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Khalil Gibran
Khalil Gibran (arabo: جبران خليل جبران Jibrān Khalīl Jibrān) (Bsharri, 6 gennaio 1883 – New York, 10 aprile 1931) fu un poeta, pittore e filosofo libanese.
Libanese di religione cristiano-maronita emigrò negli Stati Uniti; le sue opere si diffusero ben oltre il suo paese d'origine: fu tra i fondatori, insieme a Mikha'il Nu'ayma (Mikhail Naimy), dell'Associazione della Penna (al-Rābita al-Qalamiyya), punto d'incontro dei letterati arabi emigrati in America. La sua poesia venne tradotta in oltre 20 lingue, e divenne un mito per i giovani che considerarono le sue opere come breviari mistici. Gibran ha cercato di unire nelle sue opere la civiltà occidentale e quella orientale.
Fra le opere più note: Il Profeta e Massime spirituali.Non sono né un artista né un poeta.
Ho trascorso i miei giorni scrivendo e dipingendo,
ma non sono in sintonia
con i miei giorni e le mie notti.
Sono una nube,
una nube che si confonde con gli oggetti,
ma ad essi mai si unisce.
Sono una nube,
e nella nube è la mia solitudine,
la mia fame e la mia sete.
La calamità è che la nube, la mia realtà,
anela di udire qualcun altro che dica:
<<non sei solo in questo mondo
ma siamo due, insieme,
e io so chi sei tu>>.
Biografia
La gioventù in Libano
Gibran Khalil Gibran nacque in Libano (allora parte dell'Impero ottomano), nella città maronita di Bsharri, nel nord montagnoso del paese.
A causa della condizione precaria della famiglia Gibran non ebbe una educazione formale, anche se fu istruito da alcuni preti sulla Bibbia, la lingua siriaca e quella araba. Fu in questo periodo che Gibran iniziò a sviluppare le idee che ispirarono i suoi primi lavori (come Il Profeta).
Il padre di Gibran, un esattore, fu imprigionato per peculato e le autorità ottomane confiscarono tutti i suoi beni, compresa la casa di famiglia, prima di rilasciarlo nel 1894.
Mentre il padre rimase in Libano, la madre di Gibran, Kamila, decise di trasferirsi con i figli (Khalil, le sorelle Mariana e Sultana, il fratellastro Boutros/Peter) presso suo fratello, che era già emigrato negli Stati Uniti (a New York): qui approdarono il 17 giugno 1895.
Gioventù ed educazione americana
Subito dopo l'arrivo a New York, la famiglia si trasferì a Boston, dove allora viveva la seconda comunità siriana più grande d'America, compresi altri parenti; la madre cominciò a lavorare come merciaia ambulante. Dal 30 settembre 1895 Gibran frequentò la sua prima scuola a Boston, dove l'insegnante di inglese lo persuase a cambiare il suo nome completo, Jibran Khalil Jibran, in Kahlil Gibran, con modifica della grafia originaria (Khalil) per adattamento alla pronuncia americana. Gibran si iscrisse poi ad un istituto d'arte, dove mostrò una particolare inclinazione per il disegno, attirando l'attenzione del fotografo, all'epoca all'avanguardia, Fred Holland Day: già nel 1898 un editore pubblicava alcuni suoi disegni come copertine. Holland Day gli fece conoscere la scrittrice Josephine Peabody, che più tardi avrebbe esercitato su di lui un'influenza benefica e stimolante.
Breve rientro in Libano
Nel 1899, dietro consiglio della madre, Gibran fece ritorno in Libano, dove si iscrisse al College de la Sagesse, una scuola superiore maronita di Beirut. Qui frequentò anche corsi di letteratura araba e fu attratto dalla letteratura romantica francese, fondò una rivista letteraria studentesca e fu eletto "poeta del collegio". La vita in comune con il padre, nel frattempo, divenne insostenibile, tanto che Gibran decise di ritornare in America, dopo aver terminato diligentemente gli studi nel 1902.
Ritorno in America
Rientrato a Boston, apprese della morte di Sultana, appena quattordicenne, per tubercolosi; l'anno successivo fu testimone anche della morte di Boutros, sempre per tubercolosi, e della madre, di tumore. Successivamente Gibran decise di vendere la merceria, aperta dalla madre anni prima, non sentendosi portato per un simile lavoro. Sua sorella Mariana dovette mantenere entrambi lavorando presso una sartoria. Nel frattempo Gibran venne introdotto in un circolo molto esclusivo di intellettuali, da Josephine Peabody, che divenne sua amante. Li rendeva simili l'indipendenza e la fierezza di carattere. La passione svanì ben presto e nel 1904, in occasione della sua prima mostra, alla galleria di Day, Gibran fece conoscenza con Mary Elizabeth Haskell, di dieci anni più anziana e ammiratrice delle sue opere, tramite la quale ebbe la possibilità di esporre le medesime nell'istituto dove la Haskell era preside. Negli anni che vanno dal 1904 al 1908 collaborò con il giornale al-Muhajir ("L'emigrante") nella stesura di articoli dedicati agli arabi. Inoltre si intensificava sempre più il legame con la Haskell. Visto l'amore di entrambi per le lettere, nacque una duratura comunanza letteraria che grazie ai preziosi consigli di natura linguistica di Mary, avrebbe dato a Gibran negli anni futuri la possibilità di scrivere in inglese. Nonostante la loro discrezione pubblica, la loro corrispondenza rivela una forte intimità.
Viaggi in Europa
La Haskell nell'anno 1908 gli fece dono di un viaggio a Parigi, dandogli la possibilità di studiare arte con Auguste Rodin per due anni. Gibran accettò volentieri ed a Parigi studiò Nietzsche, Voltaire, Rousseau, oltre a pittura presso l'accademia "Julian", dove conobbe l'artista e amico per la vita Youssef Howayek. Si recò brevemente a Londra con l'amico e scrittore arabo Amin al-Rihani (Ameen Rihani) che ammirava moltissimo. Nell'anno 1909 morì il padre e Gibran, avuta notizia della benedizione in punto di morte del genitore, ne fu confortato.
Ritorno definitivo in America [modifica]Ritornato negli Stati Uniti, riprese gli studi d'arte a Boston. In America, dove le sue opere vennero esposte in centinaia di gallerie, trascorse gli ultimi vent'anni di vita, mentre la sua fama superava i confini del continente americano arrivando presto in tutto il mondo.
Morte ed eredità
Gibran morì a New York il 10 aprile 1931 di cirrosi epatica e tubercolosi incipiente a uno dei polmoni. Aveva sempre espresso il desiderio di essere sepolto in Libano, dove la sua salma fu subito trasportata con grandi onori; il desiderio fu realizzato appieno nel 1932, quando la sorella Mariana e Mary Haskell acquistarono il Monastero Mar Sarkis in Libano.
La corrispondenza tra Gibran e Mary Haskell è archiviata presso la University of North Carolina Library. Una collezione di un centinaio di opere d'arte è conservata al Telfair Museum of Art di Savannah (Georgia).
Produzione letteraria
La lingua
La maggior parte dei primi scritti di Gibran fu in arabo, ma dopo il 1918 pubblicò quasi esclusivamente in inglese. Il suo primo libro in questa lingua, pubblicato dalla casa editrice Alfred Knopf nel 1918, fu The Madman (Il folle), un breve volumetto di aforismi e parabole scritti in cadenza biblica, a mezza via tra poesia e prosa.
Gibran partecipò anche alla Associazione della Penna, nota anche come i "poeti d'emigrazione" (al-mahjar), assieme ad altri autori libanesi americani come Amin al-Rihani ("il padre della letteratura libanese-americana"), Elia Abu Madi e (Elia D. Madey) Mikha'il Nu'ayma (Mikhail Naimy), amico intimo e grande conoscitore della letteratura araba, il cui nipote, Samir, sarebbe figlioccio di Gibran.
I temi
Molti degli scritti di Gibran hanno per argomento il Cristianesimo, in particolare il tema dell'amore spirituale. La sua opera poetica si distingue per l'uso di un linguaggio formale e per osservazioni sui temi della vita mediante termini spirituali.
L'opera più nota di Gibran è Il Profeta, un volume composto di 26 saggi poetici pubblicato nel 1923 e tradotto in più di 20 lingue. Durante gli anni sessanta, Il Profeta fu popolarissimo nella controcultura americana e nei movimenti New Age e resta tuttora celebre.
Juliet Thompson riferì che Gibran le aveva detto di aver pensato ad `Abdu'l-Bahá, allora guida della religione Bahá'í, durante tutta la stesura de Il Profeta. La figura di `Abdu'l-Bahá influenzò anche Gesù, il Figlio dell'Uomo (Jesus, The Son of Man), un'altra sua opera. È assodato che in questi anni Gibran dipinse due ritratti di `Abdu'l-Bahá.
Uno dei suoi versi in inglese più notevoli appare in Sabbia e spuma (Sand and Foam, 1926): Half of what I say is meaningless, but I say it so that the other half may reach you (Metà di quel che dico non ha senso, ma lo dico perché l'altra metà possa giungere a te).
Bibliografia delle principali traduzioni delle opere in lingua italiana
Lettere a Mayy di Gibràn Khalìl Gibràn, versione dall’arabo di M.A. De Luca, prefazione di A. Borruso, in Quaderni del Mediterraneo, 2, 1981, pp. 23-131.
K. Gibran, Lazzaro e la sua amata, introduzione, traduzione e commento di B. Pirone, in Quaderni di Terra Santa, Gerusalemme 1982.
K. Gibran, I segreti del cuore, a cura di N. Crocetti, Guanda, Milano 1982.
K. Gibran, Il giardino del Profeta, a cura di N. Crocetti, SE, Milano 1986.
K. Gibran, Il folle, a cura di I. Farinelli, SE, Milano 1988.
K. Gibran, Il precursore, a cura di G. Angarano, Guanda, Milano 1988.
K. Gibran, Il vagabondo, a cura di I. Farinelli, SE, Milano 1988.
K. Gibran, Gli dei della terra, a cura di I. Farinelli, SE, Milano 1989.
K. Gibran, Il pianto e il sorriso, a cura di L. Carra, Guanda, Milano 1989.
K. Gibran, Sabbia e schiuma, a cura di I. Farinelli, SE, Milano 1990.
K. Gibran, Frammenti ritmati, traduzione di C. M. Guzzetti, SEI, Torino 1991.
K. Gibran, La voce del maestro, a cura di I. Farinelli, SE, Milano 1991.
K. Gibran, Le tempeste, a cura di V. Colombo, Feltrinelli, Milano 1991.
K. Gibran, Massime spirituali, a cura di G. e I. Farinelli, SE, Milano 1992.
K. Gibran, Tutte le poesie e i racconti, a cura di T. Pisanti, Newton Compton, Roma 1993.
K. Gibran, Il miscredente, traduzione di R. Rossi Testa e Y. Tawfik, Guanda, Milano 1994.
K. Gibran, Le ninfe della valle, a cura di H. Haidar, traduzione di G. Angarano, TEA, Milano 1994.
K. Gibran, Scritti orientali, a cura di G. e I. Farinelli, SE, Milano 1994.
K. Gibran, Spiriti ribelli, a cura di R. Rossi Testa e Y. Tawfik, traduzione di G. Angarano, Guanda, Milano 1995.
K. Gibran, Versi spirituali, a cura di R. Rossi Testa e Y. Tawfik, Guanda, Parma 1995.
K. Gibran, Lettere d’amore. Corrispondenza con Mayy Ziyadah, cura e traduzione di V. Colombo, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1996.
K. Gibran, Le lettere d’amore del profeta, a cura di P. Coelho, Bompiani, Milano 1998.
K. Gibran, Ali spezzate, a cura di A. Perduca, Edizioni, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2000.
K. Gibran, Pensieri e meditazioni, traduzione di M.C. Scotto di Santillo, Edizioni Mediterranee, Roma 2000.
K. Gibran, Lazzaro e il suo amore, introduzione e traduzione di F. Medici, postfazione di K. Gibran e J. Gibran, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2001.
K. Gibran, Iram dalle alte colonne, a cura di Y. Tawfik e R. Rossi Testa, L’Età dell’Acquario (Lindau), Torino 2002.
K. Gibran, Tesori dello Spirito, a cura di S. Bushrui, traduzione di R. Terrone, Armenia, Milano 2002.
K. Gibran, Il cieco, traduzione e commento di F. Medici, prefazione di K. Gibran e J. Gibran, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2003.
K. Gibran, La stanza del profeta, scritti inediti tradotti e commentati da F. Medici, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2004.
K. Gibran, Il Profeta, nuova edizione curata e tradotta da F. Medici, con i manoscritti e le illustrazioni originali dell’Autore, testo originale inglese a fronte, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2005.
K. Gibran, Gesù, il figlio dell’uomo, introduzione e traduzione di E. Scognamiglio, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2006.
K. Gibran, Scritti dell’ispirazione, traduzione di E. Dornetti, Feltrinelli, Milano 2006.
K. Gibran, Venti disegni, a cura di F. Medici, con un saggio di A. Raphael, prefazione di E. Scognamiglio, postfazione di C. Ferrari, con due testi del Poeta, testo arabo originale a fronte, Edizioni Giuseppe Laterza, Bari 2006.
K. Gibran, La notte ti parlerò d’amore, a cura di H. Haidar, Piemme, Casale Monferrato (AL) 2007.
Mio amato profeta. Lettere d’amore di Kahlil Gibran e Mary Haskell, a cura di V. Hilu, introduzione all’edizione italiana di I. Farinelli, Edizioni Paoline, Milano 2007.
Poeti arabi a New York. Il circolo di Gibran, introduzione e traduzione di F. Medici, prefazione di A. Salem, Palomar, Bari 2009.
K. Gibran, Come fiori nella polvere, a cura di H. Haidar, Piemme, Milano 2010.
(da wikipedia)
Lettere a Mary Haskell
Mi sento come un campo seminato
nel cuore dell'inverno, e so
che primavera sta arrivando.
I miei ruscelli prenderanno a scorrere
e la piccola vita che dorme in me
salirà in superficie
al primo richiamo.
New York, 1 marzo 1916
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Come potrebbero due esseri capirsi
senza quella speciale comunicazione di silenzi?
New York, 19 dicembre 1913
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Una stanza, o una casa,
diventa sempre simile a chi vi abita.
Perfino la grandezza di una stanza
varia a seconda della grandezza
del cuore.
New York, 24 gennaio 1923
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Tutte le cose sono belle in sé,
e più belle ancora diventano
quando l'uomo le apprende.
La conoscenza è vita con le ali.
New York, 15 novembre 1917
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Una mano aperta che tiene una rosa:
o, piuttosto,
un fiore che cresce in una mano aperta:
Una mano aperta
è già un bellissimo simbolo,
e quando poni un fiore
sul palmo di una mano
aggiungi molto alla sua bellezza.
sia benedetta la tua mano
sulla quale crescono le rose.
(Da una lettera a Mary Haskell, per la cui sorella Gibran
ideò il simbolo della mano con la rosa.)
New York, 1 maggio 1919
Lettera a May Ziadeh
New York, 11 giugno 1919
Un amico lontano
è a volte più vicino
di qualcuno a portata di mano.
E' vero o no
che la montagna ispira più reverenza
e appare più chiara al viandante della valle
che non all'abitante delle sue pendici ?
Citate da Barbara Young
This Man from Lebanon
Credo vi siano al mondo,
gruppi di persone e individui
che sono affini
indipendentemente dalla razza.
Dimorano nello stesso regno della coscienza.
E' questa la parentela, semplicemente questa.
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Se ci fosse una sola stella nel firmamento
e un solo fiore per sempre bianco,
se un solo albero si innalzasse nella valle
e la neve cadesse
una volta sola ogni cent'anni,
anche allora sapremmo
la generosità dell'infinito.
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Siamo amici,
io non desidero niente da te,
tu non vuoi nulla da me.
io e te dividiamo la vita.
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La colpa non esiste
se non nella misura
in cui noi stessi l'abbiamo creata.
Siamo noi, perciò, che dobbiamo distruggerla.
Se scegliamo di fare il male,
il male esiste
finché noi stessi non lo distruggiamo.
Il bene non possiamo farlo,
perché è il respiro stesso dell'universo:
ma possiamo scegliere
di respirare e vivere in esso
e con esso.
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So che non lascerò questa terra
stranamente bella
finché gli angeli non vedranno
che il mio lavoro è finito.
e sento che l'io in me non perirà,
mai annegherà
nel grande mare che si chiama Dio.
Citate da Mary Haskell
Ognuno ha qualcosa che desidera donare:
e così, troppo spesso,
nessuno è disposto a prendere.
Poniamo che io abbia una casa
e inviti gente.
Verranno e accetteranno la mia casa,
il mio cibo e perfino le mie idee,
ma non il mio amore.
E invece proprio l'amore
è ciò che la maggior parte di noi
desidera donare sopra ogni altra cosa.
Cambridge, 30 maggio 1922
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Ogni quadro è un ritratto...
un autoritratto.
Ogni poesia
è un'autobiografia.
Ogni scoperta
è scoperta di sé.
Cambridge, 28 aprile 1922
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Cos'è la poesia?
Un prolungamento della vista
- e la musica è
un prolungamento dell'udito.
Voglio che un uomo dica,
leggendo queste pagine:
"Ci sono altri mondi
- remoti, solitari, silenziosi, lontani -
di strana, deliziosa vita:
andiamo!"
New York, 20 giugno 1914
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Se riuscirò ad aprire
un angolo nuovo
nel cuore di un uomo
per lui non sarò vissuto invano.
Boston, 25 dicembre 1912
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Quando qualcuno sembra lento,
è lento in una certa direzione,
e non lo è perché manca di vita,
ma perché sta facendo qualcos'altro.
E ciò che sta facendo
è ciò che ha bisogno di fare.
Può essere qualcosa
di cui non è conscio.
Ma noi siamo inconsapevoli
di molte realtà della nostra vita.
In quell'uomo c'è la stessa vita
che è in ogni cosa.
New York, 21 aprile 1920
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A volte, quando le anime sono piccole
e in primo luogo sono piccole le cose,
dobbiamo lasciarle stare
nei loro momenti bui,
perché vengano alla luce
in quella che è la loro stagione.
Ma il gesto di lasciarle a sé stesse
dev'essere un gesto d'amore.
New York, 5 febbraio 1921
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Ogni volta che due persone conversano,
sono sempre in quattro a parlare.
Tra i due che sono visibili
intercorre un rapporto diverso
da quello che lega i due invisibili.
Possono discutere animatamente,
mentre gli invisibili sono in pace
e nella più completa quiete,
oppure possono essere uniti nella carne,
mentre gli invisibili
sono completamente disgiunti.
Cambridge, 14 aprile 1922
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Nessun rapporto umano
dà l'uno in possesso dell'altro.
in ogni coppia d'anime
i due sono assolutamente diversi.
In amicizia come in amore,
i due, a fianco a fianco,
sollevano le mani
insieme
per trovare ciò che né l'uno né l'altro
può raggiungere da solo.
New York, 8 giugno 1924
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Voglio vivere la realtà.
Meglio che descrivere
con verosimiglianza il fuoco
è essere un piccolo tizzone vivo.
Voglio, prima o poi, semplicemente vivere
ciò che dico,
discorrere con la gente.
Voglio fare l'insegnante.
Poiché sono stato così solo,
voglio parlare a quelli che sono soli.
Cambridge, 18 dicembre 1920
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"Le Parole dette"
Una cosa non può essere
semplicemente detta.
Dev'essere detta ancora e ancora,
in modi diversi.
Una sinfonia dice,
in ogni movimento,
una sola grande cosa
- a volte due o tre grandi cose -
e poi la ripete ancora e ancora,
ogni volta in modo diverso,
Ma ogni volta
la musica è la stessa
Boston, 11 maggio 1918
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Tu sei la sola persona al mondo
con la quale
mi sento completamente a casa.
New York, 5 febbraio 1921)
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La lode eccessiva fa soffrire.
Essere elogiati più del dovuto
ferisce immensamente.
Se offri argento,
è doloroso sentirselo chiamare ottone o oro;
tutto ciò che desideri è che la gente dica:
"Sì, è proprio argento"...,
poiché tale è.
Questo elogio è fondato.
Ma che lo chiamino oro
ti fa solo sentire
quanto disperatamente lontano tu sia
dal fabbricare oro.
New York, 1 giugno 1924)
da: Le ali spezzate - Romanzo d'amore
L'aspetto delle cose varia secondo le emozioni,
e così noi vediamo magia e bellezza in loro:
ma bellezza e magia, in realtà, sono in noi.
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Lo spirito afflitto trova pace
solo in unione a uno spirito a lui simile.
I due convergono nell'affetto,
come uno straniero si rallegra
a vedere un altro straniero
in una terra lontana.
I cuori che si uniscono
per mezzo del dolore
non saranno separati
dalla gloria della gioia.
L'amore lavato dalle lacrime
rimane eternamente puro e bello.
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La farfalla che svolazza intorno alla lampada finchè non muore
è più ammirevole della talpa
che vive in una galleria oscura.
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La disperazione indebolisce la vista
e chiude il nostro orecchio.
Non vediamo altro che gli spettri del fato,
e udiamo solo il battito
del nostro cuore inquieto.
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Farò della mia anima uno scrigno
per la tua anima,
del mio cuore una dimora
per la tua bellezza,
del mio petto un sepolcro
per le tue pene.
Ti amerò come le praterie amano la primavera,
e vivrò in te la vita di un fiore
sotto i raggi del sole.
Canterò il tuo nome come la valle
canta l'eco delle campane;
ascolterò il linguaggio della tua anima
come la spiaggia ascolta
la storia delle onde.
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L'amore è un tesoro prezioso, è il dono che Dio fa
agli spiriti sensibili e grandi.
Getteremo via questo tesoro e lasceremo che i porci
lo sparpaglino e lo calpestino?
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Uno sguardo che rivela
il tormento interiore
aggiunge bellezza al volto,
per quanta tragedia e pena riveli,
mentre il volto
che non esprime, nel silenzio,
misteri nascosti non è bello,
nonostante la simmetria dei lineamenti.
Il calice non attrae le labbra
se non traluce il colore del vino
attraverso la trasparenza del cristallo.
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La sete dell'anima
è più dolce del vino delle cose materiali,
e il fremito dello spirito appaga più intimamente
della sicurezza del corpo.
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Esiste qualcosa di più grande e più puro
rispetto a ciò che la bocca pronuncia.
Il silenzio illumina l'anima,
sussurra ai cuori e li unisce.
Il silenzio ci porta lontano da noi stessi,
ci fa veleggiare
nel firmamento dello spirito,
ci avvicina la cielo;
ci fa sentire che il corpo
è nulla più che una prigione,
e questo mondo è un luogo d'esilio.
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Se un uomo non nasce una seconda volta,
la sua vita rimane come un foglio bianco
nel libro dell'esistenza.
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Gli affetti del cuore
sono come i rami del cedro;
se l'albero perde un ramo robusto,
soffre, ma non muore.
Riversa tutta la vitalità
Nel ramo accanto,
perchè possa crescere
e riempire il posto vuoto.
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L'amore è la sola libertà del mondo, perchè eleva lo spirito a tal punto
che le leggi dell'umanità e i fenomeni della natura
non ne alterano il corso.
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L'amore è il solo fiore che cresca e sbocci
senza l'aiuto delle stagioni.
Edited by Oceanya - 28/1/2012, 03:59.