Film anni 30-40-50-60-70 Italiano ed Europeo

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  1. Oceanya
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    I soliti ignoti[/size][/color]


    I soliti ignoti è un film del 1958 diretto da Mario Monicelli.

    Universalmente noto come uno dei più famosi film appartenenti al genere caper movie, la pellicola ottenne una nomination ai Premi Oscar 1959 come miglior film straniero.





    Trama:Cosimo e "Capannelle" due ladruncoli romani, tentano di rubare un'auto ma, a causa dell'intervento della polizia, il primo viene incarcerato mentre il secondo riesce a darsi alla fuga; durante la detenzione Cosimo viene a sapere da un altro detenuto di passaggio nel carcere di un colpo facile da realizzare dentro il Monte di Pietà, ed allo scopo incarica Capannelle di trovare una pecora, ossia qualcuno che, in cambio di denaro, si autoaccusi del tentato furto dell'automobile e gli permetta di uscire.
    Capannelle si mette alla ricerca ma gli amici Mario, Michele "Ferribotte" e Tiberio per motivi diversi rifiutano ed allora si cerca tra gli incensurati e la scelta cade su Peppe "er Pantera", un pugile che non è mai riuscito a sfondare e questi si presta ma il giudice non si lascia ingannare e lo fa trattenere, insieme a Cosimo, in carcere. Qui Peppe fa credere a Cosimo di essere stato condannato a tre anni di reclusione e si fa spiegare le modalità del colpo ed, una volta ottenuta l'informazione, svela all'amico di avere ricevuto la condizionale e che uscirà il giorno stesso.

    Una volta libero Peppe viene affrontato dagli amici che reclamano la restituzione della somma ricevuta per andare in carcere al posto di Cosimo ma subito dopo egli li mette al corrente del colpo ed inizia la preparazione; il piano è semplice: introdursi, attraverso una carbonaia, nel cortile interno di uno stabile e, passando al di sopra di un lucernario, entrare in un appartamento vuoto che si trova a muro con il monte dei pegni dove, una volta sfondata la parete, si arriverà nella stanza dove si trova la cassaforte.
    Allo scopo Tiberio ruba al mercato di Porta Portese una cinepresa per studiare il modello del forziere e sottoporre il filmato a Dante Cruciani, un noto ladro che, ormai invecchiato e costantemente sorvegliato dalle autorità, si guadagna da vivere insegnando il "mestiere" a giovani delinquenti; il filmato, non del tutto riuscito, rivela particolari utili al colpo quali il modello ed il tempo necessario per aprirlo; il progetto sembra prendere forma ma il piantonamento dell'immobile da parte di Tiberio e di Mario, che nel frattempo ha iniziato una tenera relazione con Carmelina, la sorella di Ferribotte già promessa ad un altro, svela la presenza di inquilini nell'appartamento: due anziane signore con a servizio Nicoletta, una graziosa ragazza veneta.

    Peppe si incarica di sedurre la giovane ma nel frattempo Cosimo, grazie ad un'amnistia, esce dal carcere ed affronta l'ormai ex amico e, dopo una breve zuffa, si rifiuta di collaborare con lui e gli altri alla realizzazione del colpo ritenendoli dei traditori e va per la sua strada ma purtroppo, pochi giorni dopo, troverà la morte investito da un tram durante la fuga dopo un tentativo di scippo.
    Arriva la sera del colpo e Tiberio si presenta con il braccio ingessato, fratturatogli dal venditore a cui aveva sottratto la cinepresa, mentre Mario, forse condizionato dalla morte dell'amico, rinuncia a partecipare e, dopo che Ferribotte ha scoperto la sua relazione con la sorella, viene invitato da quest'ultimo a vegliare su Carmelina in caso di suo arresto dopo avere valutato che i sentimenti dei due giovani sono sinceri e Peppe, innamoratosi di Nicoletta, all'insaputa dei compagni porta le chiavi dell'appartamento che le aveva sottratto al portiere dello stabile, costringendoli a seguire il piano originale.

    Dopo varie difficoltà i quattro riescono ad entrare nell'appartamento ma sfondano la parete sbagliata e, vista l'ora ormai tarda, devono rinunciare al colpo, riuscendo solo a mangiare la pasta e ceci preparata da Nicoletta la sera prima di licenziarsi; Capannelle però non rinuncia a impossessarsi di una sveglia situata in cucina per sopperire alla mancanza del suo orologio che in precedenza aveva lasciato in pegno proprio a quel monte che secondo il piano doveva essere svaligiato. Purtroppo, il tentativo di scaldare alcuni involtini trovati nel frigo da parte dell'arzillo vecchietto si rivelerà disastroso, a causa di una falla nella canna del gas provocata dagli stessi aspiranti scassinatori; l'esplosione che ne risulta li costringe a battere in precipitosa ritirata ancora più laceri e disastrati di quanto non fossero all'inizio.

    Alle prime luci dell'alba la "banda", mestamente, si scioglie, Tiberio va in tram al carcere a riprendere il figlio (che aveva lasciato alla moglie, imprigionata per contrabbando di tabacchi), Ferribotte torna a casa, e Capannelle, rimasto solo con Peppe, attrae l'attenzione di due gendarmi in bicicletta, con l'allarme della sveglia che inizia a trillargli in tasca.

    Mescolatisi con gli aspiranti manovali che letteralmente "assediano" il cancello di un cantiere il veterano e la matricola della gang dei 'soliti ignoti' vengono separati: buttato fuori dal cantiere il primo, 'assunto' suo malgrado per via del fisico prestante il secondo.

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    Genere:commedia
    Regia: Mario Monicelli
    Cast: Totò, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Renato Salvatori, Carla Gravina, Claudia Cardinale, Tiberio Murgia, Memmo Carotenuto, Rossana Rory, Carlo Pisacane, Gina Rovere, Gina Amendola, Lella Fabrizi, Elvira Tonelli, Mario Feliciani, Mimmo Poli, Mario De Simone, Nino Marchetti, Aldo Trifiletto, Renato Terra
    Anno: 1958
    Sceneggiatura: Age, Furio Scarpelli, Suso Cecchi d'Amico, Mario Monicelli


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    Il film


    Con questa pellicola del regista toscano si usa generalmente sancire l'esordio ufficiale di un nuovo genere cinematografico che solo successivamente verrà definito come commedia all'italiana e che con il neorealismo, il peplum (i "sandaloni" come dicevano a Cinecittà) e lo spaghetti-western rappresenterà uno dei generi più prolifici del cinema italiano del dopoguerra, e certamente uno dei più importanti dal punto di vista artistico.

    Con I soliti ignoti nasce in Italia un nuovo tipo di commedia comica che abbandona i canoni praticati nel cinema sino a quel momento, che risalivano sostanzialmente alla florida tradizione dell'avanspettacolo, del varietà o del Cafè Chantant, e che ereditando il testimone del neorealismo si apre alla quotidianità, alla realtà e innesta i suoi caratteri su precisi riferimenti sociali, chiari al pubblico che li vive spesso in prima persona.

    I comici de I soliti ignoti cessano per la prima volta di essere delle marionette, delle maschere che giocano la comicità esclusivamente in chiave di gag, giochi di parole, gesti buffi o nonsense, e articolano i dialoghi e le trovate umoristiche su prove definite, a volte anche macchiettistiche e caricaturali, ma riferite sempre ad una sceneggiatura chiara.


    Dante Cruciani (Totò) mentre spiega come scassinare la cassaforte.Molti critici vedono nel personaggio di Dante Cruciani, interpretato da Totò, sulla famosa terrazza del film, un ipotetico passaggio di consegna della comicità: dalle mani del geniale attore napoletano, principe della risata e dell'improvvisazione, a quelle di un gruppo agguerrito di sapienti sceneggiatori (Sergio Amidei, Rodolfo Sonego, Age e Scarpelli, Ettore Scola, Ruggero Maccari), che la utilizzeranno per raccontare la realtà in un momento di passaggio importante per la storia nazionale, ricco di contraddizioni, di incompatibilità tra vecchio e nuovo, di identità fallaci e passeggere, costruite spesso su condizionamenti sociali e culturali provenienti da oltreoceano o da oltralpe.

    L'ideazione de I soliti ignoti nasce in chiave caricaturale. Come lo stesso Monicelli ammette, si voleva in principio parodiare un certo genere di film noir francese o di gangster americano, particolarmente in voga nelle sale cinematografiche italiane di quegli anni, e apprezzato dal pubblico che frequentava le terze visioni. Il riferimento è senz'altro a Rififi di Jules Dassin del 1955, dove una banda di quattro criminali professionisti progetta un colpo perfetto che si rivelerà un fallimento. A riprova di ciò lo stesso regista ci informa che uno dei titoli provvisori del film, in fase di produzione, doveva essere Rifufu, una evidente storpiatura del titolo francese.

    Ma sarebbe un grave errore credere che I soliti ignoti esaurisca i suoi contenuti nella parodia di un genere. Il film si arricchisce di novità importanti e di contesti originali nel corso della sua produzione, tanto da lasciare in secondo piano la sua genesi parodistica. È di nuovo lo stesso regista che ci informa come il film fosse stato concepito anche in chiave drammatica e fortemente tragica.

    I soliti ignoti, come afferma Carlo Lizzani, porta il comico fuori dei confini consueti della farsa, e acquisisce una propria consistenza cinematografica. Per la prima volta in un film comico italiano si assiste alla morte tragica di uno dei protagonisti (Carlo Lizzani, "Il cinema italiano", Parenti, 1961). La morte o comunque il fallimento di un'impresa è una tematica fondamentale nella cinematografia di Monicelli. Il regista la spiega con le radici stesse della commedia. La storia della commedia, della commedia dell'arte, è popolata dalla morte, da presenze sinistre e maligne, da fallimenti di imprese maldestre, da miserabili morti di fame che nella imitazione di Arlecchino e Pulcinella, si arrabattano tutto il giorno in cerca di un espediente definitivo, di una trovata finale. Il cinema di Monicelli rispecchia in pieno questa vena tragica della nostra commedia, e si inserisce nel solco della sua tradizione.

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    Mario (Renato Salvatori) e Carmelina (Claudia Cardinale).Ma non è solo in questo elemento tradizionale-narrativo che si esaurisce la vena drammatica della pellicola. È la Roma che viene descritta, quella dei quartieri popolari, dei grandi "casermoni" della periferia degradata, la Roma del sottoproletariato urbano estraneo ai processi economici del boom, che fa da sfondo tragico alle gesta della miserabile banda del buco rappresentata dai vari Pantera, Capannelle, Tiberio, Ferribotte. È la stessa Roma che descrive Pier Paolo Pasolini in Ragazzi di vita, intesa anche in senso topografico. È significativo al riguardo il dialogo breve che Capannelle sostiene con un ragazzino incontrato per caso e al quale si rivolge per chiedere informazioni su un certo Mario. Il dialogo potrebbe avere perfettamente luogo in una delle pagine del romanzo pasoliniano.

    La fotografia fu particolarmente curata da questo ultimo punto di vista. Le immagini dovevano restituire l'idea di una Roma drammatica, per cui furono evitati volutamente i toni eccessivamente luminosi, si preferirono i contrasti e i tagli decisi e nei costumi si evitarono le concessioni al vezzo e alla comodità, curando invece quello che doveva fornire l'estemporaneità di un abbigliamento dettato solo dallo stato di indigenza (vedansi i pantaloni da cavallerizzo che Capannelle indossa per tutto il film).

    Il film per la sua novità non fu accolto favorevolmente dalla critica ufficiale, che aveva ben chiari i riferimenti. Da principio non fu apprezzata la scelta di sostituire i comici d'arte con degli attori seri già affermati in contesti drammatici (Vittorio Gassman); Totò, notoriamente non amato dalla critica colta ma fortemente caldeggiato dai produttori, fu giudicato eccessivo nonostante la sua interpretazione limitata. In sostanza, l'ambiente ufficiale non era pronto ad accogliere quella che si rivelerà la trovata ad effetto del film, la trasformazione di attori seri in "caratteri" della commedia, dotati di una grande vis comica. La scena del set comico, nella opinione dei critici più severi, avrebbe dovuto somigliare ancora al palcoscenico di un varietà dove i maestri solitari, coadiuvati da abili spalle, si avvicendavano nell'intrattenimento del pubblico.


    Cosimo (Memmo Carotenuto) mentre spiega a Peppe "er Pantera" (Vittorio Gassman) il suo piano ingegnoso.Gli stessi produttori contrastarono a lungo la scelta di Vittorio Gassman (La produzione pensò ad Alberto Sordi). La sua aria intellettuale e soprattutto il suo repertorio teatrale drammatico unito ai ruoli "cattivi" che aveva interpretato in precedenza non davano alcuna garanzia di successo. Ma regista e sceneggiatori seppero resistere alle richieste dei produttori. Avevano modellato tutti i personaggi intorno ad un baricentro realistico e li avevano poi corredati di un patrimonio farsesco sul quale si sarebbe dovuta giocare tutta la comicità. Per "il Pantera" si ricorse ad un trucco pesantissimo che abbassò l'attaccatura dei capelli, ridusse la fronte spaziosa accentuando il naso e rendendo cadenti le labbra in quell'aria da ebete caratteristica di un pugile suonato di periferia. Fu studiata l'andatura e infine concepita la balbuzie, con effetti comici esilaranti.

    Al di là delle caratterizzazioni dei personaggi è importante definire quello che sarà un tema importante e ricorrente del genere, una costante che seppur trasformata rimarrà centrale nel corso della storia decennale della commedia all'italiana, dal suo nascere, alla fine degli anni cinquanta, sino al suo tramonto, alle metà degli anni settanta: la rappresentazione del sistema sociale attraverso le classi e la critica dura alla società del benessere, colta nei suoi scompensi e nelle sue contraddizioni.

    I soliti ignoti da questo punto di vista è un grande mosaico storico che ci restituisce con leggerezza l'immagine complessa di un'epoca. Un mondo di povertà urbana che resiste nei suoi valori tradizionali all'attacco della nuova società di massa della quale però sente un'attrazione sempre più forte. Società che viene nel film rappresentata esclusivamente dai miti di importazione americana: facile benessere economico, liberalizzazione dei costumi sessuali, comfort abitativi. La connotazione farsesca nasce sul modo di rapportarsi che i protagonisti hanno con questa doppia identità, divisi tra tradizione e innovazione. I valori tradizionali di riferimento rimangono sempre benevoli ed evidenti sullo sfondo della vicenda e sono rappresentati via via da quasi tutti i personaggi: da Carmelina Claudia Cardinale (la sicurezza del vero legame affettivo), dalla dolcissima Nicoletta Carla Gravina (l'innocenza) e dallo stesso Cruciani Totò (la saggezza della vecchiaia). Il gruppo rimane titubante per tutta la durata del film, nessuno riesce con convinzione ad abbracciare quello spirito nuovo che viene riflesso dalla società del benessere, nemmeno il protagonista, "il Pantera", che solitario in una opera di autoconvincimento continua a ripetere: «È sc-sc-scientifico!», quindi moderno, quindi giusto, legale, morale.




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    Dettagli


    Quando I soliti Ignoti incontrano per la prima volta Dante Cruciani, Ferribotte presenta le sue credenziali raccontando di aver già lavorato in passato nei tubi di piombo. Ai tempi del film questo riferimento, di cui si è perso il senso, era esilarante perché sottintendeva il furto delle tubature in piombo che era una attività molto diffusa tra la piccola criminalità urbana della capitale negli anni immediatamente successivi alla fine della guerra. La penuria di materie prime per la costruzione infatti aveva sviluppato un florido commercio clandestino di parti in ferro, ghisa o piombo che venivano divelte o trafugate nottetempo e rivendute ad un fiorente circuito di riciclaggio.

    Marcello Mastroianni aspetta il tram in Largo Armenia (vicino a via Britannia).
    Pausa sul set de I soliti ignoti, da sinistra: Renato Salvatori, Carlo Pisacane, Tiberio Murgia, Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman ed Erico Menczer (operatore alla macchina)Gli abitanti di Roma possono cogliere, nell'ambientazione degli esterni, alcune evidenti discontinuità topografiche. Nelle scene finali del film dopo il colpo fallito la banda vaga, alle prime luci dell'alba, in una Roma ancora addormentata, e Mastroianni prende il tram in Piazza Armenia, largo di via Britannia (vedi foto), nel quartiere Appio Latino, non distante dalla Basilica di San Giovanni in Laterano. Tuttavia, la banda raggiunge Piazza Armenia e la contigua Via Britannia arrivando da Via Acaia, cioè da direzione sud (da notare che oggi via Acaia è parte della tangenziale che collega il quartiere alla Stazione Ostiense ma nel 1958 l'asse via Acaia / Via Licia si immetteva sulla via Appia Antica), e ciò non è possibile perché il fallito colpo è evidentemente ambientato nell'assai distante parte storica di Roma che si trova verso Nord-Ovest. Oltre a questa incongruenza vediamo che Mastroianni, dopo aver detto di dover andare a prendere il figlio a Regina Coeli, sale sul tram n° 7 (dal 1972 questa linea tranviaria non esiste più). Tuttavia, la linea 7 partiva da da Piazza Bologna (a Nord) e arrivo a P.za Zama (a Sud) ad appena un centinaio di metri da Via Britannia. Si tratta di una scena ricostruita, infatti la palina di fermata riporta anche una inesistente linea 35, mentre il tram è una vettura "otto finestrini" ad assi mentre la linea 7 ha sempre impiegato vetture a carrelli MRS, Stanga o PCC All Electric.
    La scena in cui Dante Cruciani tiene la sua lezione sull'apertura delle casseforti si svolge sul terrazzo del palazzo oramai demolito che si trovava a Portonaccio, tra piazza Enrico Cosenz e via degli Orti di Malabarba: in una delle sequenze è possibile vedere il muro della chiesa di Santa Maria Consolatrice, mentre in un'altra si vede un serbatoio dello scalo Prenestino.

    Totò insegna ad aprire casseforti: com'era e com'èIl furto è ambientato in un'inesistente Via delle Madonne nel centro di Roma. Nella realtà la banda entra in un edificio sito all'angolo tra la scalinata di via della Cordonata e via delle Tre Cannelle (nei pressi di Piazza Venezia), dove si trova il Banco dei pegni e l'ingresso del portone dell'appartamento. Attualmente tutti i quattro ingressi posti a destra del portone (nel film occupati da un negozio di calze, da un negozio di oreficeria e dal banco dei pegni), sono occupati da un Irish Pub. L'edicola posta all'angolo con la scalinata non c'è più, così come non c'è più l'ingresso della carbonaia.
    Sempre in riferimento all'episodio finale in Largo Armenia, è interessante rilevare che proprio di fronte alla fermata in cui Mastroianni prende il tram era, e lo è ancora attualmente, dislocata la stazione dei Carabinieri "S. Giovanni", nella Caserma Fortunato Caccamo (nella foto l'inizio dell'edificio si vede a destra proprio accanto alla macchina Fiat 500 vecchio tipo). Probabilmente il particolare non è casuale ma è stato un ulteriore riferimento alla sprovvedutezza della banda.
    Il film termina nell'allora estrema periferia romana, dove il Pantera si fa assumere come manovale, esattamente in Via Campi Flegrei, nei pressi di Monte Sacro, assai distante dalla centrale Via Britannia. Il prologo del film, il fallito furto di un'auto, è stato girato in Via Alesia, nel rione Appio Metronio.
    Il film di Marco Ponti A/R Andata + Ritorno si ispira liberamente a I soliti ignoti. Le citazioni più palesi che si possono incontrare sono il nome del protagonista interpretato da Libero De Rienzo (Dante Cruciani) e la scena in cui la "banda" assiste alla proiezione della ripresa della cassaforte da scassinare, questa volta interrotta da un porno amatoriale.
    Inizialmente, nel film era prevista la presenza del fratello di Peppe er Pantera (Vittorio Gassman). Si trattava di Righetto, un ragazzino che lavorava da un barbiere. Gassman, dice il regista Monicelli, lo incontrava all'inizio ed alla fine del film. Il personaggio fu eliminato perché non piaceva il finale originale, con Peppe che lo incontra all'alba insieme al padre, subito dopo il fallimento del colpo da parte della banda. Righetto chiede a Peppe che cosa faccia in giro a quell'ora e Gassman gli risponde, mentendo, di essere appena uscito di casa per andare a lavorare, mentre in lontananza Capannelle raccoglie una cicca e si allontana. Questo finale non piaceva a Monicelli e agli sceneggiatori, i quali preferirono quello che appare effettivamente nel film, dove Gassman si ritrova suo malgrado a lavorare mentre Capannelle se ne va per la sua strada. Ritenendo questo finale più incisivo, Monicelli decise di eliminare del tutto il personaggio di Righetto, facendo così apparire Peppe er Pantera come una persona sola.


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    Critica:



    Morando Morandini ne La Notte del 3 ottobre 1958:
    «Questo ballo di ladri rischia di essere il film più divertente della stagione. Non è tutto, uno dei film comici italiani più garbati e intelligenti degli ultimi anni. D'acchito può sembrare soltanto una parodia di celebri film polizieschi di Rififi per esempio. Le analogie non mancano. Ma il ricalco è appena accennato, la comicità del film è autonoma, affidata alla ricchezza delle invenzioni e delle annotazioni, alla varietà dei tipi, alla bravura degli interpreti, alla fluidità del racconto, al ritmo. C'è anche qualcosa di più: I soliti ignoti, è un film a doppio fondo. C'è un'aria di malinconia e di tristezza che è quasi sempre il risvolto della comicità autentica, c'è il segno di una pietà che non diventa mai giulebbosa. A questi ladri, a questi soliti ignoti, s'addice il motto che, secondo Longanesi, è una bandiera degli italiani: «Ho famiglia!». Quali sono i coefficienti di questa riuscita tanto più gradevole quanto meno attesa? La serietà, il coraggio e l'intelligenza di un regista, che non ha ancora trovato la propria strada ma che può dare più di quello che finora ha fatto. Mastroianni è quello che si può dire sicurezza.»

    Giuseppe Berto in Rorosei del 24 ottobre 1958:
    « [...] L'aver tenuto insieme tanti divi è il primo grosso merito del regista Mario Monicelli e gliene deve essere grato soprattutto Vittorio Gassman, primo attore quanto mai dotato, la cui carriera cinematografica, tuttavia, appariva limitata, fin dalle origini, ad esibizioni di truce gigionismo. Qui, dopo essersi calato scherzosamente dentro un personaggio grottesco e insolito per lui, recita in una maniera fresca, divertentissima e meno superficiale di quanto si possa credere a prima vista.»



    Note

    NASTRO D'ARGENTO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA E PER IL MIGLIORE ATTORE A VITTORIO GASSMAN. - VELA D'ORO AL FESTIVAL DI LOCARNO (FILM PIU' DIVERTENTE).- ULIVO D'ORO AL IV FESTIVAL DEL FILM COMICO E UMORISTICO DI BORDIGHERA.- COPPA D'ARGENTO AL FESTIVAL DI SAN SEBASTIAN.

    Altre Note

    Nonostante abbia interpretato, sia in questo film che in altri, il ruolo del siciliano, Tiberio Murgia (Ferribotte) era in realtà sardo, ed esordisce nel cinema proprio grazie a Mario Monicelli, nel film viene doppiato dalla voce di Renato Cominetti.
    La giovanissima Carla Gravina, sebbene appena diciassettenne, è nel film alla sua terza apparizione cinematografica. Aveva esordito nel 1956 con Alberto Lattuada e nello stesso anno de I soliti ignoti aveva girato con Alessandro Blasetti Amore e chiacchiere, al fianco di Vittorio De Sica e Gino Cervi.
    Claudia Cardinale, non ancora ventenne, con un'unica precedente esperienza cinematografica, nella natia Tunisia, inizia con questo film il contratto con la Vides Produzioni che la trasformerà nel giro di pochi anni in una delle maggiori dive del cinema italiano. All'epoca delle riprese, era segretamente incinta del suo primo figlio[2].
    Vittorio Gassman nel suo libro autobiografico Un grande avvenire dietro le spalle, riferendosi al clima gioviale che regnava sul set, racconta: "La maggior parte delle scene non riuscivamo a finirle dal ridere"!.
    Carlo Pisacane, il caratterista che interpreta Capannelle, è in realtà uno dei migliori attori della filodrammatica napoletana. Fu scoperto dal regista. Nel film è doppiato in lingua emiliana da Nico Pepe.
    Rossana Rory, che interpreta Norma, compagna di Cosimo ed unica componente femminile della banda, in questo film è doppiata da Monica Vitti.

     
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