ENZO JANNACCI

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    ENZO JANNACCI

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    Vincenzo Jannacci, detto Enzo, nato a Milano il 3 giugno 1935, è morto nella sua città. Aveva 78 anni. Dopo aver lottato con la malattia che lo opprimeva da anni. Si è spento nella clinica Columbus di Milano, dove era ricoverato da alcuni giorni. Malato di cancro, negli ultimi giorni le sue condizioni di salute erano peggiorate, per questo motivo era tornato in clinica. Stasera se n'è andato intorno alle 20,30. Con lui, in ospedale, c'era tutta la famiglia.
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    Jannacci è stato un cantautore, cabarettista, attore e cardiologo italiano. Cinquant'anni di carriera senza schemi fissi, oltre i confini. Dopo aver registrato quasi trenta album, alcuni dei quali indimenticabili, è ricordato come uno dei pionieri del rock and roll italiano, insieme a Celentano, Tenco, Little Tony e Gaber, con il quale formò un sodalizio durato più di quarant'anni. Basta dire Gaber e Jannacci per evocare una Milano che non c'è più, quella della nebbia, già grande città ma non ancora metropoli, una Milano romantica, popolata di personaggi bizzarri e poetici. Di madre pugliese e padre lombardo, Jannacci la sua Milano l'ha sempre portata addosso. Come Gaber, che aveva conosciuto a scuola, all'Istituto classico Alessandro Manzoni. Alla sua morte, il dottore cantautore, riuscì a dire soltanto "ho perso un fratello".
    www.repubblica.it/persone/2013/03/2...morto-55616988/

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    Vincenzo Jannacci detto Enzo (Milano, 3 giugno 1935 – Milano, 29 marzo 2013) è stato un cantautore, cabarettista, attore e cardiologo italiano, tra i maggiori protagonisti della scena musicale italiana del dopoguerra.

    Caposcuola del cabaret italiano, nel corso della sua cinquantennale carriera ha collaborato con svariate personalità della musica, dello spettacolo, del giornalismo, della televisione e della comicità italiana, divenendo artista poliedrico e modello per le successive generazioni di comici e di cantautori.

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    Autore di quasi trenta album, alcuni dei quali rappresentano importanti capitoli della discografia italiana, e di varie colonne sonore, Enzo Jannacci, dopo un periodo di ombra nella seconda metà degli anni novanta, è tornato a far parlare di sé ottenendo vari premi alla carriera e riconoscimenti per i suoi ultimi lavori discografici.

    È ricordato come uno dei pionieri del rock and roll italiano, insieme ad Adriano Celentano, Luigi Tenco, Little Tony e Giorgio Gaber, con il quale formò un sodalizio durato più di quarant'anni.


    Il ramo paterno della famiglia è di origine pugliese: il nonno, Vincenzo, era emigrato a Milano da Bari poco prima dello scoppio della prima guerra mondiale, mentre quello materno è lombardo; il padre, che aveva due fratelli e una sorella (Vincenzo, Giacomo, e Angioletta da cui nacquero Pierangela, Domenico, Alfredo e Bruno) era un ufficiale dell'aeronautica e lavorava all'aeroporto Forlanini (in seguito rinominato Milano Linate), partecipò alla Resistenza e in particolare alla difesa della sede dell'Aviazione milanese di piazza Novelli, un'impresa che ispirerà poi canzoni come Sei minuti all'alba.

    Dopo avere terminato nel 1954 gli studi liceali presso l'Istituto classico Alessandro Manzoni, dove conosce Giorgio Gaber, si laurea in medicina all'Università di Milano. Per ottenere la specializzazione in chirurgia generale si trasferisce in Sudafrica, entrando nell'equipe di Christiaan Barnard, in seguito si reca negli Stati Uniti. Il 23 novembre 1967 si sposa con Giuliana Orefice, che dà alla luce (il 5 settembre 1972) il loro unico figlio Paolo, divenuto musicista e direttore d'orchestra.

    Il 1º gennaio 2003, il primo giorno di pensione di Jannacci, l'amico Giorgio Gaber muore dopo una lunga malattia nella propria casa vicino a Camaiore. Ai funerali di due giorni dopo (all’Abbazia di Chiaravalle, dove Gaber si era sposato con Ombretta Colli) Enzo partecipa, riuscendo a dire soltanto «ho perso un fratello».

    Carriera

    Gli esordi ed il sodalizio con Giorgio Gaber

    La carriera di musicista inizia negli anni cinquanta. Dopo il diploma in armonia, composizione e direzione d'orchestra ed otto anni di pianoforte presso il Conservatorio di Milano con il maestro Gian Luigi Centemeri, inizia - all'età di vent'anni - a frequentare gli ambienti del cabaret, mettendo subito in mostra le proprie doti di intrattenitore e presentatore. Nel frattempo, si avvicina al jazz e comincia a suonare in alcuni locali milanesi, ma contemporaneamente scopre anche il rock and roll, genere nuovo che stava ottenendo grande successo in America con artisti del calibro di Chuck Berry e Elvis Presley.

    Nel 1956 diventa tastierista dei Rocky Mountains, alla cui voce c'è Tony Dallara e che si esibiscono ripetutamente alla Taverna Mexico, all'Aretusa ed al club Santa Tecla, ottenendo grande successo; tuttavia, alla fine di quell'anno, Jannacci lascia il gruppo e, grazie all'amico Pino Sacchetti, conosce Adriano Celentano, che gli propone di entrare come tastierista nel suo complesso, i Rock Boys, con cui si esibisce nei locali sopracitati ed in particolare al Santa Tecla.

    Il 17 maggio 1957 la band suona al primo "Festival italiano di rock and roll", che si tiene nel Palazzo del Ghiaccio e che costituisce una svolta all'interno del panorama musicale nostrano; il gruppo suona la canzone Ciao ti dirò, che si rivela un successo e permette a Celentano di acquisire vasta fama ma, soprattutto, gli fa ottenere un contratto con la casa discografica Music.

    Alla fine del 1958 Jannacci, (pur continuando a suonare con i Rock Boys), forma un duo con Gaber, noto con il nome di "I Due Corsari", che debutta nel 1959 con alcuni 45 giri incisi per la Dischi Ricordi; la fortunata esperienza prosegue anche nell'anno successivo con altri due 45 giri e con due flexy-disc, intitolati Come facette mammeta (un classico della canzone umoristica napoletana) e Non occupatemi il telefono, usciti in abbinamento alla rivista "Il musichiere".
    In quel periodo l'ambiente musicale milanese si infervora grazie a cantanti rock come Clem Sacco, Guidone, Ricky Gianco ed Adriano Celentano (partecipa come pianista ad alcune sue incisioni per la Jolly), tuttavia, questo cambiamento nella musica popolare italiana si registra anche in altri centri come, per esempio, Genova dove s'impongono Umberto Bindi, Bruno Lauzi, Luigi Tenco e Gino Paoli, vicini alla Dischi Ricordi: con questi ultimi Jannacci collabora in vari progetti.

    L'inizio della carriera da solista e l'esperienza teatrale

    Come jazzista suona con musicisti dello spessore di Stan Getz, Gerry Mulligan, Chet Baker e Franco Cerri, con i quali registra numerosi dischi, mentre è da Bud Powell che impara a lavorare sulla tastiera prevalentemente con la mano sinistra. Dopo i primi 45 giri incisi con Gaber, debutta come solista con canzoni quali L'ombrello di mio fratello e Il cane con i capelli: sono brani nei quali il cantautore milanese fa già intuire uno stretto rapporto tra la musica e la comicità surreale, un legame che caratterizzerà gran parte della sua produzione artistica. A questo filone, quasi precursore del demenziale (che lui stesso definisce "schizo", abbreviazione di schizoide), si affiancano subito brani più romantici ed introspettivi, come Passaggio a livello, delicata canzone d'amore che Luigi Tenco reincide valorizzando Jannacci anche come autore e pubblicata dalla Tavola Rotonda insieme a Il giramondo nel 1961.

    Intanto, continua la fortunata esperienza dei Due Corsari; tutti i 45 giri pubblicati nel biennio 1959-1960, tra cui le celebri Birra, Fetta di limone e Tintarella di luna vengono raccolti una decina di anni dopo nell'album Enzo Jannacci e Giorgio Gaber, pubblicato dalla Family, una sottoetichetta della Ricordi. Nel frattempo i Rock Boys si sono sciolti, e dalle loro ceneri (con alcuni cambi di formazione) sono nati I Ribelli: Jannacci continua a suonare con loro, e partecipa ai primi due 45 giri del gruppo (Enrico VIII e Alle nove al bar, entrambi del 1960); abbandona poi il complesso per dedicarsi soprattutto alla sua carriera solista.

    Nel febbraio 1961 Giorgio Gaber partecipa al Festival di Sanremo con una canzone scritta da Jannacci, Benzina e cerini, che non ha però grande fortuna, essendo esclusa dalla finale. Successivamente scrive Un nano speciale e L'artista, nelle quali Enzo racconta di individui poveri, patetici ed emarginati, una tematica che gli sarà molto cara e che affronterà ripetutamente nell'arco di tutta la sua carriera di cantautore. Il 1º dicembre la Ricordi pubblica il 45 giri di Enzo Il cane con i capelli / Gheru gheru, distribuito – in una bizzarra quanto antesignana operazione di marketing – abbinato a un grande cane di peluche con tanto di capelli. All'inizio del 1962, il regista teatrale Filippo Crivelli lo scrittura per lo spettacolo Milanin Milanon, in cui recita insieme a Tino Carraro e Milly e per il quale compone una delle sue prime canzoni in dialetto milanese, Andava a Rogoredo. Poco dopo, con l'aiuto dell'animatore Bruno Bozzetto, firma un simpatico sketch per la televisione, Pildo e Poldo, che apparirà nella trasmissione Carosello fino al 1964.

    Il debutto su piccolo e grande schermo e i primi album

    Nel 1963 segue come pianista la tournée dell'amico Sergio Endrigo, e sempre nello stesso anno inizia ad esibirsi al Derby, locale milanese di cabaret, dove conosce prima Dario Fo, e quindi Cochi e Renato: in entrambi i casi, nascono spontanee amicizie che portano all'inizio di interessanti collaborazioni, soprattutto in ambito musicale. Poco dopo partecipa come comparsa ne La vita agra, pellicola firmata da Carlo Lizzani; canta L'ombrello di mio fratello in un locale nel momento in cui vi entra il protagonista, interpretato da Ugo Tognazzi. Un'altra piccola parte gli verrà riservata nel 1967, quando reciterà per Giorgio Bianchi nel film Quando dico che ti amo. Nel dicembre 1964, viene pubblicato il suo disco di esordio, La Milano di Enzo Jannacci, formato interamente da pezzi cantati in dialetto e contenente uno dei suoi capolavori, El portava i scarp del tennis, commovente racconto della vita sciatta e modesta di un senzatetto milanese; Jannacci la canta alla fine dell'anno nel programma di Mike Bongiorno La fiera dei sogni: è il suo esordio televisivo.

    Allo stesso periodo risalgono due 45 giri: Veronica, con testo scritto da Fo e Sandro Ciotti e Sfiorisci bel fiore, reinterpretato dopo molti anni da Mina, Gigliola Cinquetti e Francesco De Gregori. L'anno successivo Jannacci ritorna a teatro con lo spettacolo 22 canzoni, scritto a quattro mani con Dario Fo, dove sfrutta l'occasione di proporre molti nuovi brani, poi inseriti in un disco dal vivo: Enzo Jannacci in teatro, edito dalla Jolly nel 1965. La modalità di composizione dell'album è decisamente innovativa, trattandosi infatti del primo album italiano live in assoluto: i pezzi presenti nel disco sono dunque quelli cantati nel corso di una delle repliche della rappresentazione teatrale, registrati e quindi riproposti in formato LP. Jannacci vi inserisce inoltre due brani in più, che erano stati interpretati in precedenza da Fo: Aveva un taxi nero (dallo spettacolo I sani da legare, del 1954) e Il foruncolo (che lo stesso drammaturgo varesino aveva presentato a Canzonissima del 1962).

    Tra le canzoni suonate nell'arco dello spettacolo, che riscuote un grande successo e che per questo viene replicato numerose volte (sempre presso il Teatro Odeon di Milano), la più curiosa è La mia morosa la va alla fonte, basata su di una musica del XV secolo che successivamente il giovanissimo Fabrizio De André userà come accompagnamento melodico per una delle sue canzoni più famose, Via del Campo. Nel fare questo, il cantautore genovese sapeva che la ballata fosse stata modificata da Jannacci, e per questo si è reso conto del plagio: tuttavia, dopo alcuni anni i due si sono chiariti, così che De André ha restituito volentieri a Jannacci la paternità musicale della canzone.

    Il 1966 è l'anno di Sei minuti all'alba, dove è affrontato il tema della Resistenza, argomento tra i più cari al musicista milanese per i trascorsi del padre nei corpi partigiani durante la Seconda guerra mondiale; la title-track, dedicata al genitore ed a tutti coloro che condivisero questa difficile esperienza, parla proprio del breve tempo che separa il partigiano, catturato dai nemici, dalla sua fucilazione, che avverrà proprio al sorgere del sole. Soldato Nencini racconta invece delle difficoltà di integrazione di un soldato, proveniente dall'Italia meridionale, in una caserma del Nord e precisamente di Alessandria, dove ai problemi di ambientamento con i commilitoni si aggiunge anche la lettera dell'amata Mariù, che gli annuncia la volontà di separarsi, complice l'incapacità di sopportare la terribile lontananza dall'innamorato.

    Realizza quindi "Papalla", un'altra scenetta per gli spot di Carosello che durerà cinque anni.

    Il tormentone Vengo anch'io... e il successo presto svanito

    Enzo Jannacci torna alla ribalta due anni dopo con un nuovo album, realizzato con la solita collaborazione di Fo e insieme a Fiorenzo Fiorentini: Vengo anch'io. No, tu no, trainato dall'omonimo singolo, diventa in breve tempo campione di vendite e balza in cima alle classifiche italiane, ed il brano giunge addirittura al primo posto dell'hit parade di Lelio Luttazzi. Il cantautore riscuote improvvisamente un grande seguito, che gli vale la partecipazione a diversi show televisivi, come Quelli della domenica, iniziato il 4 febbraio, in compagnia di alcuni amici collegati all'ambiente del Derby (Cochi e Renato, Bruno Lauzi, Lino Toffolo e Felice Andreasi in primis).

    Jannacci non paga lo scotto di essere un "novellino" davanti alle telecamere, dimostrando di sapere calcare nel migliore dei modi i palchi televisivi come quelli del teatro, solitamente a lui più confacenti. Gli apprezzamenti della critica arrivano anche con Ho visto un re, brano cantato insieme a Fo e ad un coro di accompagnamento: il pezzo appare al primo ascolto ironico e nonsense, ma in realtà è infuso di metafore a sfondo politico. Non a caso, diventa uno dei brani simboli del '68, amato proprio per la sua apparente innocenza che nasconde una graffiante satira sociale. Questa caratteristica è ravvisabile anche nella canzone più celebre dell'album, la già citata Vengo anch'io. No, tu no, il cui exploit è certamente dovuto all'apparente semplicità ed orecchiabilità del testo ed in particolare del ritornello: in realtà, la definizione di "canzoncina" che le viene solitamente attribuita è molto riduttiva.
    Infatti, come sottolineato dal critico musicale Gianfranco Manfredi, colui che pronuncia la ricorrente domanda «Vengo anch'io?» e che viene respinto dagli altri con un eloquente quanto significativo «No, tu no», simboleggia il tipico personaggio che, secondo l'immaginario collettivo, cerca ad ogni costo di non sentirsi escluso dal gruppo di amici a cui si riconduce, chiedendo di poterci essere -qualunque sia il progetto e l'intenzione della massa- come tutti gli altri. Ma le altre persone lo respingono solo per il gusto di vedere qualcuno nel ruolo dell'emarginato, di quello «di cui si deve ridere ma che non deve ridere».

    Inoltre, solo negli ultimi tempi si è venuti a conoscenza di una strofa che, per motivi legati alla censura, è stata rimossa dalla canzone e che si riferisce alla tragedia dei minatori italiani in Belgio (Disastro di Marcinelle) ed anche alla sanguinaria dittatura del generale congolese Mobutu, le cui efferatezze in materia di diritti umani stavano scuotendo in quel periodo le coscienze dell'occidente.

    Nel 1968 partecipa alla dodicesima edizione di Canzonissima, dove canta con l’intero cast la sigla Zum zum zum e arriva in finale. Vorrebbe presentare Ho visto un re per scontrarsi con Gianni Morandi, ma la RAI si oppone; ripiega quindi su Gli zingari, brano struggente e delicato, molto diverso dalla leggerezza e dal tono goliardico di Vengo anch'io. No, tu no, ed infatti non ottiene l'apprezzamento del pubblico. Infatti, la commissione incaricata dai dirigenti RAI di approvare o meno le canzoni proposte dagli artisti in gara, respinge la canzone definendola eccessivamente intrisa di significato politico e di tono polemico. La delusione per la sconfitta finale è così cocente da indurre Jannacci a trasferirsi per quattro anni (a periodi alterni), prima in Sudafrica e poi negli Stati Uniti, allo scopo di riprendere gli studi di medicina, in particolare di chirurgia e cardiologia, che aveva abbandonato temporaneamente dopo la laurea e l'inizio della carriera nel mondo dello spettacolo. Nello stato africano collabora con il cardiologo Christiaan Barnard, grazie al quale approfondisce notevolmente le sue conoscenze in ambito medico.

    Scema la fama, non altrettanto la vena creativa

    Nel periodo della specializzazione medica, la notorietà del personaggio Jannacci subisce un calo vistoso. Tuttavia il cantautore milanese non abbandona completamente quelle che sono le sue passioni: continua così a scrivere nuove canzoni. Dopo la pubblicazione di una sorta di raccolta, comprendente tuttavia qualche pezzo inedito, dal titolo Le canzoni di Enzo Jannacci, tra il 1970 ed il 1972 escono altri due LP nuovi di zecca: La mia gente e Jannacci Enzo in cui spiccano tre canzoni: Mexico e nuvole, scritta da un ancora sconosciuto Paolo Conte, Ragazzo padre, manifesto dell'indifferenza e del disinteresse di Stato e Chiesa nei confronti di chi non segue l'etica impartita dalle autorità pubbliche e religiose, e Faceva il palo, divertente brano in dialetto milanese scritto con Walter Valdi che riscopre la vena satirica di un cantautore nato come cabarettista.


    Nello stesso periodo, per tentare di rilanciarsi, Jannacci realizza un programma con l'amico e scrittore Luciano Bianciardi (che aveva conosciuto nella metà degli anni sessanta quando cantava molto in milanese). Il titolo del programma è "Ohé sunt chì", come la canzone scritta con Dario Fo che apriva lo storico Recital "22 Canzoni" del 1965.





    Enzo Jannacci, nel film L'udienza (1971), osserva estasiato la processione del Papa.
    Sempre nel 1972 esce Enzo Jannacci e Giorgio Gaber, disco che racchiude tutti i successi firmati dai "Due corsari" tra il 1959 ed il 1960. Il 20 giugno 1970 prende parte con Mina alla prima puntata della terza serie dello show Senza rete, dove canta Messico e nuvole, La mia gente, un medley di L’Armando / Faceva il palo / El portava i scarp del tennis[1]/ Vengo anch’io. No, tu no, concludendo l'esibizione interpretando con Nicola Arigliano e la "Tigre di Cremona" la sigla di chiusura Ciao, devo andare. Due anni dopo è ospite di Cochi e Renato nella sesta puntata del loro spettacolo TV Il buono e il cattivo: con loro canta El carrete.

    Nei periodi di pausa dall'attività lavorativa, torna quindi a Milano, dove dedica molto tempo alla realizzazione, con il compianto Beppe Viola, di uno spettacolo teatrale, La tapparella e di un libro, L'incompiuter, edito dalla Bompiani in una collana diretta da Umberto Eco. Nel 1970 è il protagonista di un episodio (Il frigorifero) del film di Mario Monicelli Le coppie, in cui interpreta il ruolo di Gavino Puddu, un povero venditore di castagnaccio di origine sarda che, d'accordo con la moglie (Monica Vitti), acquista a rate un frigorifero che perderà non riuscendo a pagare i debiti contratti; alla fine, appoggerà di buon grado la decisione della consorte di prostituirsi per potere tirare avanti.

    L'anno dopo è uno dei personaggi principali de L'udienza di Marco Ferreri; qui recita la parte di un modesto e stralunato ufficiale in congedo, Amedeo, che vuole incontrare a tutti i costi il Papa ma che alla fine, incocciato contro le lentezze della burocrazia vaticana e per varie vicissitudini, non vi riesce e muore in maniera drammatica sotto il colonnato di San Pietro.
    http://it.wikipedia.org/wiki/Enzo_Jannacci


    enzo-jannacci



    da wikipedia




    Si potrebbe andare tutti quanti allo zoo comunale
    Vengo anch'io? No tu no
    Per vedere come stanno le bestie feroci
    e gridare "Aiuto aiuto è scappato il leone"
    e vedere di nascosto l'effetto che fa

    Vengo anch'io? No tu no
    Vengo anch'io? No tu no
    Vengo anch'io? No tu no
    Ma Perché? Perché no

    Si potrebbe andare tutti quanti ora che è primavera
    Vengo anch'io? No tu no
    Con la bella sottobraccio a parlare d'amore
    e scoprire che va sempre a finire che piove
    e vedere di nascosto l'effetto che fa

    Vengo anch'io? No tu no
    Vengo anch'io? No tu no
    Vengo anch'io? No tu no
    Ma Perché? Perché no

    Si potrebbe poi sperare tutti in un mondo migliore
    Vengo anch'io? No tu no
    Dove ognuno sia gia` pronto a tagliarti una mano
    un bel mondo sol con l'odio ma senza l'amore
    e vedere di nascosto l'effetto che fa

    Vengo anch'io? No tu no
    Vengo anch'io? No tu no
    Vengo anch'io? No tu no
    Ma Perché? Perché no

    Si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale
    Vengo anch'io? No tu no
    per vedere se la gente poi piange davvero
    e scoprire che battono anche le suore
    e vedere di nascosto l'effetto che fa




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    Edited by Oceanya - 29/3/2013, 23:29
     
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