Film anni 30-40-50-60-70 Italiano ed Europeo

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  1. Oceanya
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    Il sorpasso
    Il sorpasso è un film del 1962, diretto da Dino Risi. La pellicola, generalmente considerata come il capolavoro del regista[1], costituisce uno degli affreschi cinematografici più rappresentativi dell'Italia del benessere e del miracolo economico di quegli anni

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    Trama

    A Roma, la mattina del Ferragosto 1962, la città è deserta. Bruno Cortona, trentaseienne vigoroso ma nullafacente e cialtrone, amante della guida sportiva e delle belle donne, vaga alla ricerca di un pacchetto di sigarette e di un telefono pubblico. Lo accoglie in casa Roberto Mariani, studente di legge rimasto in città per preparare gli esami. Dopo la telefonata, Cortona chiede a Mariani di fargli compagnia: i due, sulla spinta dell'esuberanza e dell'invadenza di Cortona, intraprendono un viaggio in auto lungo la via Aurelia, a velocità sostenuta, che li porterà in direzione della Toscana, a Castiglioncello, raggiungendo mete occasionali sempre più distanti. Durante il viaggio verso il nord e verso il mare, arriveranno anche a far visita ad alcuni parenti di Roberto, prima, e alla figlia e all'ex-moglie di Bruno, poi.

    Il giovane Mariani sarà più volte sul punto di abbandonare Cortona, ma sia il caso, sia una certa inconfessabile attrazione, mascherata da una certa arrendevolezza, terrà unita l'assortita coppia di amici occasionali, che significherà per Roberto anche un percorso di iniziazione alla vita. Egli infatti si allontana dai miti e dai timori adolescenziali e inizia la rilettura delle sue relazioni familiari, dell'amore e dei rapporti sociali, sino alla tragica conclusione che si materializza durante l'ennesimo sorpasso avventato: l'auto si scontrerà con un camion e Mariani stesso perderà la vita. Nell'ultima inquadratura, Cortona confesserà, con candida crudeltà, ai carabinieri intervenuti, di non ricordare neppure il cognome del suo passeggero.

    Produzione

    Soggetto

    Originariamente il soggetto era stato scritto per Alberto Sordi nel ruolo di Bruno Cortona e doveva avere come titolo Il giretto[3]. La produzione passò poi a Mario Cecchi Gori che spinse per affidare il ruolo del protagonista a Vittorio Gassman, avendo a quel tempo Alberto Sordi un'esclusiva con Dino De Laurentiis.

    Rodolfo Sonego afferma [4] di essere il vero autore del soggetto che avrebbe poi venduto alla De Laurentiis. La cosa tuttavia non ebbe alcun seguito legale: né Rodolfo Sonego, né la De Laurentiis intentarono una causa, ma Sonego afferma che comunque Il sorpasso, nella realizzazione di Mario Cecchi Gori, era molto fedele al soggetto che egli aveva scritto

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    Cast

    Intervistato nel 2012 per il cinquantenario del film, Jean-Louis Trintignant dichiarò che fu scelto lui perché assomigliava alla controfigura. In effetti Dino Risi, in un testo per L'Unità,[5] aveva raccontato così la scelta: «Cominciai il flm (…) senza sapere chi sarebbe stato il compagno di Bruno Cortona: sapevo solo che doveva essere di piccola statura, biondo e, naturalmente, giovane.» Quindi fu scelta una controfigura con queste caratteristiche. Poi il regista fece arrivare da Parigi l'attore francese, «per me sconosciuto, Jean-Louis Trintignant. Lo vidi e dissi subito: è lui. Gentile, timido, educato, era il perfetto antagonista di Gassman.» Nei titoli di testa, comunque, il nome di Trintignant viene dopo quello della Spaak.

    Una delle due turiste nel cimitero militare tedesco (di Pomezia) è Annette Stroyberg, con la quale Gassman avrà in futuro un'importante relazione sentimentale . Nella scena della partita di ping-pong in spiaggia s'intravede un ventenne Vittorio Cecchi Gori, figlio del produttore del film e futuro produttore lui stesso.

    Riprese

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    Catherine Spaak e Vittorio Gassman in una scena del film


    Le prime scene [8] a venir girate furono proprio quelle che aprono il film: le riprese furono effettivamente realizzate nel periodo di Ferragosto e siccome Risi non aveva ancora scelto l'interprete di Roberto Mariani, usò una controfigura, sia quando il giovane appare alla finestra, sia nella parte iniziale del viaggio, con il transito in Piazza di Spagna, Piazza del Popolo e Piazza San Pietro: le inquadrature sono sempre in campo lungo, e quando l'auto passa davanti alla macchina da presa, il figurante si copre il viso.

    Le scene iniziali del film, con Bruno Cortona che percorre in auto strade assolate e deserte di una Roma periferica, furono tutte girate nella zona detta della Balduina , il quartiere romano che negli anni Sessanta era abitato da numerosi attori e cantanti e che rappresentò un simbolo del cosiddetto boom economico. Nei condomìni borghesi di recente costruzione, infatti, convivevano impiegati statali e ricchi commercianti, avvocati e importanti imprenditori edili, spesso definiti con disprezzo palazzinari. Quando Cortona fa nuovamente una sosta, questa volta per bere a una fontanella si avvede di un giovane affacciato alla finestra.

    In realtà, come detto, colui che appare alla finestra non è Trintignant, ma una controfigura , scelta con le caratteristiche del giovane che Risi aveva immaginato, ripresa in penombra e in campo lungo; inoltre, il vero palazzo usato per l'abitazione di Mariani si trova in un altro quartiere romano, quindi il dialogo fra i due personaggi è un montaggio di scene girate in tempi e luoghi diversi, con interpreti diversi. La cosa si può capire da alcuni particolari: quando Cortona guarda in alto, la persona pare portare gli occhiali e la finestra è grande, del tipo a tre vetri, solo uno dei quali chiuso; quando è invece inquadrato Trintignant, la finestra è visibilmente più piccola, e di tipo diverso; inoltre dietro alla fontanella – che in teoria è frontale alla finestra – è tutta campagna, ma nella scena in cui Mariani vede la portinaia sul balcone dei vicini, tale balcone risulta dirimpetto alla medesima finestra.

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    La località di Castiglioncello, frazione di Rosignano Marittimo (Livorno), fu scelta da Risi su insistenza di Gassman, che vi era solito trascorrere le vacanze con la famiglia e voleva approfittarne nelle pause di lavorazione: il fatto viene riportato, fra gli altri, nel libro Una grande famiglia dietro le spalle[12] di Paola Gassman, dove l'attrice racconta che proprio per tale circostanza partecipò anche lei alle riprese, debuttando ad appena 17 anni.

    Mario Cecchi Gori, produttore del film, aveva pensato a un finale differente rispetto a quello deciso da Dino Risi, cioè quello di inquadrare i due protagonisti mentre sfrecciavano verso l'avventura, ma questo finale non fu adottato: infatti, i due avevano scommesso che se il giorno seguente all'ultima ripresa ci fosse stato bel tempo avrebbero girato il finale voluto da Dino Risi; in caso contrario avrebbero chiuso il set e adottato il lieto fine di Mario Cecchi Gori. Ma il sole di quel giorno, a detta di Dino Risi, fu bellissimo e splendente e questo comportò la scelta del finale tragico.

    Il forte taglio di critica sociale e di costume, seppure nascosto tra le pieghe comiche e divertenti della commedia, ne fa uno dei manifesti del genere cinematografico meglio conosciuto come commedia all'italiana dove compaiono alcuni innovativi e originali caratteri formali.

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    I personaggi protagonisti di Bruno Cortona e Roberto Mariani, per esempio, superano abbondantemente la caratterizzazione macchiettistica e caricaturale della commedia. Essi risultano psicologicamente completi e definiti (il regista è laureato in medicina e specializzato in psichiatria [14]), soprattutto Trintignant, che dà vita a un ritratto molto intenso di un giovane timido, perdente, ma maturo nella sua coscienza di classe, attratto da schemi sociali di successo, ma allo stesso tempo incardinato a precisi canoni di comportamento mutuati dal proprio gruppo d'appartenenza, la piccola borghesia romana lavoratrice, che con le proprie virtù familiari si contrappone sia all'alta borghesia rampante e arrivista, sia al sottoproletariato urbano, ancora distante dai grandi processi economici.

    Il duello psicologico Cortona-Mariani , giocato sul filo dei 130 chilometri orari, è uno schema nuovo, non consueto nei film di commedia. Come è del tutto innovativo, rispetto alle altre pellicole di genere, il ricorso all'io pensante del giovane Mariani, mediante il quale veniamo a conoscenza della contraddizione tra pensiero e azione che il ragazzo vive a contatto con Cortona, e soprattutto del percorso d'iniziazione erotica e sociale che egli compie. I personaggi protagonisti, così diversi ma in egual misura positivi e negativi, si attraggono e si respingono tra loro, attraendo a loro volta gli spettatori verso due poli distinti e contrapposti d'identificazione sociale: cosa questa che li rende assai diversi dai personaggi sordiani, protagonisti tipici della commedia, accompagnati in genere da un univoco senso di sottile disprezzo o comica compassione.

    Il sorpasso segna un'ulteriore differenziazione rispetto ad altre pellicole della commedia all'italiana. In questo film la personalità artistica del regista è più marcata e presente, e non si limita alla sola partecipazione o rifinitura del soggetto. La dinamica delle scene e il succedersi dei piani sono estremamente più elaborati, e sono il frutto di una sola mente ideativa. A volte, la ripresa sfuma nel documentarismo [18], e i particolari d'ambientazione sono così definiti da somigliare quasi a un cinegiornale del tempo: così, per esempio, nella scena girata nella sala da ballo in riva al mare, quando il regista si sofferma con insistenza sui passi di twist delle comparse. Qui, il regista non è colui che si pone dietro la macchina da presa e si limita a filmare il lavoro corale di una squadra di artigiani, della quale un gruppo di geniali attori fa parte. Risi concepisce personalmente i piani-sequenza, determina a tavolino i ritmi delle scene e delle battute, e, pur lasciando ampio spazio alla creatività dell'attore, decide a priori l'incisività e lo stacco di alcune di esse. Il risultato è leggero, godibile, divertente, nello stile dell'autore, ma al tempo stesso si propone come testimonianza, documentazione e denuncia, allontanandosi molto dai confini della commedia. In alcuni momenti, come quando il giovane studente tenta di salire su un mezzo pubblico nel porto di Civitavecchia, la rappresentazione sociale diventa ultra-realistica, pressoché pasoliniana.

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    Il sorpasso risulta quindi, come suggerisce del resto il suo stesso titolo, un film assai veloce e ritmato su precisi spunti di accelerazione, e le battute memorabili di Vittorio Gassman chiudono i tanti siparietti che nella pellicola si aprono e si chiudono con continuità, schema questo che ha assai poco di teatrale e molto di cinematografico.

    Altri elementi formali fanno del film un'importante novità. La pellicola infatti è considerata da alcuni un vero road-movie ("pellicola di strada"), il primo del genere in Italia, poiché è strutturale il legame che viene vissuto con la strada nello svilupparsi della vicenda narrativa. È la strada, nel suo rapporto attivo e passivo coi due protagonisti, che segna il percorso del soggetto da un punto di partenza preciso (la Roma deserta di un ferragosto qualunque) sino alla tragica curva di Calafuria, poco dopo il paese di Quercianella, sul lungomare toscano.

    « ... Ogni incontro è effimero, breve tappa di un viaggio senza meta che li spinge poi a risalire sempre in macchina, strumento di deriva e di fuga da una realtà che nonostante tutto continua a opporre la sua resistenza...»

    I Cortona e i Mariani si allontanano brevissimamente dalla strada ma a essa fanno sempre ritorno, ed è la strada, appunto, la rappresentazione scenica di una nazione che si avvia velocemente alla fine di un sogno, quello del benessere collettivo e generalizzato. Il salto che l'autovettura compie nel vuoto, tra lo sguardo incuriosito di bagnanti distratti, è puro simbolismo. Come sono carichi di simboli la vita spezzata del giovane onesto e ingenuo e il pericolo invece scampato dal suo alter-ego Cortona. Essi rappresentano due identità della nazione, giunta a un bivio della propria storia. La prima, quella legata ai princìpi, sarà sedotta e morirà, nella fine di un sogno, lasciando campo libero alla seconda Italia, quella furbesca, individualista e amorale. È forse questa vena pessimistica, questa profonda sfiducia in un certo tipo di uomo italiano, nelle sue reali possibilità, in certi tratti ricorrenti della storia della nostra nazione, e questa critica dura alle sue abitudini e alla sua mentalità, che ricollega il film a quel genere, detto appunto commedia all'italiana, del quale è ritenuto da molti un capolavoro.

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    La Lancia Aurelia nell'episodio finale dell'incidente


    Occorre spendere qualche parola in più sui simbolismi che intorno alla strada si raccolgono. Non a caso è la Via Aurelia [20] il percorso lungo il quale la vicenda si snoda, l'arteria consolare che esce da Roma e si dirige pigramente verso le riviere di Fregene e dell'alto Lazio, perché è questa la strada che più di altre nel corso degli anni sessanta ha rappresentato un mito collettivo e generazionale: una strada verso la vacanza, l'evasione, il benessere in molteplici rappresentazioni. L'Aurelia ha rappresentato, in certo qual modo, una sintesi sociale. Il suo percorso, muovendo dal centro della città, attraversava dapprima i quartieri borghesi della capitale in crescita, sorti a ridosso del centro storico di Roma, quindi sfiorava le borgate popolari ancora fatiscenti, e, correndo velocemente tra le ultime contrade agricole della bonifica laziale, raggiungeva le spiagge popolari della riviera o i piccoli centri delle facoltose Fregene, Santa Marinella, e via via su sino a Capalbio, tra un fiorire di urbanizzazioni selvagge e abusive. La civiltà che i protagonisti incontrano nel loro viaggio è quindi davvero uno spaccato trasversale di quella società romana che collettivamente si metteva in moto ogni domenica per celebrare il rito della festa, tra soste alle stazioni di servizio, lunghe code d'automobili e incidenti frontali.

    Anche l'automobile, una Lancia Aurelia B24 (l'analogia tra il nome della spider e la via consolare non può, anche questa volta, esser casuale) riflette un simbolismo radicale . La macchina, infatti, era uscita dalle officine nel 1956 e rappresentava allora il prototipo di un'idea di eleganza e raffinatezza, ma ben presto si trasformò nell'ideale dell'automobile aggressiva, prepotente, truccata nel motore e negli allestimenti. In alcune scene del film la si scorge infatti in questa sua immagine. La fiancata destra mostra ancora le lavorazioni di un'officina di carrozziere, le riparazioni non ancora riverniciate, le cicatrici che dovevano testimoniare le battaglie sostenute dall'auto e dal suo pilota. Dino Risi sceglie non casualmente una Lancia Aurelia, poiché essa rappresenta proprio la corruzione di un'idea, quella fiducia nel miracolo economico che con gli anni andrà a finire in Italia, lasciando il posto a una società divisa e contraddittoria, nella quale solo i cialtroni opportunisti, come Cortona, e i loro pseudovalori morali diventeranno i soggetti protagonisti di un benessere sociale.

    La colonna sonora è curata da Riz Ortolani; ma le scene più importanti del film vivono invece su alcuni motivi musicali tra i più in voga in quel periodo: St. Tropez Twist di Peppino di Capri, Guarda come dondolo e Pinne fucile ed occhiali di Edoardo Vianello, Vecchio frac di Domenico Modugno e Don't Play That Song (You Lied) di Ben E. King, nella versione cover cantata da Peppino di Capri. La trovata può sembrare oggi banale ai più, ma a quel tempo era molto originale, e fu usata come ulteriore caratterizzazione del personaggio e determinazione del contesto.

    Il sorpasso uscì in Francia col titolo Le Fanfaron e negli Stati Uniti con il titolo The Easy Life. In America, il film "diventò un fenomeno di culto"[23]: Dennis Hopper, il regista del cult movie Easy Rider si è ispirato a Il sorpasso per scrivere il suo soggetto considerato il capolavoro (nonché il capostipite) dei road movie[23].

    Il film non fu accolto con un grande successo di critica. Dino Risi racconta che alla prima erano presenti solo 50 persone [24]. Il successo di pubblico arrivò lentamente grazie al passaparola degli spettatori che avevano assistito alla proiezione. Gli incassi successivi furono eccezionali, il film infatti costò una cifra superiore ai 300 milioni di lire e ne incassò poco meno di due miliardi. La consacrazione della critica arrivò solo in tempi successivi, dopo la metà degli anni ottanta. Il sorpasso fu un successo non solo italiano ma internazionale, tanto che in Argentina alcuni credono che "sorpasso" significhi "spaccone".

    Incassi


    Incasso accertato sino a tutto il 30 giugno 1965 Lit. 1.182.686.541.

    Critica

    « Il sorpasso è un film ben narrato, pieno di notazioni acute e vivaci, ma invaso da un Vittorio Gassman eccessivo come sempre... »
    (Leandro Castellani in Rivista del Cinematografo del 1º gennaio 1963)

    « [...] in un certo senso, quindi, Risi ha sfidato le consuetudini e ha effettuato una sorta di esperimento addirittura sulle clausole e sul corpus vile, del film leggero italiano, da un lato incatenando lo spettatore e dall'altro piegando il film alle proprie esigenze, non tanto di messaggio, quanto di spirito e di umanità. Gassman ha contribuito in maniera rilevante a più di un risvolto del personaggio, che non è esente, nella costruzione e nell'interpretazione, da precise venature autobiografiche... »
    (Giacomo Gambetti su Bianco e nero del 1º gennaio 1963)

    Premi e riconoscimenti
    L'interpretazione valse a Vittorio Gassman un Nastro d'argento e un David di Donatello.
    Il film è stato anche inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare, "100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978".

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    Citazioni e riferimenti
    Nell'episodio finale del film Se permettete parliamo di donne di due anni dopo, Vittorio Gassmann guida un'auto spyder similare a quella utilizzata ne Il sorpasso, il cui clacson emette lo stesso suono, in un'evidente autocitazione del personaggio protagonista di questa pellicola.
    Nel programma televisivo Il caso Scafroglia, trasmesso dalla televisione italiana nel 2002, Corrado Guzzanti realizzò una parodia del film, utilizzando come personaggi principali Umberto Bossi (Bruno Cortona) e Giulio Tremonti (Roberto Mariani).

    Curiosita

    Quando Mariani in auto inserisce il disco Vecchio frac di Domenico Modugno, sull'etichetta c'è scritto "Zebra Film Natale 1961"; e il titolo della canzone è "L' amour et la guerre" dal film di Claude Autant-Lara Non uccidere, differente quindi da Vecchio frac.
    Prima della lunga sosta alla stazione di servizio per fare il pieno di “Supercortemaggiore, la potente benzina italiana”, si vede svariate volte il simbolo dell'Agip («cane a 6 zampe, amico fedele dell'uomo a 4 ruote» dice Cortona), che è in pratica l'unica società petrolifera riconoscibile nel film.

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    La Lancia Aurelia B24, superstite, usata nel film Il sorpasso esposta a Cinecittà nel 1995 per il centenario del cinema



    La scena del pranzo nel porto a Civitavecchia, mentre Mariani racconta a Cortona un episodio con la vicina di cui è invaghito, è un concentrato d'errori di continuità: infatti, il personaggio di Gassman mangia, beve e fuma contemporaneamente, ma il montaggio di campi e controcampi non è dei più precisi, sia per la posizione dei bicchieri sia per i gesti dell'attore. In particolare, quando Cortona è inquadrato di fronte beve da un bicchiere (il più esterno), mentre quando è inquadrato di spalle usa l'altro (quello di Mariani); inoltre, nell'alternanza di inquadrature, beve appena dopo aver posato il bicchiere, e quando lo posa di nuovo appare improvvisamente con la sigaretta fra le dita della stessa mano...
    Il monte Fumaiolo citato da Roberto Mariani è impossibile da vedersi dalla maremma grossetana, in quanto il monte si trova nell'Appennino. In realtà esiste un monte Fumaiolo anche in provincia di Viterbo, al confine con quella di Grosseto, e quindi visibile da tali zone (fonte Atlante stradale d'Italia Esso). Forse Mariani vuol fare una specie di scherzo a Cortona, inducendolo a credere che sia il Fumaiolo dove nasce il Tevere, ma che, di fronte alla risposta tranchant di Cortona, avrebbe lasciato cadere la cosa.
    Curioso anche il riferimento alla madre del Duce, Rosa Maltoni, nome che oggi passa inosservato ai più, ma che quando fu girato il film, 17 anni dopo la Liberazione, era ancora ben noto: « una maestrina, si chiamava Rosa Maltini – Maltini eh, non Maltoni!...» precisa Cortona.
    Dopo la rissa nel locale notturno, Gassman seduto al tavolo lasciato libero dal “commendatore” risucchia in un sol colpo quasi un intero creme-caramel: dodici anni dopo esibì questa sua abilità in una storica puntata di Canzonissima presentata da Pippo Baudo



     
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