi casi di reati violenti a sfondo razzista: fra i più efferati, si possono ricordare i casi di Willie Turks nel 1982, quello di Michael Griffith nel 1986, quello di Yusef Hawkins nel 1989 e, sempre nel 1989, il caso di Trisha Meili (nota come Central Park Jogger). Sempre nello stesso decennio assunse nuova importanza il problema degli homeless; a partire dal 1986 vennero gradualmente eliminate alcune discriminazioni di cui avevano sofferto gli omosessuali newyorchesi, principalmente riguardo alle politiche abitative e del lavoro.

    Nel 1989 Ed Koch, al suo terzo mandato consecutivo, perse le primarie del Partito Democratico a favore di David Dinkins, che nelle successive elezioni municipali sconfisse il candidato repubblicano Rudolph Giuliani diventando il primo sindaco afroamericano nella storia di New York. Durante i quattro anni della sua amministrazione il livello di criminalità cominciò a diminuire; tuttavia, nello stesso periodo le rivolte e gli scontri a sfondo razziale continuarono (ad esempio, la rivolta di Crown Heights del 1991) e l'economia si mantenne piuttosto depressa (nel gennaio 1993 il tasso di disoccupazione cittadino raggiunse il più alto livello dopo la fine della Grande Depressione), tanto da portare ad un veloce calo della popolarità di Dinkins che, nel 1994, alla fine del primo mandato, perse le elezioni a favore di Rudolph Giuliani.

    Giuliani rimase al potere a New York per otto anni, dal 1994 alla fine del 2001. Durante questo periodo l'economia cittadina si riprese dalla crisi a ritmi piuttosto rapidi, seguendo l'andamento dell'economia sia nazionale che internazionale, accompagnata però dalla crescita e dallo scoppio della bolla della new economy, una bolla speculativa legata alla nascita e allo sviluppo di società legate a Internet. Il tratto più distintivo dell'operato di Giuliani come sindaco fu però quello di una lotta senza quartiere alla microcriminalità che continuava ad affliggere la metropoli newyorchese; alfiere della tolleranza zero, Giuliani ottenne una drastica diminuzione degli atti criminosi a prezzo però di frequenti frizioni con alcuni gruppi etnici della città, che accusavano la polizia di eccessiva brutalità.


    La Statua della Libertà con, sullo sfondo, le Torri Gemelle in fiamme subito dopo gli attentati dell'11 settembreVerso la fine dei due mandati dell'amministrazione Giuliani, l'11 settembre 2001 la città di New York venne colpita dagli attentati più violenti e sanguinosi della sua storia, quando due aerei, dirottati da alcuni terroristi legati all'organizzazione islamica Al-Qaida, si schiantarono in ognuna delle due Torri Gemelle; l'attentato, che ebbe una possente risonanza in tutto il mondo, fece quasi 3.000 vittime e diede l'inizio ad una serie di violente reazioni americane contro gli Stati accusati di ospitare le basi operative dei terroristi. Un altro grave incidente aereo, due mesi più tardi, fece ripiombare New York nell'incubo del terrorismo, anche se poi venne accertato che le cause non erano da ricollegarsi ad atti terroristici.

    Nessun evento particolarmente significativo ha interessato la città nei restanti anni del XXI secolo, che videro nel 2002 l'elezione a sindaco di Michael Bloomberg; la città in questi anni ha continuato a guadagnare popolazione, attestandosi poco sotto gli 8,4 milioni di abitanti delle stime del 2009. Fra gli eventi più significativi che hanno interessato la città in questo scorcio di XXI secolo sono il grande blackout del 2003, che ha interessato il nordest degli Stati Uniti, e la corsa alle Olimpiadi del 2012, in una competizione poi vinta dalla città di Londra.

    La popolazione di New York è tra le più variegate del mondo, sia dal punto di vista culturale che etnico. Da sempre una delle mete principali degli immigrati provenienti da ogni parte del mondo, oggi il 36% degli abitanti della città sono nati all'estero. L'immigrazione recente vede i seguenti paesi ai primi posti: Repubblica dominicana, Cina, Giamaica, Guyana, Messico, Ecuador, Haiti, Trinidad e Tobago, Colombia e Russia; in città si contano circa 170 differenti lingue parlate. Inoltre ha la più vasta comunità afroamericana degli Stati Uniti (31%), la più numerosa comunità ebraica al di fuori di Israele (12%) e la più numerosa comunità portoricana al di fuori di Porto Rico.

    La popolazione è così suddivisa:

    bianchi 35,0%
    ispanici 27,1%
    neri 26,6%
    asiatici 10,2%
    nativi americani 1,1%
    L'8,7% ha origini italiane, il 6,9% ha origini caraibiche, il 5,3% irlandese, il 3,2% tedesche, il 3,0% russe.

    La città viene amministrata secondo uno statuto stabilito dall'assemblea legislativa dello Stato di New York. Per quanto soggetta allo stato, la città gode di un elevato grado di autonomia legislativa ed esecutiva. Come in gran parte degli Stati Uniti, il governo cittadino si articola in un ramo esecutivo, uno legislativo ed uno giudiziario.

    Il potere esecutivo è affidato al sindaco, che viene scelto tramite un voto popolare diretto. Il sindaco attuale è Michael Bloomberg, un ex democratico e un ex Repubblicani attualmente indipendente, la prima volta nel 2001, poi nel 2005 con il 59% dei voti e infine nel 2009 con un margine del 20% sull'avversario democratico Fernando Ferrer. Durante il primo mandato Bloomberg ha preso il controllo del sistema educativo cittadino dallo Stato, ha condotto un'aggressiva politica di sanità pubblica, soprattutto ha contribuito a far ripartire l'economia cittadina dopo l'11 settembre. Durante il suo secondo mandato ha attuato una politica restrittiva sulle armi da fuoco e la riforma scolastica.

    Il potere legislativo è esercitato da un Consiglio cittadino di 51 membri, ciascuno dei quali rappresenta un distretto elettorale di circa 160.000 persone. Sia il sindaco che il consiglio restano in carica 4 anni: le ultime elezioni si sono tenute nel 2009.

    Dal punto di vista giudiziario, poiché New York si estende su 5 diverse contee (corrispondenti alle 5 circoscrizioni o boroughs), essa è leggermente anomala rispetto al resto degli Stati Uniti: la giustizia penale, infatti, viene esercitata dalle Corti delle singole contee, mentre la giustizia civile viene esercitata da un'unica Corte; inoltre alcuni giudici vengono nominati dal sindaco per periodi di 10 anni, anziché essere eletti.

    I dipartimenti più noti dell'amministrazione cittadina sono quello della polizia e i vigili del fuoco.

    La città è tradizionalmente controllata dal Partito Democratico. I Democratici controllano la maggioranza degli uffici elettivi e l'87% degli elettori si registrano come Democratici.

    La New York City Hall è la sede del governo cittadino e luogo di riunione del Consiglio. L'ufficio del sindaco si trova, assieme a circa altre tredici agenzie comunali, nel vicino Manhattan Municipal Building, uno degli edifici amministrativi più grandi del mondo. Praticamente tutti coloro che rivestono cariche nello Stato di New York, compreso il Governatore e il Procuratore Generale, hanno uffici a Manhattan e lo stesso si può dire per entrambi i senatori degli Stati Uniti eletti nello Stato. Essendo sede delle Nazioni Unite, New York ospita anche il corpo consolare più ampio tra tutte le città del pianeta.

    Poiché lo stato di New York, soprattutto grazie all'elettorato di New York City, assegna ampie maggioranze ai Democratici nelle elezioni nazionali, molti osservatori ritengono che la città conti poco nelle elezioni presidenziali. Essa, comunque, è la più importante fonte di finanziamenti alla politica di tutti gli Stati Uniti. Dei cinque codici d'avviamento postale più generosi nei contributi, quattro sono a Manhattan. Il più generoso in assoluto è il 10021, nell'Upper East Side e, nella campagna presidenziale del 2000, è stato il principale finanziatore sia per George W. Bush che per Al Gore.

    New York è divisa amministrativamente in 5 borough coincidenti, a fini giudiziari, con altrettante contee. Ogni borough si divide poi in numerosi quartieri, molti dei quali con una ben definita identità.

    Ecco una lista (i dati sulla popolazione sono aggiornati al luglio 2002):

    Manhattan (Contea di New York, 1.629.054 abitanti), è il centro culturale, amministrativo e degli affari. Manhattan è la zona più densamente popolata della città e ospita gran parte dei luoghi e degli edifici che la caratterizzano maggiormente. A Manhattan si trova, ad esempio, la maggior parte dei grattacieli newyorkesi. Da menzionare il celebre quartiere di Harlem, a prevalenza afro-americana.
    Bronx (Contea del Bronx, 1.397.287 abitanti), è l'unico distretto a trovarsi quasi interamente sulla terra ferma (fanno eccezione alcune isole minori). È delimitato a est dal Long Island Sound, a sud dall'East River e a ovest dall'estuario del fiume Hudson. Associato a immagini di povertà e violenza (che non corrispondono del tutto alla realtà dei fatti), è abitato per la maggior parte da immigrati dall'America latina e da loro discendenti, nonché da molti afro-americani. Non mancano, comunque, quartieri ad alto reddito, come Riverdale. Il Bronx è la culla della cultura hip hop e ospita lo stadio dei New York Yankees, il leggendario Yankee Stadium.
    Brooklyn (Contea di Kings, 2.567.098 abitanti) è il distretto più popolato. Fino al 1898 era una città indipendente e ha conservato forti caratteri propri. Dispone di un distretto finanziario e di molte aree residenziali, anche storiche.
    Queens (Contea del Queens, 2.306.712 abitanti) è il distretto più esteso e la contea degli Stati Uniti più varia dal punto di vista etnico. Si affaccia a nord sul Long Island Sound. Prima di unirsi a New York, era composto da piccole città e villaggi, fondati dagli Olandesi. Due dei maggiori aeroporti della città hanno sede a Queens: si tratta del La Guardia Airport e del John F. Kennedy International Airport. Al Queens era situato il leggendario Shea Stadium.
    Staten Island (Contea di Richmond, 491.730 abitanti) è un distretto dal carattere residenziale.
    In ciascun distretto viene eletto un presidente, che però non ha grandi poteri esecutivi (quasi tutti esercitati dal sindaco di New York).

    Insieme a Londra e Tokyo, New York è considerata una delle città guida dell'economia mondiale. Da sola produce un reddito di 1300 miliardi di dollari, il più alto tra le grandi città USA.

    Banche, attività finanziarie, assicurazioni, società di revisione contabile, agenzie immobiliari e studi legali sono i principali pilastri dell'economia cittadina. I mercati borsistici cittadini (New York Stock Exchange detto "Wall Street" dal nome della via in cui ha sede, il NASDAQ, l'American Stock Exchange, il New York Mercantile Exchange e la New York Board of Trade), ne fanno indubbiamente la più importante piazza borsistica del mondo. Molte delle maggiori banche d'affari mondiali hanno sede in città (ad es. Citigroup, Goldman Sachs, J.P. Morgan Chase, Merrill Lynch).

    Aveva la sua sede nel World Financial Center anche la società finaziaria Lehman Brothers, andata in bancarotta il 15 settembre 2008 durante la crisi economica mondiale denominata "Crisi dei subprime".

    Hanno sede a New York anche numerose multinazionali operanti in tutti i settori produttivi. Oltre ad essere la città che ospita il maggior numero di corporations della lista Fortune 500, il numero di aziende estere che operano a New York non ha eguali negli Stati Uniti.

    L'industria manifatturiera occupa una notevole percentuale della popolazione attiva, ma il suo ruolo è declinante. I settori principali sono la chimica, la metallurgia, l'abbigliamento, l'alimentare ed i mobili.

    Anche il porto di New York, un tempo il più importante del mondo, ha subito un netto declino, sebbene le banchine (negli ultimi decenni per la maggior parte spostate da Brooklyn al New Jersey) conoscano ancora un certo traffico e siano al quindicesimo posto nel mondo come movimento merci.

    Un ruolo economico importante è svolto anche dall'industria culturale: hanno sede a New York studi televisivi (ABC, CBS, NBC) e cinematografici (per quanto in misura decisamente inferiore rispetto a Los Angeles), oltre a numerosi gruppi editoriali (ad es. McGraw-Hill, The New York Times Company, Time Warner).

    I settori "creativi" (design, studi d'architettura, moda) come quelli legati all'alta tecnologia ed alla ricerca (soprattutto medica) costituiscono un altro settore in rapida crescita. Importante è anche il turismo.

    Curiosa è l'origine del nome della strada oggi sede della Borsa, Wall Street: esso risale infatti alla colonizzazione, quando gli olandesi, per difendersi dagli attacchi dei nativi americani, eressero in prossimità della strada un muro. Fu da allora che la strada iniziò a chiamarsi appunto la strada del muro, in inglese Wall Street.

    A differenza di gran parte delle aree urbane statunitensi, la maggior parte degli abitanti di New York utilizza i mezzi pubblici anziché le automobili private; ciò è dovuto sia alla presenza di una buona ed efficiente rete di trasporto pubblico (basata sulla metropolitana più estesa del mondo), sia grazie a disincentivi all'uso del mezzo privato, come gli elevati costi dei pedaggi e dei parcheggi e il notevole traffico, soprattutto nelle ore di punta.

    Celebri sono sicuramente i taxi di colore giallo, disponibili a tutte le ore del giorno e della notte. I prezzi di una corsa in taxi non sono particolarmente elevati.

    New York dispone di 3 importanti aeroporti: l'Aeroporto internazionale John F. Kennedy (JFK), situato a Jamaica (nel Queens) e a 25 km da Manhattan; il Newark Liberty International Airport (EWR), nello stato del New Jersey; e il Fiorello LaGuardia Airport (LGA), situato invece a Jackson Heights (nel Queens), usato quasi esclusivamente per i voli interni USA.

    Dal JFK, che serve 45 milioni di passeggeri l'anno con i suoi 9 terminal grandissimi e molto affollati, il mezzo più rapido per raggiungere Manhattan è l'elicottero, che impiega soli 15 minuti; per fare un raffronto, una corsa in taxi può durare dai 45 ai 60 minuti e oltre, a seconda del traffico. Il mezzo forse più economico, invece, è costituito dalla combinazione dell' Airtrain con la rete di trasporti locale. L' Airtrain è il sistema di treni sopraelevati (inaugurato nel 2004) che collega i vari terminali dell'aeroporto alla fermata "JFK/Howard Beach" della metropolitana e alla fermata "Jamaica" del treno (linee LIRR, Long Island Rail Road). Da "JFK/Howard Beach" si raggiunge Manhattan in circa 40-60 minuti (a seconda della destinazione). Da "Jamaica" si raggiunge Penn Station in circa 15-20 minuti.

    Anche Newark Liberty ha un sistema Airtrain che si collega alla stazione "Newark Airport" del treno (linee New Jersey Transit). Da lì si raggiunge Penn Station a Manhattan in circa 30 minuti.

    Diverse linee di autobus e bus-navetta, infine, collegano i vari aeroporti a Midtown.

    Il sistema di trasporto locale è basato principalmente sulla metropolitana (subway), il mezzo più rapido per spostarsi in città. La rete, che è molto estesa (1142 km e 469 stazioni), è caratterizzata dalla presenza sia di treni locali (fermano in tutte le stazioni), che treni espressi (fermano solo nelle stazioni principali).

    Grazie ad una rete di ferrovie e di autobus locali, poi, è possibile raggiunge diverse località, da Long Island al New Jersey al Connecticut e alla parte continentale dello stato di New York. Queste linee sono gestite da diverse società, tra cui le più importanti sono:

    l'MTA (Metropolitan Transportation Authority), che fa capo principalmente alla città di New York e gestisce la metropolitana, gli autobus urbani e i treni verso Long Island (LIRR) e verso Nord (Metronorth);
    la Port Authority of New York and New Jersey, sotto il controllo congiunto degli stati di New York e New Jersey, che gestisce il PATH (Port Authority Trans Hudson), la metropolitana extracittadina che collega Manhattan al New Jersey, e diverse linee di autobus che convergono al Port Authority Bus Terminal, vicino a Times Square;
    la New Jersey Transit, società dello stato del New Jersey, che gestisce le linee ferroviarie che dal New Jersey terminano a Penn Station, oltre che a molte linee di autobus.

    Il primo convoglio circolò il 27 ottobre 1904, oggi conta più di 1100 km di rotaie, 26 linee, 468 stazioni e 6450 carrozze.

    I convogli possono andare Uptown, cioè verso nord, o downtown, cioè verso sud. Esistono due tipi di treno, i local, che si fermano ad ogni stazione e gli express che si fermano solo nelle stazioni più importanti.

    La metropolitana funziona 24 ore su 24, le ore di punta sono dalle 7.30 alle 9.00 e tra le 17.00 e le 18.30.

    Le linee sono contraddistinte da lettere o numeri. Ad ogni fermata si possono trovare gratuitamente le cartine, che sono sorprendentemente di facile lettura, grazie ai colori con cui vengono differenziate tutte le linee. Le fermate locali vengono indicate con un cerchio nero, le fermate express con un cerchio bianco, in ogni caso prima di salire per essere sicuri controllare il simbolo in testa al treno, se il numero è dentro un cerchio il treno è local se il numero è dentro un rombo il treno è express.

    Sei milioni di persone usano la metropolitana ogni giorno; le modifiche al percorso a causa di riparazioni sono all'ordine del giorno, leggere sempre i "Service Notice", poster bianchi e rossi appesi nelle bacheche.

    I percorsi degli autobus seguono le streets da est a ovest, e le avenues da nord a sud.

    Per molti newyorkesi l’autobus non rientra tra le opportunità di trasporto, in quanto viene considerato come un mezzo lento e inaffidabile il cui unico scopo sia trasportare gli anziani.

    In servizio 24 ore, le fermate si trovano ad intervalli di pochi isolati.

    Per le corse suburbane, si parte dal Port Authority Bus Terminal.

    Gli autobus indicati da una M vicino al numero, indicano che viaggia solo a Manhattan, B per Brooklyn, Q per Queens, Bx per Bronx e S per Staten Island. Ci sono tre tipi di autobus: regular, che fermano ogni 2/3 isolati a intervalli di 5/10 minuti, limited stop, si fermano ad un quarto delle fermate dei regular, e gli express che costano di più ma fanno poche fermate.

    Le fermate sono indicate da linee gialle sul cordolo del marciapiede e da cartelli rossi e bianchi, ma dopo la mezzanotte si può chiedere al conducente di scendere in qualsiasi punto.

    Tutti gli autobus sono equipaggiati con elevatore per le carrozzine.

    Il sistema dei trasporti terrestri, è poi integrato da una serie di molto economici traghetti (ferries), che collegano soprattutto Manhattan verso ovest allo stato del New Jersey (attraversando il fiume Hudson) e verso sud a Staten Island (traghetto gratuito, che fornisce una buona vista della Statua della Libertà e di Ellis Island).

    A Manhattan esistono i medallion cab, riconoscibili dalla carrozzeria gialla e dalla licenza. I taxi sono molto economici, ma spesso sono piuttosto antiquati, poco puliti e molto spesso guidati da stranieri appena giunti a New York che frequentemente non conoscono bene la lingua inglese, ed hanno un'idea soltanto sommaria delle strade e quartieri più remoti dei cinque boroughs. Solitamente, i taxi di Manhattan hanno un cartellone pubblicitario sopra l'abitacolo.

    New York ospita numerose manifestazioni sportive. All'estero, le più famose sono probabilmente la Maratona di New York (che si tiene la prima domenica del mese di novembre) ed il torneo di tennis dell'Open degli Stati Uniti (che si tiene a Flushing Meadows, Queens), ma entro gli Stati Uniti la città è nota soprattutto per le numerose squadre professionistiche ospitate nella sua area metropolitana. Ecco un breve elenco:

    I New York Yankees e i New York Mets (MLB, baseball) giocano rispettivamente allo Yankee Stadium (Bronx) e al Citi Field (Flushing, Queens)
    I New York Giants e i New York Jets (NFL, football americano) giocano al Meadowlands Stadium (Meadowlands, New Jersey)
    I New York Knicks e i New Jersey Nets (NBA, basket) giocano rispettivamente al Madison Square Garden (Manhattan) e al Prudential Center (Newark, New Jersey).
    Le New York Liberty (WNBA, basket femminile) giocano al Madison Square Garden (Manhattan)
    I New York Islanders e i New York Rangers (NHL, hockey su ghiaccio) giocano rispettivamente al Nassau Veterans Memorial Coliseum (Uniondale, New York) e al Madison Square Garden (Manhattan).
    I New York Red Bulls (MLS, calcio) giocano al Red Bull Arena (Meadowlands, New Jersey).
    I New York Titans (NLL, lacrosse).

    La città vanta diversi soprannomi, indice della sua notorietà a livello planetario: la Grande mela (the Big Apple), Gotham City, la città che non dorme mai e "the Naked City", la città nuda. È stata anche definita "Città Mondo". Un altro soprannome di cui gode la città statunitense è quello di "City of liberty" ovvero "Liberty City" alla quale è ispirato il celebre videogame "Grand Theft Auto IV".

     
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289 replies since 19/10/2010, 13:31   21822 views
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