Film anni 30-40-50-60-70 Italiano ed Europeo

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  1. Oceanya
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    Video,notizie,curiosità,trame,recensioni dei film che hanno fatto la storia del cinema

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    Il cinema, nella sua storia, ha attraversato diverse fasi e periodi, che l'hanno portato dai primi rudimentali "esperimenti" dei fratelli Lumière ai moderni film digitali, ricchi di effetti speciali realizzati con la grafica computerizzata.


    Il cinema, inteso come proiezione di immagini in movimento, ha numerosi antenati, che risalgono fino al mondo antico. In oriente esisteva la rappresentazione delle ombre cinesi, mentre in Europa abbiamo studi ottici sulle proiezioni tramite lenti fin dal 1490, con la camera oscura leonardiana. Fu però dal XVII secolo che nacque l'antenato più prossimo allo spettacolo cinematografico, la lanterna magica, che proiettava su una parete di una stanza buia immagini dipinte su vetro e illuminate da una candela dentro una scatola chiusa, tramite un foro con una lente. Simile, ma opposto per modo di fruizione, era il Mondo nuovo, una scatola chiusa illuminata all'interno dove però si doveva guardare all'interno per vedere le immagini illuminate: tipico degli ambulanti tra XVIII e XIX secolo, rendeva possibile una fruizione anche di giorno, anche all'aperto.
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    Dopo la nascita della fotografia si iniziò a studiare la riproduzione del movimento in scatti consecutivi. Sfruttando i principi dei dispositivi ottici del passato, si iniziarono a cercare modi di proiettare fotografie in successione, in modo da ricreare un'illusione di movimento estremamente realistica: tra le centinaia di esperimenti in tutto il mondo, ebbero buon fine il Kinetoscopio di Thomas Edison (ispirato al "mondo nuovo") e il Cinematografo dei Fratelli Lumière (ispirato alla lanterna magica
    L'invenzione della pellicola cinematografica risale al 1885 ad opera di George Eastman, mentre la prima ripresa cinematografica è ritenuta essere Roundhay Garden Scene, cortometraggio di 2 secondi realizzato il 14 ottobre 1888 da Louis Aimé Augustin Le Prince.

    Il cinema inteso come la proiezione in sala di una pellicola stampata, di fronte ad un pubblico pagante, è nato invece il 28 dicembre 1895, grazie ad un'invenzione dei fratelli Louis e Auguste Lumière, i quali mostrarono per la prima volta, al pubblico del Gran Cafè del Boulevard des Capucines a Parigi, un apparecchio da loro brevettato, chiamato cinématographe.

    Tale apparecchio era in grado di proiettare su uno schermo bianco una sequenza di immagini distinte, impresse su una pellicola stampata con un processo fotografico, in modo da creare l'effetto del movimento. Thomas Edison nel 1889 realizzò una cinepresa (detta Kinetograph) ed una macchina da visione (Kinetoscopio): la prima era destinata a scattare in rapida successione una serie di fotografie su una pellicola 35mm; la seconda consentiva ad un solo spettatore per volta di osservare, tramite un visore, l'alternanza delle immagini impresse sulla pellicola. Ai fratelli Lumière si deve comunque l'idea di proiettare la pellicola, così da consentire la visione dello spettacolo ad una moltitudine di spettatori.

    Essi non intuirono il potenziale di questo strumento come mezzo per fare spettacolo, considerandolo esclusivamente a fini documentaristici, senza per questo sminuirne l'importanza, tanto che si rifiutarono di vendere le loro macchine, limitandosi a darle in locazione. Ciò determinò la nascita di molte imitazioni. Nello stesso periodo, Edison (negli USA) iniziò un'aspra battaglia giudiziaria per impedire l'uso, sul territorio americano, degli apparecchi francesi, rivendicando il diritto esclusivo all'uso dell'invenzione.

    Dopo circa cinquecento cause in tribunale, il mercato sarà comunque liberalizzato. Nel 1900 i fratelli Lumière cedettero i diritti di sfruttamento della loro invenzione a Charles Pathé. Il cinematografo si diffuse così immediatamente in Europa e poi nel resto del mondo.

    Nel frattempo il cinema registrò alcuni clamorosi successi di pubblico: Assalto al treno (The Great Train Robbery) (1903) dell'americano Edwin Porter spopolò in tutti gli Stati Uniti, mentre il Viaggio nella luna (1902) del francese Georges Méliès, padre del cinema di finzione, ebbe un successo planetario (compresi i primi problemi con la pirateria). Vennero sperimentati i primi effetti speciali prettamente "cinematografici", cioè i trucchi di montaggio (da Méliès, che faceva apparire e sparire personaggi, oggetti e sfondi), le sovrimpressioni (dai registi della scuola di Brighton, ripreso dalla fotografia), lo scatto singolo (dallo spagnolo Segundo de Chomón, per animare i semplici oggetti), ecc. Si delinearono inoltre le prime tecniche rudimentali del linguaggio cinematografico: la soggettiva (George Albert Smith), il montaggio lineare (James Williamson), il raccordo sull'asse, i movimenti di camera
    cinema delle origini, detto "delle attrazioni mostrative", serviva per mostrare una storia che veniva necessariamente spiegata da un narratore o imbonitore presente in sala. Inoltre le storie erano spesso disorganizzate, anarchiche, più interessate a mostrare il movimento e gli effetti speciali che a narrare qualcosa. Solo il cinema inglese, legato alla tradizione del romanzo vittoriano, era più accurato nelle storie narrate, prive di salti temporali e di grosse incongruenze.

    La nascita di un cinema che raccontasse storie da solo è strettamente legata ai cambiamenti sociali dei primi anni del Novecento: verso il 1906 il cinema viveva la sua prima crisi, per il calo di interesse del pubblico. La riscossa però fu possibile grazie alla creazione di grandi sale di proiezione a prezzi molto contenuti rivolte alla classe operaia, come svago economico e divertente: nacquero i "nickelodeon", dove era impensabile usare una persona per spiegare le vicende del film, per questo i film iniziarono ad essere intelligibili automaticamente, con contenuti più semplici ed espliciti e con le prime didascalie.
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    Nascita di una nazione (1915) dell'americano David W. Griffith è il primo vero film in senso moderno e rappresenta il culmine del nascente linguaggio cinematografico, codificando una nuova "grammatica" (sia in termini di stile che di contenuti e di lunghezza) che ancora oggi è usata.
    Con i primi grandi successi del cinema muto, fu presto chiaro che la produzione di film poteva essere un affare favoloso, tale da giustificare anche l'investimento di forti somme di denaro: un film che ha successo ripaga di molte volte i costi per crearlo e distribuirlo. D'altra parte sono soldi buttati se non incontra i gusti del pubblico.

    Quando fu chiaro ai produttori che la gente si affezionava agli attori che vedeva sullo schermo, da una parte favorirono questo attaccamento promuovendo pubblicamente gli artisti che avevano dimostrato di piacere agli spettatori, per renderli ancora più popolari, e dall'altra iniziarono a pagare loro una parte consistente di questi profitti pur di ingaggiarli anche per i film successivi: gli attori cinematografici di successo iniziarono a guadagnare cifre inaudite e nacquero così i primi divi, le prime star.

    Gli editori radiofonici e giornalistici, dal canto loro, furono ben felici di poter attingere ad argomenti nuovi e di sicuro interesse per i loro lettori: il processo si alimentò da solo e diede inizio all'insieme di attività di promozione detto star system, che non veicolò soltanto i singoli artisti ma anche il loro elevato tenore di vita.

    Il fatto che un attore cinematografico non dovesse avere (in apparenza) altre doti che piacere al pubblico, e che la nascente industria cinematografica cercasse costantemente nuovi attori e pagasse loro delle vere fortune (ma solo a chi sfondava), e la fama enorme di cui godevano che poteva arrivare all'idolatria (uno su tutti: Rodolfo Valentino), rese il mestiere di attore del cinema un sogno, un miraggio che catturò la fantasia delle masse: tutti volevano diventare attori.
    Mentre negli Stati Uniti si sviluppava un cinema narrativo classico, destinato a un pubblico vasto, in Europa le avanguardie artistiche svilupparono tutta una serie di film sperimentali che, sebbene limitati nel numero e nella reale diffusione, furono molto importanti per il cinema successivo. Tra gli autori più importanti ci furono l'italiano Anton Giulio Bragaglia, gli spagnoli Luis Buñuel e Salvador Dalí, i russi Dziga Vertov e lo stesso Ejzenstein, i francesi René Clair e Fernand Léger.

    Un discorso a parte merita la Germania, dove la presenza di alcuni tra i migliori registi, attori, sceneggiatori e fotografi dell'epoca permise la creazione di opere innovative ma anche apprezzate dal pubblico, oltre che capisaldi del cinema mondiale. I tre filoni principali in Germania furono l'espressionismo, il Kammerspiel e la Nuova oggettività. Tra i registi più famosi vanno segnalati almeno Friedrich Wilhelm Murnau (Nosferatu il vampiro, 1922), Georg Wilhelm Pabst e Fritz Lang (Metropolis, 1927).

    Il cinema e l'Europa

    Se in America Hollywood era la capitale del cinema, in Europa, in seguito alla Seconda Guerra Mondiale nacquero in molte nazioni diverse scuole di cinema, ma tutte accomunate dalla voglia di rappresentare la realtà. Diviene quindi importantissimo il neorealismo italiano e i suoi registi principali: Luchino Visconti, Pietro Germi, Alessandro Blasetti, Roberto Rossellini e Vittorio De Sica. Film come Roma città aperta, Sciuscià e Ladri di biciclette ispirano e affascinano diversi registi nel mondo, come il giapponese Akira Kurosawa. Anche dopo il periodo prettamente neorealista, l'Italia ha potuto vantare una nuova generazione di registi, neorealisti sì, ma più a modo loro, come Federico Fellini, Mario Monicelli, Ettore Scola.Federico FelliniFellini_camera
    Diventano importantissimi gli esperimenti di cinema introspettivo di Marcel Carné, realizzati subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, e poi concretizzati in grandi film dai maestri del cinema introspettivo Ingmar Bergman e Michelangelo Antonioni: la realtà non è più analizzata come qualcosa di oggettivo, tutto diventa soggettivo ed ambiguo, il ritmo è lento e le scene sono lunghe e silenziose e i registi si soffermano su particolari prima di allora trascurati. Il cinema comincia a diventare manifesto del subconscio del regista e anche forma di personale contestazione.

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    È tuttavia in Francia che questo tipo di cinema diventa un genere famoso ed apprezzato in tutto il mondo grazie alla Nouvelle Vague.
    I film cominciano ad essere minimalisti, personalissimi, le problematiche trattate sono intime e non assolute. I film cominciano a ruotare intorno ai problemi, agli interrogativi e ai dubbi di giovani protagonisti e la soggettività diventa un elemento caratterizzante. Iniziano perciò ad affermarsi alcuni nuovi registi indipendenti, già agguerriti critici cinematografici, come François Truffaut con il suo I quattrocento colpi, Alain Resnais con Hiroshima mon amour e Jean-Luc Godard con À bout de souffle, che trovarono nel neonato Festival di Cannes un punto d'incontro e di discussione.

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    Il montaggio è a bella posta discontinuo, sincopato e sovente evita di tagliare i tempi morti della storia, che dal canto suo tralascia di spiegare ogni dettaglio di quel che accade. Può capitare che gli attori guardino direttamente nell'obiettivo della cinepresa, cosa vietatissima nel cinema classico, come accade regolarmente nel cinema di Jean-Luc Godard, Ingmar Bergman o, in tempi più recenti, in Pulp Fiction di Quentin Tarantino.

    Il cinema tedesco è invece molto più figurativo e pittoresco, introspettivo e con storie talvolta epiche che fuoriescono dal semplice neoralismo, come ad esempio Aguirre, furore di Dio di Werner Herzog. I registi sembrano afflitti da dolori insanabili e assoluti, che quindi toccano punte di pessimismo assoluto leopardiano, e con soluzioni effimere e talvolta inesistenti. È il caso di Rainer Werner Fassbinder. Altri registi, invece, pur trattando forti problematiche, proprie e non, si mostrano più disposti a trovare una soluzione, e anzi girano film pieni di speranza e velato ottimismo. È questo il caso di registi come Wim Wenders e Werner Herzog. Il film tedesco più importante degli ultimi anni è senz'altro Le vite degli altri del 2006, amaro e lucido spaccato della Germania Est e dello strapotere del governo comunista.

    Il cinema dell'est Europa, ha avuto un rapido sviluppo tra anni '20 e '30 soprattutto grazie ai capolavori del russo Sergej M. Ejzenstejn. I film di quegli anni davano un'esasperata e continua immagine del benessere del governo bolscevico, immagine talvolta falsa ed imposta dalla censura sovietica. Se da un lato Ejzenstejn sforna film sulla rivoluzione rossa o su personaggi storici russi, dall'altro altri registi girano film riguardanti il benessere e la felicità delle famiglie nelle campagne russe o film su imprese compiute da Stalin. È solo dopo la Seconda Guerra Mondiale che comincia a nascere una cinematografia più ampia anche all'interno delle nazioni del patto di Varsavia. I film, soprattutto dopo gli anni '60, sono più critici e ribelli e talvolta sono fortemente censurati dal governo rosso. Registi come il polacco Andrzej Wajda sono costantemente promotori di un cinema ribelle e libero dalla censura, che avrà però la piena realizzazione solo dopo il 1989.

    Dopo anni di censura a causa della dittatura di Francisco Franco, ultimamente è emerso il cinema spagnolo, cinema fresco e giovane disposto ad affrontare ogni tipo di tematica e ad aprirsi verso prospettive sempre nuove.


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    Edited by Oceanya - 9/7/2015, 00:51
     
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14 replies since 27/8/2011, 23:00   15703 views
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