VITE STRAORDINARIE: Indimenticabili

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  1. la sirenetta
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    Jerry Lewis

    Jerry Lewis, pseudonimo di Joseph Levitch (Newark, 16 marzo 1926), è un attore, comico e regista statunitense, uno dei cosiddetti "mostri sacri" del mondo dello spettacolo americano, ma celebre anche nel resto del mondo, considerato il comico per eccellenza del cinema statunitense del dopoguerra.

    Nato in una famiglia di origini ebraiche, da Daniel (attore di vaudeville) e Rae Levitch, Jerry trascorse l'infanzia girando in piccoli teatri di provincia con i genitori ed esordì in palcoscenico nel 1931 come componente di un coro. Quando dovette cominciare a frequentare la scuola, fu affidato dai genitori a una zia ad Albany e, in seguito, mandato a studiare in un collegio a Irvington. Qui si fece notare, più che per lo studio, per le imitazioni dei compagni e degli insegnanti. La sua carriera scolastica comunque finì presto, quando venne espulso dal collegio per aver picchiato un insegnante che parlava male degli ebrei.

    Cominciò a guadagnarsi la vita con una serie di lavori occasionali: commesso, magazziniere in una fabbrica di cappelli, fattorino in un albergo, maschera in un cinema-teatro di Brooklyn. Proprio qui, negli intervalli degli spettacoli provò a mettere in scena brevi sketch in cui imitava in playback le movenze di cantanti famosi.

    Esentato dal servizio militare per la perforazione di un timpano a seguito di un'otite, debuttò nella sua prima tournée nel 1944 toccando varie città degli Stati Uniti e del Canada. In questa occasione conobbe la giovane cantante Esther Calonico (in arte Patty Palmer) e la sposò nell'ottobre di quello stesso anno. Da lei ebbe sei figli e se ne separò dopo 36 anni di matrimonio, nel 1980.

    Un altro significativo incontro avvenne due anni dopo, con un cantante di stile confidenziale di origine italiana: Dino Crocetti, meglio conosciuto come Dean Martin. Il 26 luglio 1946, durante uno spettacolo, a causa dell'assenza di un attore, Lewis propose di far debuttare il suo amico. Il successo fu immediato, e insieme i due diventarono la coppia di attori più celebre dello spettacolo, un sodalizio portato avanti per i successivi dieci anni in teatro, al cinema e in televisione, interrotto per motivi personali nel 1956.

    I due formarono una coppia comica perfettamente bilanciata, nella quale il fascino e la sicurezza di Martin si contrapponevano ai tic e alle maniere impacciate e scoordinate di Lewis. I comici che si erano affermati prima della guerra erano ormai decaduti: i Fratelli Marx girarono il loro ultimo film nel 1949, Stanlio e Ollio si preparavano a emigrare in Europa dove, dopo un lungo periodo di silenzio, realizzarono il loro ultimo film Atollo K, mentre la coppia Bob Hope-Bing Crosby stava per esaurire la serie di film Road to.... Alla fine degli anni quaranta il pubblico sentiva il bisogno di una comicità più moderna, e il duo si distinse grazie a una comicità basata sull'interazione tra i personaggi piuttosto che su scenette scritte e pianificate a tavolino. Lewis e Martin acquisirono velocemente la fama a livello nazionale, dapprima con i loro spettacoli nei night club, successivamente quali star di un loro programma radiofonico, poi con una serie di apparizioni televisive e infine al cinema come protagonisti di una serie di film prodotti dalla Paramount Pictures.

    Il loro primo film fu La mia amica Irma (1949), al quale fece subito seguito Irma va a Hollywood (1950). I due film erano la trascrizione cinematografica di scenette che i due avevano già recitato in una trasmissione radiofonica a puntate, ai quali Lewis aggiunse alcune gag mimico-gestuali (famoso il duetto con uno scimpanzé che fuma, beve e gioca a carte) che poi caratterizzeranno tutto il suo modo di recitare.

    La coppia lavorò insieme a ben sedici lungometraggi tra i quali Attente ai marinai (1951), Morti di paura (1953), Il nipote picchiatello (1955), Artisti e modelle (1955) e Hollywood o morte! (1956), gli ultimi due diretti dal regista Frank Tashlin, collaborando inoltre a centinaia di apparizioni a teatro, in tv, in radio, e a decine di incisioni musicali. Ad attestare la popolarità della coppia, la DC Comics pubblicò dal 1952 la serie a fumetti intitolata The Adventures of Dean Martin and Jerry Lewis.

    Il 25 luglio 1956, a dieci anni esatti dall'inizio della loro unione artistica, Lewis e Martin annunciarono la loro separazione nel corso di uno show al Copacabana di New York. Da più parti arrivarono richieste, ingaggi e proposte affinché i due cambiassero idea, ma la rottura fu definitiva. L'affiatamento era venuto meno a causa dello sbilanciamento dei ruoli cinematografici via via sempre più a sfavore di Martin. Particolarmente imbarazzante fu la pubblicazione di una fotografia sulla copertina di Look Magazine, che nel 1954 utilizzò un'immagine pubblicitaria del duo, tagliando però la metà della foto in cui appariva Martin. La serie a fumetti continuò ad essere pubblicata ancora per un anno dopo lo scioglimento della coppia, per poi continuare fino al 1971, con il solo Lewis come protagonista assoluto. In questa seconda fase della serie, Lewis si incontrava spesso con supereroi come Superman, Batman, e vari altri personaggi della DC Comics.

    La separazione artistica sembrò nei primi tempi giovare soprattutto a Dean Martin, che cominciò ad essere ingaggiato in ruoli più significativi (I giovani leoni, Qualcuno verrà, Un dollaro d'onore) mentre Lewis apparve in pellicole (Il delinquente delicato, Il marmittone) che rischiavano di ingabbiarlo in una comicità ormai di maniera.

    A salvarlo dalla routine fu la ripresa della collaborazione con Frank Tashlin con altri quattro film tra cui Il balio asciutto (1958) e Il Cenerentolo (1960).

    Nel 1960, l'uscita di Il Cenerentolo venne rimandata al Natale successivo per problemi di post-produzione, ma la Paramount aveva bisogno di un nuovo film da lanciare nel periodo estivo, e chiese a Lewis di produrne uno. Lewis realizzò quindi Ragazzo tuttofare, suo debutto alla regia. Usando come location il Fontainebleau Hotel di Miami, con un bilancio ristretto a disposizione, con brevi tempi di ripresa e nessun copione pronto, Lewis girò il film giorno per giorno. Bill Richmond collaborò all'ideazione delle scene e delle gag, ispirate alle comiche del periodo del cinema muto. Durante la produzione, Lewis sviluppò la tecnica del video-assist, usando molteplici monitor che gli permettevano di rivedere, in tempo reale, il girato. In seguito, la tecnica utilizzata da Lewis divenne pratica abituale di qualsiasi altro regista.

    Quasi per caso Lewis diventò quindi anche regista dei suoi film, proseguendo brillantemente la sua carriera nel cinema e diventando uno dei registi più apprezzati in Europa, osannato nei Cahiers du Cinéma dalla critica francese come "il regista totale" (The Total Film-maker divenne anche il titolo di un libro in cui Lewis mise per iscritto gli argomenti di un corso di arte drammatica che aveva tenuto a Hollywood), l'unico in grado di rendere un film comico "registicamente perfetto".

    Dopo Ragazzo tuttofare, ben accolto dappertutto da critica e pubblico fuorché in Italia, Lewis diede seguito alla sua carriera di regista dirigendo svariati altri film, di cui spesso scrisse anche la sceneggiatura, inclusi L'idolo delle donne e Il mattatore di Hollywood (entrambi del 1961), Jerry 8 e 3/4 (1964) e il suo acclamato capolavoro, Le folli notti del dottor Jerryll (1963).

    Nel 1965 Lewis diresse la commedia I sette magnifici Jerry, scritta insieme a Bill Richmond: è la storia di una orfanella milionaria che deve scegliere il suo nuovo "tutore" tra sei catastrofici zii, tutti quanti interpretati dallo stesso Lewis. Del 1970 è Scusi, dov'è il fronte?, film che ottenne un clamoroso successo in Francia, ma che venne snobbato in patria.

    Nel 1972 Lewis recitò e diresse l'inedito The Day the Clown Cried, un melodramma ambientato in un campo di concentramento nazista. Lewis raramente parla di questo film, ma una volta spiegò che la sua mancata distribuzione fu dovuta a difficoltà finanziarie e dispute legali con gli sceneggiatori. L'insuccesso del progetto, a cui Lewis si sentiva molto legato, lo portò ad una lunga pausa dall'attività cinematografica, in cui si dedicò prevalentemente alle sue trasmissioni televisive di beneficenza. Tornò al cinema solo nel 1980 con la regia e l'interpretazione in Bentornato picchiatello.

    Lewis provò anche a intraprendere una carriera musicale parallela al cinema negli anni Cinquanta, conquistando un buon successo in classifica con la canzone Rock-a-Bye Your Baby with a Dixie Melody (una canzone cantata originariamente da Al Jolson e diventata famosa grazie a Judy Garland), così come con la canzone It All Depends On You, nel 1958. Queste, e altre canzoni, saranno successivamente raccolte nell'album Jerry Lewis Just Sings.

     
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    Luigi Vannucchi

    Luigi Vannucchi (Caltanissetta, 25 novembre 1930 – Roma, 30 agosto 1978) è stato un attore e doppiatore italiano. Padre dell'attrice Sabina Vannucchi, è stato attivo in cinema, teatro e televisione.
    Luigi Vannucchi nasce a Caltanissetta in una famiglia colta e agiata. Molto presto la famiglia si trasferisce in Cirenaica per motivi di lavoro, e dopo tre anni torna in Italia per stabilirsi a Roma dove Vannucchi trascorre l'infanzia.
    Durante la guerra il padre accetta di lavorare a Modena all'ufficio del Catasto. Qui Vannucchi frequenta brillantemente il Liceo classico e si interessa molto alla letteratura e alla poesia, diplomandosi a diciassette anni. Alla fine del liceo, contro il parere dei genitori, decide di iscriversi all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica di Roma e già durante i corsi ha modo di segnalarsi come attore promettente in occasione dei saggi di fine anno. Prima ancora di diplomarsi, nel 1951 i suoi docenti Silvio D'Amico e Orazio Costa lo fanno debuttare nella parte di Cristo nel lavoro teatrale Donna del Paradiso.
    Studia contemporaneamente lettere e filosofia ma lascia al quarto anno per fare definitivamente l'attore. Diplomatosi nel 1952, entra a far parte della compagnia Gassman-Squarzina e ottiene successo con rappresentazioni classiche: affianca Gassman in Amleto interpretando la parte di Laerte, poi interpreta Tieste, I Persiani, Antigone e Prometeo.
    Nel corso del 1954 passa alla Compagnia Teatro Nuovo di Gianfranco De Bosio con diversi spettacoli, tra cui la trasposizione teatrale di Buio a mezzogiorno di Koestler. Nel 1955 Lucio Ardenzi lo coinvolge in una tournée nell'America del Sud, organizzata anche dal Ministero dello spettacolo. Nel 1956 comincia la collaborazione con Memo Benassi nella Compagnia del Teatro regionale emiliano, con gli spettacoli Inquisizione di Diego Fabbri e Hedda Gabler di Ibsen. Nel 1957 è scritturato dal Piccolo Teatro di Milano per la parte di Saint Just ne I giacobini di Federico Zardi con la regia di Giorgio Strehler e nella parte di Florindo nell'Arlecchino servitore di due padroni (1959).
    Negli anni sessanta diventa protagonista televisivo delle più grandi produzioni RAI, raggiungendo una grande popolarità e recitando in più di trenta sceneggiati, quali Tutto da rifare, pover'uomo, Una tragedia americana, Delitto e castigo e I promessi sposi nel ruolo di Don Rodrigo.
    All'inizio degli anni settanta Vannucchi entra nella Compagnia Gli Associati con Valentina Fortunato, Giancarlo Sbragia, Ivo Garrani, Sergio Fantoni, Valeria Ciangottini, Paola Mannoni, e altri. Alla base di questo sodalizio c'è la volontà di emanciparsi dai teatri stabili in cui spesso gli attori devono sottostare a questioni contrattuali discutibili e a limitazioni della propria libertà e creatività. Con Gli Associati Vannucchi partecipa a spettacoli di grande successo: Strano interludio, Otello, Inferni, e tanti altri. Uno degli allestimenti più importanti di questa Compagnia è la rappresentazione de Il vizio assurdo di Lajolo-Fabbri, sulla vita di Cesare Pavese di cui Vannucchi è protagonista.
    A questa intensa attività Vannucchi affianca il cinema, la televisione, la radio, il doppiaggio e altre attività. La carriera televisiva lo rende molto popolare al grande pubblico. Oltre ad apparire come attore in spettacoli teatrali trasmessi dalla televisione, partecipa come ospite a trasmissioni di intrattenimento, ma soprattutto continua ad essere protagonista di sceneggiati televisivi di grande successo: Il cappello del prete, A come Andromeda, Giocando a golf una mattina.
    Per quanto riguarda il cinema, non sono moltissimi i film girati da Vannucchi e non tutti di grande successo. Tra questi, La tenda rossa di Mikheil Kalatozishvili, L'assassinio di Trotsky di Joseph Losey e Anno uno di Roberto Rossellini, in cui ha interpretato il ruolo di Alcide De Gasperi.
    Nel pieno della maturità artistica, muore suicida a Roma il 30 agosto del 1978, con le stesse modalità con cui si era tolto la vita, nel 1950, lo scrittore Cesare Pavese.
    È sepolto alla Certosa di Bologna.
    Esiste una tesi di laurea su Vannucchi, "Luigi Vannucchi: tre maschere per un attore", discussa da Sara Ridolfo presso l'Università degli studi di Catania nel 2007.
     
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    Alfred Hitchcock

    Sir Alfred Joseph Hitchcock (Leytonstone, 13 agosto 1899 – Los Angeles, 29 aprile 1980) è stato un regista e sceneggiatore inglese. È conosciuto, grazie ai suoi capolavori gialli, come «maestro del brivido».

    Terzogenito di William, il piccolo Alfred è un bambino pauroso e solitario, con pochi amici: questi elementi, assieme alla avversione per la polizia (maturata in seguito ad un episodio della sua infanzia che lo vede rinchiuso per punizione in un commissariato) saranno molto presenti nei suoi film.

    Riceve una rigida educazione religiosa, la sua famiglia è una delle rare famiglie cattoliche dell'Inghilterra, e viene mandato a frequentare il Collegio di Saint Ignatius, alla morte del padre abbandona il collegio proseguendo gli studi presso la scuola di Ingegneria e Navigazione laureandosi.

    Da giovane Hitchcock è attratto molto dal mondo del crimine: collezionava saggi ed articoli ed era solito visitare continuamente il museo del crimine di Scotland Yard.

    Trova il suo primo lavoro nel 1915 come disegnatore presso la Henley telegraph and cable Company, ma la sua prima occupazione nel mondo del cinema la ottiene nel 1920 presso un nuovo studio londinese, dove disegna i titoli di testa per film durante i due anni successivi.

    Nel 1923 Hitchcock è assunto dalla Gainsborough Pictures dove si occupa di tutto, dalla sceneggiatura, ai disegni, dai titoli alle scenografie fino al montaggio e all'aiuto regia.

    Finalmente, nel 1925 gli viene affidato il suo primo film da regista: The Pleasure Garden girato in parte sul Lago di Como.

    Nel 1926, Hitchcock sposa Alma Reville. La moglie collaborerà come sceneggiatrice a molti dei suoi film. Alma e Alfred avranno una figlia, Patricia (1928) che collaborerà come attrice in alcuni dei film del padre.

    Nello stesso anno gira il suo 2º film The Mountain Eagle, andato perduto. Il suo primo vero film di successo è Il pensionante, dove affronta per la prima volta una delle sue tematiche ricorrenti: l'innocente accusato ingiustamente di un crimine (lo ritroveremo in film più famosi quali Intrigo internazionale o La donna che visse due volte,...). Nel 1929, Hitchcock dirige Ricatto, suo primo film sonoro. Negli anni successivi dirige una serie di film di successo come L'uomo che sapeva troppo, Il club dei trentanove, Giovane e innocente e La signora scompare.

    Diventato ormai il regista di punta del cinema inglese, nel 1940 viene chiamato a Hollywood da David O. Selznick, il produttore di Via col vento. Inizialmente Hitchcock deve dirigere un film sulla tragedia del Titanic, ma preferisce un altro soggetto, tratto dal bestseller di Daphne Du Maurier, Rebecca, la prima moglie che vince l'Oscar come miglior film dell'anno.

    Nel giro di pochi anni dirige una serie di film indimenticabili: da Il sospetto a L'ombra del dubbio, da Io ti salverò a Notorious, l'amante perduta. All'inizio degli anni cinquanta passa alla Warner, con cui gira Delitto per delitto e La finestra sul cortile.

    Nel 1955 inizia a produrre e a girare alcuni episodi del famoso telefilm Alfred Hitchcock presenta. Dopodiché una serie ininterrotta di capolavori: Il delitto perfetto, Caccia al ladro, L'uomo che sapeva troppo (remake dell'omonimo film del 1934 diretto dallo stesso Hitchcock), La donna che visse due volte, Intrigo internazionale, Psycho e Gli uccelli.

    Nel 1976 gira il suo ultimo film, Complotto di famiglia. La mattina del 29 aprile 1980 muore stroncato da un infarto a Los Angeles all'età di 81 anni, avendo vissuto quasi un secolo di storia del cinema e attraversato tutte le tappe principali del mondo del cinema. Con la sua morte rimane incompiuto il film che avrebbe dovuto chiamarsi La notte breve (The Short Night).

    Il MacGuffin è un artificio introdotto nello svolgimento della trama del film, di scarsa rilevanza per il significato della storia in sé, ma che è necessario per sviluppare certi snodi fondamentali della trama. Si tratta di un concetto del tutto peculiare nel cinema di Alfred Hitchcock e viene descritto dal regista in una piccola storiella, nel celebre libro-intervista con François Truffaut:

    Due viaggiatori si trovano in un treno in Inghilterra. L'uno dice all'altro: «Mi scusi signore, che cos'è quel bizzarro pacchetto che ha messo sul portabagagli? — Beh, è un MacGuffin. — E che cos'è un MacGuffin? — È un marchingegno che serve a catturare i leoni sulle montagne scozzesi. — Ma sulle montagne scozzesi non ci sono leoni! — Allora non esiste neppure il MacGuffin!».
    Considerando il film come uno spettacolo di per sé e non già come una copia conforme della realtà, e potendo sacrificare talvolta anche la verosimiglianza della storia, Hitchcock si serve, dunque, di questo espediente per manipolare lo spettatore e per far sì che si immedesimi nella stessa paura provata dall'eroe o dall'eroina del film.

    Il MacGuffin («scappatoia, trucco, espediente», come lo definisce il regista) è un elemento della storia che serve come inizializzazione o come giustificazione ma che, di fatto, si manifesta senza grande importanza nel corso dello sviluppo della trama del film.

    Alcuni esempi di MacGuffin:

    In Psycho (1960) il MacGuffin è rappresentato dal denaro sottratto da Marion al suo datore di lavoro all'inizio del film; l'episodio costituisce un pretesto narrativo per condurre Marion al motel di Norman Bates; quest'ultimo la ucciderà non sapendo nemmeno dell'esistenza del denaro.
    In Notorious (1946), il MacGuffin è l'uranio contenuto nelle bottiglie di vino. È il motivo per cui la storia si sviluppa ma non è importante che nelle bottiglie ci sia necessariamente dell'uranio. Infatti, durante la realizzazione del film si era discusso di sostituire l'uranio con dei diamanti.
    In Intrigo internazionale (1959), il MacGuffin è la non meglio precisata informazione segreta di cui avrebbe dovuto essere a conoscenza Caplan, l'uomo per cui è scambiato Roger Thornhill (Cary Grant). Grant, per gran parte del film cerca di trovare il fantomatico Caplan senza capire che in realtà non esiste.
    La suspense, ben distinta dalla sorpresa (più caratteristica del genere horror) ed a cui Hitchcock la preferisce, è ottenuta grazie ad uno scollamento tra ciò di cui è a conoscenza lo spettatore e ciò di cui è a conoscenza il personaggio sulla scena; lo spettatore si trova così in uno stato di ansiosa attesa, spesso rinforzata da temi musicali accentuati, ombre o luci particolari.

    Mentre nel cinema horror l'effetto sorpresa consiste nel far apparire improvvisamente un qualcosa (o un qualcuno) che lo spettatore non si attende, nei film di impronta hitchcockiana l'effetto ansiogeno e di paura dello spettatore sono commisurati al grado di consapevolezza o di incoscienza del pericolo che grava sul personaggio.

    Esempio paradigmatico è La finestra sul cortile, in cui soltanto chi guarda il film vede il vicino di casa sospetto uscire di notte con una donna, mentre il personaggio Jeffrey in quel momento sta dormendo. Allo stesso modo, in Psycho, lo spettatore, mentre il detective sale le scale della casa di Norman, vede la porta aprirsi, riuscendo quindi a prevedere l'omicidio del malcapitato.

    Caratteristica comune a quasi tutti i film di Hitchcock, ad eccezione di quelli girati in Inghilterra nel periodo giovanile, è la sua presenza in almeno una scena. Il regista riferì che all'inizio della sua carriera si prestava per presenze casuali, laddove ci fosse stato bisogno di una comparsa; successivamente, le sue apparizioni cameo divennero una consuetudine scaramantica e, infine, una specie di gioco per gli spettatori, che, a ogni uscita di un nuovo film, dovevano cercare d'individuare in quale inquadratura si fosse nascosto. Memorabili gli espedienti usati per le apparizioni nei film "claustrofobici", in cui il set era interamente costituito da un'unica scena ed era difficile inserire una "comparsata": ad esempio, ne I prigionieri dell'oceano, tutto girato su una barca di naufraghi, compare in una fotografia sulla pagina di un giornale; analogamente, ne Il delitto perfetto, che si svolge quasi per intero all'interno di un appartamento, lo si può riconoscere in una fotografia di compagni di scuola mostrata dal protagonista. Anche Nodo alla gola è un altro film girato tutto in un appartamento e qui appare due volte: nella prima inquadratura attraversa una strada con una donna e poi in maniera virtuale mediante un'insegna al neon che riproduce il suo profilo, posta sul tetto dell'edificio di fronte. In Intrigo internazionale appare come passeggero che non riesce a salire su un autobus alla fine della sigla iniziale. Ne La finestra sul cortile invece appare in una scena insieme al musicista che suona al pianoforte, proprio di fronte l'appartamento di James Stewart. In Caccia al ladro invece appare come passeggero a bordo dell'autobus, seduto accanto a Cary Grant.

    Hitchcock era uno dei pochi registi che arrivava al momento di girare con degli storyboard dettagliatamente disegnati da lui stesso ma, pur nel rigore dei suoi lavori minuziosamente studiati, è stato un geniale sperimentatore di linguaggi visivi nuovi: basti pensare alla sequenza onirica di Io ti salverò, al montaggio della famosa scena della doccia in Psycho, che si compone di ben 70 inquadrature in soli 45 secondi di durata. Nodo alla gola si svolge apparentemente senza tagli di montaggio: in realtà i tagli ci sono (dovuti necessariamente alla durata di un rullo di pellicola che all'epoca era all'incirca di dieci minuti), ma sono abilmente mascherati da movimenti della macchina da presa o degli attori che vi passano davanti. Le zoomate improvvise sui volti dei protagonisti, o le inquadrature in soggettiva di immagini distorte o turbinanti, che oggi sembrano banalità, sono invenzioni registiche di Hitchcock, così come l'effetto ricavato combinando una carrellata all'indietro con lo zoom, usato in La donna che visse due volte per dare il senso di vertigine.

    In un'epoca in cui gli effetti speciali non erano all'avanguardia come ai giorni nostri, le sue innovazioni, anche apparentemente banali come la lampadina nascosta nel bicchiere di latte, ne Il sospetto, per attirare meglio l'attenzione dello spettatore, hanno costituito modelli irraggiungibili nella loro perfezione tecnica e nella resa narrativa del lavoro cinematografico.

    In molti film di Hitchcock si rivela l'ossessione del regista per una figura femminile tipica: si tratta di solito di una giovane donna alta e bionda, dai lineamenti sottili e dall'aspetto rassicurante, che quasi sempre si rivela un personaggio ambiguo o malvagio come, ad esempio, Melanie Daniels de Gli uccelli, Margot Mary Wendice de Il delitto perfetto o Madeleine de La donna che visse due volte. Infatti le sue attrici predilette erano Tippi Hedren, Grace Kelly e Ingrid Bergman

    Alla base di questa ossessione sembra ci fossero i rapporti difficili con le donne del giovane Alfred che, almeno fino ai 20 anni, resterà un ragazzo molto solitario.

    Inoltre, in Hitchcock è sovente presente l'analisi della figura materna, posta in contrapposizione con i figli, presenza incombente e inquietante: emblematiche le figure della madre che ha paura di essere abbandonata dai figli ne Gli uccelli e della madre di Norman Bates in Psycho che instaura con il figlio un rapporto parossistico che tanta rilevanza ha nel crudo svolgimento del film.

    Complessato per il suo peso, ereditato dal padre amante della buona tavola, Hitchcock soleva invitare a pranzo gli attori e le maestranze che lavoravano con lui durante le riprese, per approfondirne la conoscenza e discutere del film davanti a una tavola riccamente imbandita. Era un tipo molto preciso ed abitudinario, quando girava un film era solito pranzare alle 12.00 e se a quell'ora il cibo non era in tavola la segretaria doveva chiamarlo per tranquillizzarlo.

    Nei suoi film il cibo ha un ruolo importante: ad esempio il desiderio di Norman Bates per Marion Crane in Psycho aumenta quando usa il pretesto di portarle dei sandwich per poter parlare con lei.

    L'invito a cena rappresenta spesso il desiderio, da parte di uno dei personaggi, di approfondire la conoscenza e di andare oltre, come, ad esempio, in La donna che visse due volte, quando Scottie invita Judy o come ne Gli uccelli, dove Mitch invita Melanie; celebre infine, la battuta con cui Jeffries apostrofa Lisa ne La finestra sul cortile, quando la donna gli serve la cena: «Perfetta, come sempre».

    A meno di dieci giorni dal decesso, nell'aprile 1980, Hitchcock organizzò la sua cerimonia funebre fatta dal vivo, steso in una bara scoperchiata e guardata da quattro necrofori in marsina. Questa sua ultima rappresentazione venne inscenata per un'agenzia di stampa che la presentò come un'originalità, mentre era il presentimento della morte.
    Hitchcock, oltre ad aver rivoluzionato in parte il modo di fare cinema, è riuscito a stravolgere le abitudini dei cinespettatori statunitensi, abituati ad entrare in sala anche a film iniziato con dieci o anche più minuti di ritardo. Il regista impose e ottenne che le sale cinematografiche in cui veniva proiettato Psycho chiudessero le porte ai ritardatari: una misura necessaria in particolare per questo film, in cui anche i primi dieci minuti sono essenziali per cogliere il MacGuffin e per la comprensione dell'intera opera.
    La storia a fumetti Disney "Paperino e il mago del brivido" (da "Paperino mese 195", testo e disegni di Staff di If) è un omaggio al regista inglese, contenente varie citazioni dei suoi film:
    Psycho: Paperino viene condotto in un esterno che riproduce la famosa casa e il vicino motel, è presente anche una citazione della celeberrima scena della doccia; La donna che visse due volte: Paperino, in seguito a un incidente, ha la fobia delle altezze elevate (come James Stewart), appare ogni tanto una "misteriosa papera bionda" che ricorda Kim Novak e la scena sul faro ricorda molto quella del campanile presente nel film e, come lo stesso Stewart, anche lo sfortunato papero rimane appeso ad un edificio; La finestra sul cortile: Paperino assiste ad un fantomatico crimine vedendolo attraverso le finestre del palazzo di fronte alla sua camera; Gli uccelli: durante un pic nic in una baia, Paperino viene attaccato da uno stormo di corvi; Caccia al ladro: il titolo del film che Hitchcock sta girando nella storia è "Caccia al lardo". Inoltre la storia presenta una caricatura di Hitchcock (chiamato per l'occasione Alfred Iciok), che presenta il classico abbigliamento con cui il grande regista si recava a "lavoro", i suoi giochi di parole e...la stazza.

     
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    Jill Clayburgh

    Jill Clayburgh (New York, 30 aprile 1944 – Lakeville, 5 novembre 2010) è stata un'attrice statunitense, candidata due volte all'Oscar.
    Nasce e cresce a New York nell'Upper West Side di Manhattan, in una famiglia benestante di origine ebree, figlia di Julie e Albert, un venditore di prodotti tessili. Dopo aver frequentato alcune delle migliori e più esclusive scuole newyorchesi, tra cui il Sarah Lawrence College dove nel 1966 consegue una laurea in teatro, decide di diventare attrice[1].
    Inizia la sua carriera calcando i palcoscenici teatrali di Boston e, nel 1968, debutta a Broadway in una poco fortunata rappresentazione con Jack Klugman (rimane in cartellone solo per 5 serate). Avrà però presto modo di rifarsi, negli anni successivi e lungo tutta la sua carriera, Jill lavorerà infatti in molte altre produzioni e musical di grande successo. La sua ultima apparizione teatrale è nel 2006, al Cort Theater di Broadway, in un revival della commedia di Neil Simon A piedi nudi nel parco.
    Il suo esordio cinematografico avviene invece nel 1969 nel film di Brian De Palma La festa di nozze, in cui la si vede recitare insieme ad un giovane Robert De Niro (film d'esordio degli stessi attore e regista). Solo però nel 1976 riesce veramente a mettersi in luce sul grande schermo, grazie alle sue interpretazioni in Wagons lits con omicidi, spassosa e brillante commedia gialla, in coppia con Gene Wilder e, sempre nello stesso anno, in Quando passi da queste parti, film drammatico dove lavora insieme a Peter Falk. Tre anni più tardi ottiene la sua prima candidatura all'Oscar come miglior attrice (premio che sarà infine assegnato a Jane Fonda) per la sua parte di Erica in Una donna tutta sola, film di Paul Mazursky che le farà vincere anche il premio Prix d'interprétation féminine al Festival di Cannes. L'anno seguente ottiene nuovamente una nomination all'Academy Award per il suo ruolo di Marilyn Holmberg in E ora: punto e a capo e, sempre nel 1979, è Caterina Silveri nel film di Bernardo Bertolucci La luna. La sua pluridecennale carriera artistica conta comunque una filmografia molto ampia, film quali ad esempio Una notte con vostro onore e I diffidenti, che, grazie a questo suo talento che le permette di alternarsi tra il genere brillante e quello drammatico, la vedono recitare a fianco di alcuni grandissimi interpreti come Walter Matthau, Burt Reynolds, Michael Douglas.
    Sin dai suoi esordi come attrice, ricopre anche innumerevoli apparizioni e ruoli in svariate serie televisive e film per la tv. Recita ad esempio in alcuni episodi di serie di successo come Law & Order, Ally McBeal, dove interpreta Jeannie, la madre di Ally, The Practice e Nip/Tuck. Proprio con Ryan Murphy, l'ideatore di Nip/Tuck, nel 2006 prende parte alla commedia amara Correndo con le forbici in mano, che segna l'esordio cinematografico del regista stesso e in cui Jill ha il ruolo della madre nella squinternata famiglia Finch; accetta inoltre, nel 2008, di tornare a lavorare con il medesimo autore per suo film Dirty Tricks, opera tuttora non uscita nelle sale, dove interpreta Pat Dixon moglie di Richard Nixon. Nel frattempo, tra il 2007 e il 2009, è una dei protagonisti nella serie tv della ABC Dirty Sexy Money, dove interpreta il ruolo di Letitia Darling, infelice matriaca della ricca famiglia Darling. Nel 2010 recita nel film Amore ed altre droghe di Edward Zwick.
    Il 5 novembre del 2010 Jill, a 66 anni, muore nella sua casa di Lakeville, un villaggio della Contea di Litchfield nel Connecticut. La causa del decesso è una forma di leucemia cronica con la quale ha dovuto convivere per 21 anni.
     
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    Dean Martin

    Dean Martin, pseudonimo di Dino Paul Crocetti (Steubenville, 7 giugno 1917 – Beverly Hills, 25 dicembre 1995), è stato un cantante e attore statunitense.

    Nato nello stato dell'Ohio da una famiglia italo-americana originaria di Montesilvano, in Abruzzo, acquisì lo pseudonimo dal cognome "Martino" della madre, che era di Riccia in Molise. Lasciò la scuola a sedici anni e fece diversi lavori, compreso il pugile e il benzinaio, fino a quando, con il nome d'arte di Dean Martin, riuscì ad imporsi come cantante nei locali di New York.

    Il 25 luglio 1946 Dean Martin si esibì per la prima volta in coppia con Jerry Lewis al "Club 500" di Atlantic City. I due artisti diedero vita ad un duo comico di successo, che durò per una decina d'anni. Insieme realizzarono sedici film, da La mia amica Irma (1949) fino a Hollywood o morte! (1956). Debuttarono in televisione nel 1950 nel varietà The Colgate Comedy Hour, di cui furono successivamente anche conduttori. A causa di crescenti contrasti personali, il sodalizio artistico si ruppe il 24 luglio 1956.

    Molti pensavano che, senza il partner Jerry Lewis, la carriera di Dean Martin fosse avviata al declino. Invece Dino, come era soprannominato (in realtà era il suo vero nome), stupì tutti ottenendo grandi successi anche da solo, sia nella commedia che nel genere drammatico. Nel 1958 interpretò I giovani leoni con Marlon Brando, e nel 1959 recitò accanto a John Wayne in Un dollaro d'onore, nel ruolo dello sceriffo alcolizzato Dude.

    Negli anni cinquanta Dean Martin raggiunse il successo internazionale anche come cantante. Nel 1954 venne pubblicata That's Amore, una delle sue canzoni più amate, scritta dall'amico e collega italo-americano Harry Warren. Il brano è anche una dichiarazione d'affetto per l'Italia, il suo paese d'origine, e per le sue tradizioni come la pizza e la tarantella. Successivamente Dean Martin incise anche alcuni pezzi in italiano, come Innamorata, In Napoli, Simpatico e la celeberrima Nel blu dipinto di blu.

    Negli anni sessanta fu uno dei componenti fissi del Rat Pack, il gruppo di attori e cantanti capitanato dall'amico Frank Sinatra. Con il Rat Pack interpretò diversi film, tra cui Colpo grosso, Tre contro tutti, I 4 di Chicago. Nelle esibizioni del Rat Pack, Dean Martin faceva spesso la parte del gran bevitore. In realtà, rivelò poi il figlio, quello che beveva in scena non era alcol, bensì succo di mela.

    Tra il 1966 e il 1969 Dean Martin girò una serie di quattro film nella parte dell'agente segreto Matt Helm, e dal 1965 al 1974 condusse sulla NBC un proprio show televisivo settimanale, The Dean Martin Show. Negli anni settanta rallentò la sua attività, anche a causa di problemi di salute. L'ultimo dei suoi 51 film fu Congiure parallele (1987). Si ritirò dalle scene nel 1988 dopo una tournée di concerti con Frank Sinatra e Sammy Davis Jr., suoi compagni e amici del Rat Pack. «La soddisfazione che ho lavorando con questi due scansafatiche è che ci divertiamo più noi del pubblico», disse in proposito Dean Martin.

    Dean Martin si sposò tre volte ed ebbe otto figli, dei quali uno adottato. Una tragedia familiare lo colpì nel 1987, quando il figlio Dean Paul, allora trentacinquenne, morì in un incidente aereo. Il grave lutto fu un duro colpo per la sua già debole salute.

    Le impronte di Dean Martin sul piazzale del Grauman's Chinese Theatre, Los Angeles (California)Dopo anni di triste declino fisico e mentale, Dean Martin morì per enfisema il giorno di Natale del 1995; poche settimane prima Frank Sinatra non l'aveva invitato alla festa per i suoi 80 anni, volendo evitare di vedere il fraterno amico ridotto a un vegetale. (Secondo un'altra teoria i rapporti tra i due si incrinarono proprio in occasione della morte del figlio di Dean: Sinatra, Martin e Sammy Davis jr. erano in tournée e alla notizia della tragedia Martin la interruppe, contro il volere di Sinatra che non lo perdonò.)

    Fu sepolto nel cimitero di Westwood in California. L'epitaffio sulla sua tomba è Everybody Loves Somebody Sometime ("Tutti amano qualcuno prima o poi"), il titolo di una delle sue canzoni più famose, nonché unica canzone a togliere i Beatles dalla cima delle classifiche di vendita nel periodo in cui le dominavano.

    Durante la lunga carriera Dean Martin incise numerose canzoni che testimoniano la passione per la sua origine italiana, come Arrivederci Roma, Mambo Italiano, Nel Blu Dipinto Di Blu, la famosa That's Amore e molte altre.
    Elvis Presley fu un suo grande fan e una volta disse "Io sarò anche il "The King of Rock'and Roll" ma Dean Martin è e sarà sempre "The King of Cool".
    Playboy Magazine lo ha eletto "L'uomo più cool mai vissuto sulla terra".

    Dean Martin fu una delle figure dell'intrattenimento di maggior rilievo del XX secolo. Oltre ad aver formato con Jerry Lewis il duo di maggior successo di tutti i tempi, ebbe la capacità di imporsi come attore di primo ordine, a condurre The Dean Martin Show per numerosi anni entrando nel cuore degli americani (fu la prima star a firmare un contratto multimilionario con la Nbc), a riempire i casinò di Las Vegas e quelli del Rat Pack con i suoi show e a vendere milioni di dischi.

     
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    Suso Cecchi D'Amico

    Suso Cecchi D'Amico, pseudonimo di Giovanna Cecchi (Roma, 21 luglio 1914 – Roma, 31 luglio 2010), è stata una sceneggiatrice italiana.
    Nasce a Roma nel 1914 dallo scrittore Emilio Cecchi e dalla pittrice Leonetta Pieraccini. Terminato il liceo francese Chateaubriand non si iscrive all'università, poiché, non avendo sostenuto il baccalauréat con latino e greco «allora per continuare gli studi potevo solo iscrivermi a una o due facoltà, come per esempio botanica, che francamente non m'interessavano»
    Dopo un soggiorno all'estero, in Svizzera e in Inghilterra, a Cambridge, decide di trovarsi un lavoro. Grazie all'intervento del ministro Giuseppe Bottai, «l'unico gerarca che avesse un qualche rapporto con gli intellettuali», viene assunta al ministero delle Corporazioni, poi ministero Scambi e Valute, dove lavora per quasi sette anni come segretaria personale di Eugenio Anzilotti, direttore generale del Commercio Estero. È in questo periodo che stringe un'importante amicizia con un giovane di grande talento, Enrico Cuccia.
    Nel 1938 sposa il musicologo Fedele D'Amico, figlio di Silvio D'Amico, dal quale avrà tre figli Masolino, Silvia e Caterina.
    Da sola o insieme al padre esegue molte traduzioni dall'inglese e dal francese, tra le altre Jude l'Oscuro di Thomas Hardy, La via del tabacco, Vita col padre, Veglia la mia casa, angelo, le opere shakespeariane Le allegre comari di Windsor e Otello insieme al padre. Abbandona quest'attività, nella quale per altro non dimostra la facilità che avrà invece il figlio Masolino, quando comincia a lavorare per il cinema.
    Durante la Seconda guerra mondiale, mentre il marito, membro dei cattolici comunisti con Adriano Ossicini e Franco Rodano, conduce una vita clandestina a Roma e dirige il giornale Voce Operaia, si trasferisce per sei-sette mesi a Poggibonsi, nella villa dello zio Gaetano Pieraccini, medico e politico che sarà il primo sindaco di Firenze dopo la Liberazione.
    Terminato il conflitto, mentre il marito è ricoverato in Svizzera per curarsi dalla tubercolosi, è «costretta ad arrabattarsi in ogni modo per mantenere sé, i suoi primi due figli [...] e la casa, popolata da tate e altre donne». Tra le curiose occupazioni di questo periodo, dà lezioni di buone maniere a Maria Michi e di conversazione in inglese a Giovanna Galletti, entrambe interpreti in Roma città aperta (1945).
    Lavora alla sua prima sceneggiatura, Avatar, una storia romantica ambientata a Venezia, ispirata a un racconto di Théophile Gautier, con Ennio Flaiano, Renato Castellani e Alberto Moravia, per Carlo Ponti, allora non ancora produttore importante. Ma il progetto viene abbandonato prima ancora di arrivare ad una sceneggiatura vera e propria, il solo Castellani porta a termine un trattamento.
    Insieme a Castellani lavora a una storia tratta da un soggetto del commediografo Aldo De Benedetti, Mio figlio professore (1946), diretto dallo stesso Castellani e interpretato da Aldo Fabrizi e dalle sorelle Nava.
    Insieme a Piero Tellini scrive Vivere in pace (1947) e L'onorevole Angelina (1947), entrambi diretti da Luigi Zampa, interpretati rispettivamente da Fabrizi e da Anna Magnani, con la quale comincia a frequentarsi assiduamente, stringendo uno dei suoi rari rapporti di amicizia con attori.Per il soggetto di Vivere in pace, firmato anche da Tellini e Zampa ma sostanzialmente suo, vince il Nastro d'Argento per il miglior soggetto.
    Partecipa insieme a Federico Fellini, quasi sempre assente alle riunioni, alla sceneggiatura del film Il delitto di Giovanni Episcopo (1947), tratto da un romanzo di Gabriele D'Annunzio e diretto da Alberto Lattuada.
    Scrive con Ennio Flaiano la sceneggiatura di Roma città libera (1947), di Marcello Pagliero, tratto da La notte porta consiglio, un soggetto dello stesso Flaiano. Le sedute di sceneggiatura con Flaiano trascorrono «tra chiacchiere, critiche e divagazioni sul soggetto. C’era da ricavare materia per condire dieci film; e sarebbe andato tutto perduto se fosse toccato a lui cavarne il succo».
    Scrive con Cesare Zavattini le sceneggiature di Ladri di biciclette (1948), proponendo il finale con il tentativo di furto della bicicletta, delle Mura di Malapaga (1949), diretto da René Clément e premio Oscar come migliore opera straniera, inoltre collabora alla sceneggiatura di Miracolo a Milano (1951).
    Il sodalizio professionale con Zavattini si interrompe quando lui disconosce il film È più facile che un cammello... diretto da Zampa, di cui ha scritto il soggetto, mentre Cecchi D'Amico e Vitaliano Brancati ne hanno curato la sceneggiatura.
    Lavora con Mario Monicelli e la coppia Age & Scarpelli alla scrittura di I soliti ignoti (1958). Le riunioni di sceneggiatura si concludono spesso con le liti tra Age e Scarpelli, da cui Monicelli e Cecchi D'Amico si tengono fuori, per non darvi importanza.
    Collabora alla sceneggiatura del kolossal Fabiola (1949), diretto da Blasetti. Per la scena romantica tra Fabiola (Michèle Morgan) e un bellissimo gladiatore (Henri Vidal) il regista consulta decine di persone, per un totale di quarantasette versioni, e da ciascuna prende poi un gesto o una battuta. Della sua utilizza il fatto che, durante l’incontro, l’innamorato, per far stare più comoda Fabiola, le fa un cuscino con la sabbia.
    Con Flaiano scrive per Blasetti le sceneggiature di Peccato che sia una canaglia (1955), imponendo Sofia Loren nella parte della protagonista, dopo averla vista passare per Cinecittà, «bella, eccessiva, decorativa come un albero di Natale», e La fortuna di essere donna (1956). Per Mario Camerini, definito al pari di Blasetti un regista della generazione precedente, scrive la sceneggiatura di Due mogli sono troppe (1951).
    Il primo lavoro da sceneggiatrice per Visconti è La carrozza del Santissimo Sacramento, «che non si fece perché lui litigò con la produzione e il progetto passò a Renoir», poi è la volta di Bellissima (1951), con Anna Magnani e Walter Chiari. Quest'ultimo interpreta un personaggio che, appena accennato nella prima versione della sceneggiatura, viene sviluppato in seguito per motivi legati alla distribuzione del film.
    La sceneggiatura di Senso (1954), tratta da una novella di Camillo Boito, non viene interamente girata. Riferisce la d’Amico: «Non avevo ancora una grande esperienza cinematografica con Luchino e non previdi tutti gli indugi nelle scene della villa, tutti gli attraversamenti di stanze per andare a prendere una cosa. A un certo punto delle riprese il produttore Gualino mi chiamò e mi pregò di riferire a Visconti che avrebbe chiuso. Di metraggio ce n’era più della lunghezza del film e il budget era stato ampiamente superato.
    Così non si girarono mai le scene della Valli che attraversa in carrozza i campi di battaglia. Il viaggio della contessa Serpieri è ridotto a un’apparizione della donna in carrozza che sarebbe dovuta passare in mezzo alle truppe insanguinate». Collabora con Pratolini alla stesura del soggetto di Rocco e i suoi fratelli (1960). Scrive la sceneggiatura con Pasquale Festa Campanile e Massimo Franciosa, che entrambi, meridionali, si rivelano molto utili per la psicologia dei personaggi e per il tono dei dialoghi.
    Nella sceneggiatura del Gattopardo (1963), dietro suggerimento di Visconti, taglia tutta la parte finale del romanzo di Tomasi di Lampedusa per dare nel ballo il senso della morte del Principe e lo sfacelo della società nobiliare dei Gattopardi. Per la sceneggiatura del film Vaghe stelle dell'Orsa (1965), prende spunto dalla tragedia di Elettra. Per la realizzazione del film Lo straniero (1967) è obbligata a una trasposizione fedele del libro di Camus.
    Prima della fase di montaggio del film Ludwig (1973), è insieme a Visconti quando il regista viene colpito da un ictus che lo rende invalido per il resto della vita. Lavora a Gruppo di famiglia in un interno (1974) e L'innocente (1976).
    Con Antonioni realizza I vinti (1952), ispirato a fatti di cronaca, effettuando sopralluoghi e raccogliendo materiale reperibile nella stampa e negli atti giudiziari, La signora senza camelie (1953) e Le amiche (1955), vincitore del Leone d’argento al Festival di Venezia.
    Collabora alla sceneggiatura del film Camicie rosse (Anita Garibaldi) (1952), diretto da Rosi e Goffredo Alessandrini, con Anna Magnani, ma il film fu definito da Cecchi d’Amico un’«avventura insensata». Con Francesco Rosi lavora in altri tre film La sfida (1957), I magliari (1959) e Salvatore Giuliano (1962). Con Luigi Comencini lavora al film Proibito rubare (1948), La finestra sul Luna Park (1956), Le avventure di Pinocchio (1972), scritto per la televisione, Cuore (1984) e Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano (1969).
    Nel 1994 la Mostra di Venezia le assegna il Leone d'Oro alla carriera.
    Muore a Roma dopo una lunga malattia il 31 luglio 2010.

     
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    Dino De Laurentiis


    Agostino De Laurentiis, noto come Dino (Torre Annunziata, 8 agosto 1919 – Los Angeles, 11 novembre 2010), è stato un produttore cinematografico italiano, tra i più famosi nel mondo.

    Il giovane Dino, come era soprannominato sin da piccolo, crebbe per le strade di Torre Annunziata vendendo gli spaghetti prodotti dal padre, piccolo commerciante di pasta.

    Il suo ingresso nel mondo del cinema avviene, insieme con la decisione di intraprendere la carriera di attore, quando si reca a Roma al "Centro Sperimentale di Cinematografia", appena inaugurato, nel biennio 1937-1938. Fra i suoi esordi come attore vi è quello nel film Troppo tardi t'ho conosciuta del regista Emanuele Caracciolo. Basta poco però, al giovane Dino, per trovare la sua vera strada: "dopo essersi guardato allo specchio" - secondo le sue parole - decide di spostarsi dietro la macchina da presa, intraprendendo la fortunata carriera di produttore.

    Anche suo fratello Luigi e il nipote Aurelio sono produttori cinematografici.

    Entra alla "Lux film", diventando "produttore esecutivo cinematografico", giocando un ruolo di prim'ordine per la rinascita del cinema italiano nel dopoguerra. Lo scrittore-giornalista, cineproduttore e studioso d'arte Valentino Brosio, che concorse, dalla seconda metà degli anni trenta alla fine degli anni cinquanta, all'affermazione della Lux Film con il trasferimento a Roma di questa società fondata a Torino da Riccardo Gualino, ricordò così l'esordio di De Laurentiis: «I direttori di produzione che scritturai per i vari film furono Marcello Caccialupi, Fabio Franchini e altri, tra i quali un giovane che Gualino era in dubbio se accettare (lo aveva proposto Soldati) non sapendo quanta esperienza avesse, e lasciò a me il compito di indagare. Invitai l'interessato ad un colloquio, in seguito al quale dissi a Gualino: "Forse non sempre troverà la soluzione più economica ai problemi, ma è certo che è un ragazzo che non si fermerà mai!". Infatti, non si fermò mai. Era Dino De Laurentiis...» (dalla rivista "il Cappio", diretta da Francesco D. Caridi, n. 2 del 2000).

    Tra i tanti film prodotti in questo periodo, vale la pena di ricordare Riso Amaro (1948) di Giuseppe De Santis, Napoli milionaria (1950) di Eduardo De Filippo, Dov'è la libertà? (1954) di Roberto Rossellini, Miseria e nobiltà (1954) di Mario Mattoli e La grande guerra (1959) di Mario Monicelli, con Alberto Sordi e Vittorio Gassman, Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia.

    Nel 1948 si dedica alla ristrutturazione degli stabilimenti di produzione "Teatri della Farnesina", ex-Safir, dando vita alla "Ponti-De Laurentiis" insieme all'amico Carlo Ponti, per la prima volta con studi propri a disposizione.

    Uno dei primi successi prodotti dalla nuova etichetta è Totò a colori (1952), (il primo film a colori mai realizzato in Italia) di Steno, al quale fanno seguito numerosi altri importanti opere, come Europa '51 (1952) di Roberto Rossellini, Anni facili (1953) di Luigi Zampa, fino alla consacrazione definitiva con La strada (1954) e Le notti di Cabiria (1957) di Federico Fellini, due film che vinceranno entrambi il premio Oscar per il miglior film straniero, dopo quelli vinti da Vittorio De Sica con Sciuscià ( 1947) e Ladri di biciclette (1949)

    A proposito di questo periodo, lo stesso produttore ha dichiarato in un'intervista che "il neorealismo fu inventato dai giornali. Affermarono che alcuni registi e sceneggiatori vollero fare il neorealismo. Ma non è vero. L'industria italiana del cinema era cosi povera che non c'erano soldi per gli studios, per creare dei set, per andare dappertutto. Cosi si doveva girare tutto per strada." Gli studi "Ponti-De Laurentiis" sopra citati sono oggi sede dell'istituto professionale per la cinematografia e la televisione Roberto Rossellini di Roma.

    Nel 1972 la legge italiana sul cinema cambia: i sussidi vengono riservati solo ai film con il 100% di produzione italiana (fino ad allora bastava il 50%), e De Laurentiis decide di trasferirsi negli USA, dove fonderà la De Laurentiis Entertainment Group. L'Italia perde così un grandissimo produttore che avrebbe potuto cambiare il futuro del cinema italiano.

    In America continua a produrre grandi successi:"Serpico" (1973) di Sidney Lumet, I tre giorni del condor (Three Days of the Condor) (1975) di Sidney Pollack, Il giustiziere della notte (Death Wish) (1974) di Michael Winner, L'anno del dragone (Year of the Dragon) (1985) di Michael Cimino, ed anche alcuni remake come il King Kong (1976) di John Guillermin o Il Bounty (The Bounty) (1984) di Roger Donaldson con Mel Gibson, ma anche alcuni flop al botteghino, come Dune (1984) di David Lynch o Tai-Pan (1986) di Daryl Duke.

    Nel 1990 realizza Ore disperate (Desperate Hours) (1992), ancora di Michael Cimino (un'operazione molto coraggiosa e pericolosa, dato che il regista americano era considerato il responsabile del fallimento della United Artists, e conseguentemente "bandito" da Hollywood), e Body of Evidence - Corpo del reato (1992) di Uli Edel, con Madonna, mentre, tra i titoli più recenti si ricordano il thriller Breakdown - La trappola (1997) e U-571 (2000) di Jonathan Mostow.

    De Laurentiis con la figlia RaffaellaLa filosofia che ha portato al successo De Laurentiis può essere ben compresa grazie alla sua dichiarazione alla Mostra del Cinema di Venezia 2003, dove ha ricevuto il Leone d'Oro alla carriera: "Il problema dei registi italiani è che vogliono fare i film con un occhio alla critica. Noi però siamo show-man e dobbiamo fare film solo per il pubblico. Ora voglio dimostrare al cinema italiano che ci sono grandi storie da raccontare. Ho voglia di tornare in Italia a lavorare per fare dei film che riescano ad uscire dall'Italia".

    Ha avuto sei figli: Veronica, Raffaella, Federico e Francesca avuti da Silvana Mangano con la quale si era sposato nel 1951; Carolyna e Dina avute dalla sua seconda moglie Martha Schumacher con la quale si era sposato nel 1990.

    Nel corso della serata di premiazione degli Oscar del 2001 ha ricevuto l'Irving G. Thalberg Memorial Award. Infine è stato anche un giudice dell' Academy of Motion Picture Arts and Sciences, per il Premio Oscar.

    Nel 2008 appare nel documentario Il falso bugiardo, dedicato allo sceneggiatore Luciano Vincenzoni, che lavorò con lui e che fu anche suo amico, frequentandolo anche a Hollywood per per almeno 20 anni. Con Vincenzoni, anche se il rapporto ha avuto momenti di stallo per incomprensioni reciproche, De Laurentiis realizzò il capolavoro La grande guerra, e molti altri film tra cui I due nemici, il gobbo, Roma bene. Successivamente anche Killer whale, (Orca Assassina) e Codice magnum (Raw deal negli USA).

     
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    Fabrizio De André


    Fabrizio De Andrè nasce a Genova Pegli, in Via De Nicolai, il 18 febbraio 1940.

    Dopo aver trascorso gli anni della guerra in campagna a Revignano d'Asti, la famiglia De Andrè fa ritorno a Genova, in Via Trieste numero13.

    Fabrizio studia al liceo "Cristoforo Colombo" e dopo il diploma si iscrive all'università, frequentando con poca convinzione prima medicina e lettere, poi giurisprudenza, dove supera diciotto esami senza arrivare però alla laurea.

    La sua è una normale gioventù da figlio di agiata famiglia della buona borghesia: la scuola, tre mesi di villeggiatura al mare, variegate letture nella biblioteca di casa, ma anche lunghe serate trascorse con Paolo Villaggio, Luigi Tenco, Gino Paoli e il poeta Remo Borzini a parlare di letteratura, di poesia e di cantautori francesi.

    A sedici anni compra la sua prima chitarra e il primo amplificatore e si mette a suonare jazz con un gruppo guidato dal pianista Mario De Santis, nel quale capita spesso Luigi Tenco col suo sax tenore; De Andrè si ispira alle sonorità e allo stile del chitarrista americano Jim Hall, suo idolo.

    I successivi passi nella musica li muove cantando e suonando in una formazione country e western che si chiama The Crazy Cowboy and Sheriff One, con cui si esibisce nelle feste studentesche.
    Nello stesso periodo butta giù le sue prime composizioni, canzoni strane e crude che parlano di suicidi, puttane, drogati e impiccati.

    Nel 1958 incide il suo primo 45 giri, Nuvole barocche, passato praticamente inosservato.
    Si sposa a ventidue anni con Erica Rignon (detta Puny) e diventa padre di Cristiano a meno di ventitre.

    In quel periodo alterna ancora l'hobby della musica ad un impiego negli istituti privati del padre (che aveva a Genova un paio di scuole per ragionieri, periti e geometri).
    Il suo primo grande successo è La canzone di Marinella, brano che viene interpretato da Mina nel 1965 diventando subito un best seller.

    Nel 1966 esce il suo primo album, Tutto Fabrizio De Andrè. Nel 1976 dopo aver incontrato la cantante Dori Grezzi, sua compagna da allora e da cui ha avuto la figlia Luisa Vittoria (Luvi), acquista un'azienda agricola in Sardegna, nella zona di Tempio Pausiana.

    Il 28 agosto 1979 viene sequestrato insieme a Dori Grezzi e per quattro mesi la coppia rimane prigioniera sulle montagne sarde.

    Fin dalle sue prime incisioni De Andrè si è imposto come il cantautore italiano che più di ogni altro si è accostato al genere musicale di grandi autori come Jacques Brel, Leonard Cohen e Bob Dylan; è stato il primo in Italia a dare alla canzone contenuti nuovi rispetto a quelli tradizionali, dimostrando che attraverso la canzone si potevano anche raccontare storie fino a quel momento riservate agli scrittori o ai poeti.

    Alla sua attività di autore e interprete ha affiancato quella di traduttore dei testi di Georges Brassens, Dylan e Cohen.

    Mentre i suoi album continuavano a uscire, De Andrè si rifiutava di fare televisione e di esibirsi in pubblico.

    Il suo primo concerto lo ha tenuto il 18 marzo 1975 alla Bussola di Focette, affiancato dai New Tolls.

    Da allora le sue esibizioni dal vivo sono state comunque rare.

    Muore a Milano l'11 gennaio 1999.
     
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    Telly Savalas

    Aristotelis "Telly" Savalas (Garden City, 21 gennaio 1922 – Universal City, 22 gennaio 1994) è stato un attore statunitense di origini greche.

    Vincitore di un Emmy Award e candidato all'Oscar nel 1963 per L'uomo di Alcatraz, divenne però popolare nel ruolo del tenente Kojak.

    Secondo di cinque figli degli emigrati greci Christina (artista) e Nick, proprietario di un ristorante a New York, Savalas ha compiuto lavori umili e saltuari a partire già da 10 anni, dal giornalaio al metronotte. Si arruolò poi nell'esercito statunitense allo scoppiare della Seconda guerra mondiale.

    Laureatosi in Inghilterra all'Università di Manchester, Savalas perfezionò il suo inglese (parlava prevalentemente greco) e si interessò dei mondi radiofonico e televisivo (quest'ultimo appena nato). Questa passione lo porterà al successo negli USA, dove sottoscriverà un contratto con il network ABC.

    Alla ABC divenne produttore esecutivo della redazione sportiva. Venne notato da Burt Lancaster alla conduzione di uno speciale sportivo nel 1959 e nel 1963 viene nominato all'Oscar tra i cinque migliori attori non protagonisti per la parte del sadico Feto Gomez in L'uomo di Alcatraz. Successivamente interpreta Ponzio Pilato ne La più grande storia mai raccontata (1965), poi è protagonista in Quella sporca dozzina (1967), Joe Bass l'implacabile (1968) e I guerrieri (1970). In diversi film, Savalas ha rappresentato la quintessenza del cattivo.

    Telly Savalas fu scrittore, giornalista, regista e produttore, oltre che attore. A parte la nomination all'Oscar, l'attore greco-americano riuscì ad aggiudicarsi anche un Emmy e un Golden Globe.

    Nella sua carriera ha recitato in oltre 80 film. Fu un ottimo giocatore di poker e anche pilota motociclistico in gare minori.

    Nel 1985 Telly Savalas soffrì la morte del fratello George (il Detective Stavros di Kojak) a soli 60 anni, affetto da leucemia e, quattro anni dopo, della madre. Sfortunatamente, anche allo stesso Savalas fu diagnosticato nel '93 un tumore alla prostata che lo condusse alla morte la mattina del giorno successivo al suo compleanno, a Universal City (California), il 22 gennaio 1994. Aveva 72 anni.

    È seppellito nel cimitero di Forest Lawn Memorial Park a Los Angeles.

     
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    Lucio Battisti

    L'indimenticabile cantautore nacque a Poggio Bustone, un paese di collina in provincia di Rieti, il 5 Marzo 1943. Come in tutte le cose che riguardano Battisti, uomo che è sempre stato gelosissimo della sua privacy, al punto da scomparire per anni dalla luce della ribalta, poco si sa della sua primissima infanzia: le rare testimonianze raccontano di un bambino tranquillo, abbastanza chiuso e con problemi di peso.
    La famiglia, integrata dalla sorella Albarita, è del tipo piccolo-borghese che andava per la maggiore nell'Italia di quegli anni: mamma casalinga e padre impiegato alle imposte di consumo. A Poggio Bustone comunque il cognome Battisti è molto diffuso, non a caso mamma Dea si chiamava Battisti anche da nubile. Nel 1947 la famiglia Battisti si trasferisce a Vasche di Castel Sant’Angelo vicino a Rieti e tre anni più tardi a Roma; durante le varie vacanze estive, però, Poggio Bustone rimane una meta fissa.

    A fronte di questo vuoto informativo, a fatica colmato dai biografi, viene in soccorso una dichiarazione del cantautore stesso, rilasciata in un’intervista del dicembre 1970 per la rivista Sogno: “I capelli ricci li avevo anche da bambino e così lunghi che mi scambiavano per una bambina. Ero un ragazzino tranquillo, giocavo con niente, con una matita, con un pezzo di carta e sognavo. Le canzoni sono venute più avanti. Ho avuto un’infanzia normale, volevo fare il prete, servivo la messa quando avevo quattro, cinque anni. Poi però una volta, siccome parlavo in chiesa con un amico invece di seguire la funzione, io sono sempre stato un grosso chiacchierone, un prete ci ha dato uno schiaffo a testa. Magari dopo sono intervenuti altri elementi che mi hanno allontanato dalla chiesa, ma già con questo episodio avevo cambiato idea”.
    Nella capitale comunque Battisti frequenta le scuole elementari e medie e si diploma come perito industriale nel 1962. Naturalmente, è già da tempo che imbraccia la chitarra e canta canzoni sue o di altri, girando con amici fra alcuni localini, anche se la sua ambizione, mano a mano che il tempo passa, diventa sempre più quella di fare il cantante di professione. Manco a dirlo, il padre non si trova d'accordo con le scelte artistiche del figlio, ancora puramente abbozzate,
    Si dice che in una delle tante discussioni in proposito, Alfiero abbia addirittura rotto in testa a Lucio una chitarra.

    La prima esperienza in un complesso musicale è nell’autunno 1962 come chitarrista de “I Mattatori”, un gruppo di ragazzi napoletani. Arrivano i primi guadagni, ma non sono abbastanza; ben presto Battisti cambia complesso e si unisce a “I Satiri”. Nel 1964 il complesso va a suonare in Germania e in Olanda: un’ottima occasione per ascoltare la musica di Dylan e degli Animals. Il primo ingaggio di Battisti è comunque al Club 84 di Roma.
    Il cantante dimostra subito di avere le idee chiare e una buona dose di ambizione; infatti, da quella esperienza ricava la netta sensazione che suonare in gruppo non gli piace e così decide di tentare la fortuna da solo a Milano, considerata al tempo una sorta di “Mecca” della canzone. Qui, diversamente da molti suoi coetanei che per sbarcare il lunario accettano lavori alternativi, non si piega a soluzioni di compromesso e, barricato per settimane intere in una pensione di periferia, persegue senza distrarsi un unico scopo: prepararsi al meglio in attesa dell’incontro con un discografico importante.

    Nel 1964 Battisti compone assieme a Roby Matano le sue prime canzoni, per poi approdare al primo 45 giri, "Per una lira". Il fatto curioso è che i produttori decisero di non mettere il suo volto in copertina perchè ritenuto di scarso "appeal". E così, si era ricorsi ad un compromesso, mostrandolo a figura intera, di spalle, abbracciato a un ragazza, mentre sui due campeggiava la riproduzione di una liretta, monetina già a quel tempo assai rara.
    Nel '65 l'incontro determinante con Giulio Rapetti, tra i più noti "parolieri" sotto lo pseudonimo di Mogol. I due trovarono una giusta forma di simbiosi che è durata felicemente per oltre tre lustri. Nel 1968, con " Balla Linda ", partecipava al Cantagiro, nel 69, in coppia con Wilson Pickett, presenta a Sanremo "Un'avventura". L'affermazione decisiva arrivava nell'estate seguente, al Festivalbar, con "Acqua azzurra, acqua chiara".

    Ma gli anni di Battisti sono stati indubbiamente gli Anni Settanta e gli Ottanta, inaugurati con due canzoni di grande successo, "La canzone del sole" e "Anche per te", incise per la sua nuova etichetta, da lui stesso fondata con alcuni amici e collaboratori, e che porta il nome emblematico di "Numero Uno". Da quel momento in poi, scandì serie impressionante di successi, di veri e propri capolavori, tutti al primo posto nelle classifiche. Inoltre, pochi sanno che Battisti ha fatto anche l'autore per altri, l'editore e il discografico, distribuendo successi a Mina, Patty Pravo, al complesso Formula Tre, a Bruno Lauzi.
    Ma il grande successo ottenuto non hanno scalfito quella dimensione intimistica e familiare che Battisti ha sempre privilegiato nella sua vita. Caratteristica più unica che rara, ha mantenuto il contatto con il pubblico solo attraverso i suoi dischi e qualche rara intervista concessa alla stampa, ignorando televisioni e concerti e ritirandosi in campagna. Per realizzare prodotti migliori e all'altezza delle sue aspettative, poi, dapprima istituì una sala di registrazione personale direttamente in casa e in seguito, alla ricerca di un suono sempre più moderno, cercò studi ottimali in Inghilterra o negli Stati Uniti.

    I suoi dischi, insomma, sono sempre stati sempre il frutto di un lavoro lungo e meticoloso, dove nulla è stato lasciato al caso, nemmeno la copertina. Le conseguenze di questo scrupolo sono stati i costi assai elevati di molte delle sue produzioni, anche se il prodotto finale non ha mai tradito le aspettative né di chi lo aveva realizzato o aveva concorso a realizzarlo, né del pubblico cui era destinato.

    Il 9 settembre 1998 Lucio Battisti si è spento, suscitando enorme clamore e commozione In Italia, il Paese che lo ha sempre amato e sostenuto malgrado la decennale assenza dalla ribalta mediatica. Ricovero e malattia, prima del decesso, sono stati dominati dal silenzio quasi assoluto sulle reali condizioni di salute.

    Oggi, dopo la sua scomparsa, la sua casa di residenza è oggetto di un inarrestabile via vai di fan o semplici curiosi. Vista l’affluenza, una scala appositamente costruita permette di osservare da vicino il balcone dove l'artista, da giovane, suonava la chitarra.
     
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    Dante Alighieri

    Dante Alighieri nacque il 29 maggio 1265 a Firenze da una famiglia della piccola nobiltà. Nel 1274, secondo la Vita Nuova, vide per la prima volta Beatrice (Bice di Folco Portinari) della quale si innamorò subito e perdutamente. Quando morì sua madre Gabriella, la «madre bella», Dante aveva circa dieci anni. A 17, nel 1283, quando anche suo padre Alighiero di Bellincione, commerciante, morì a sua volta, Dante divenne il capofamiglia.

    Il giovane Alighieri seguì gli insegnamenti filosofici e teologici delle scuole francescana (Santa Croce) e domenicana (Santa Maria Novella). In questo periodo strinse amicizie e iniziò una corrispondenza con i giovani poeti che si facevano chiamare «stilnovisti». Nelle Rime si trova l'insieme dell'opera poetica di Dante, dagli anni della gioventù fiorentina, lungo in corso della sua carriera letteraria, che non risultano inseriti in alcun'altra opera. È nell’ambito di questo insieme che possiamo trovare le tracce del distacco consapevole che è seguito alla prima stesura del Inferno e del Purgatorio, che avrebbe condotto Dante verso false concezioni filosofiche, tentazioni della carne e piaceri volgari.

    A 20 anni sposa Gemma Di Manetto Donati, appartenente a un ramo secondario di una grande famiglia nobile, dalla quale avrà quattro figli, Jacopo, Pietro, Giovanni e Antonia.

    Due anni dopo la morte di Beatrice, nel 1292, comincia a scrivere la Vita Nuova. Dante si consacra così molto presto completamente alla poesia studiando filosofia e teologia, in particolare Aristotele e San Tommaso.

    Nelle Rime petrose (1296 circa), forse dedicate ad una madonne Petra, bella e insensibile, si nota come l'originalità di Dante Alighieri si concreti nella corrispondenza tra materia e rappresentazione. Alla violenza della passione e alla crudeltà dell'amata corrisponde uno stile realistico, pieno di rimandi brutali.

    Rimarrà affascinato dalla lotta politica caratteristica di quel periodo e costruirà tutta la sua opera attorno alla figura dell’Imperatore, mito di un’impossibile unità. Nel 1293, tuttavia, in seguito a un decreto che escludeva i nobili dalla vita politica fiorentina, il giovane Dante dovette attenersi alla cura dei suoi interessi intellettuali.

    Nel 1295 infine, un'ordinanza decretò che i nobili riottenessero i diritti civici, purché appartenessero a una corporazione. Dante si iscrisse a quella dei medici e dei farmacisti, che era la stessa dei bibliotecari, con la menzione di «poeta». Quando la lotta tra Guelfi Bianchi e Guelfi Neri si fece più aspra, Dante si schierò col partito dei Bianchi che cercavano di difendere l’indipendenza della città opponendosi alle tendenze egemoniche di Bonifacio VIII Caetani, che fu Papa dal dicembre 1294 al 1303.

    Nel 1300, Dante venne eletto tra i sei «Priori» — custodi del potere esecutivo, i più alti magistrati del governo che componeva la Signoria — che, per attenuare la faziosità della lotta politica, presero la difficile decisione di fare arrestare i più scalmanati tra i leader dei due schieramenti. Ma nel 1301, proprio mentre a Firenze arrivava Charles de Valois e il partito dei Neri, sostenuto dal papato, prendeva il sopravvento, Dante fu chiamato a Roma alla corte di Bonifacio VIII. Quando iniziarono i processi politici, accusato di corruzione, fu sospeso dai pubblici uffici e condannato al pagamento di una pesante ammenda. Poiché non si abbassò, al pari dei suoi amici, a presentarsi davanti ai giudici, Dante fu condannato alla confisca dei beni e «al boia» se si fosse fatto trovare sul territorio del Comune di Firenze. Fu così costretto a lasciare Firenze con la coscienza di essere stato beffato da Bonifacio VIII, che l’aveva trattenuto a Roma mentre i Neri prendevano il potere a Firenze e che fu sempre suo feroce avversario, guadagnandosi un posto di rilievo nei gironi dell’Inferno della Divina Commedia.

    A partire dal 1304, inizia per Dante il lungo esilio, nel corso del quale viene sempre accolto con favore: Verona, Lucca, forse anche Parigi… Dalla morte di Beatrice agli anni dell’esilio, si è dedicato allo studio della filosofia (per lui l’insieme delle scienze profane) e ha composto liriche d’amore dove lo stile della lode così come il ricordo di Beatrice sono assenti. Il centro del discorso non è più Beatrice ma «la donna gentile», descrizione allegorica della filosofia, che traccia l’itinerario interiore di Dante verso la saggezza. Redige il Convivio (1304-1307), il trattato incompiuto composto in lingua volgare che diventa una summa enciclopedica di sapere pratico. Quest’opera, è una sintesi di saggi, destinati a coloro che, a causa della loro formazione o della condizione sociale, non hanno direttamente accesso al sapere. Vagherà per città e Corti secondo le opportunità che gli si offriranno e non cesserà di approfondire la sua cultura attraverso le differenti esperienze che vive.

    Nel 1306 intraprende la redazione della Divina Commedia alla quale lavorerà per tutta la vita. Quando inizia «a far parte per se stesso», rinunciando ai tentativi di rientrare con la forza a Firenze con i suoi amici, prende coscienza della propria solitudine e si stacca dalla realtà contemporanea che ritiene dominata da vizio, ingiustizia, corruzione e ineguaglianza. Nel 1308, in latino, compone un trattato sulla lingua e lo stile: il De vulgari eloquentia, nel quale passa in revisione i differenti dialetti della lingua italiana e proclama di non aver trovato «l’odorante pantera dei bestiari» del Medioevo che cercava, ivi compresi il fiorentino e le sue imperfezioni. Pensa di aver captato «l’insaziabile belva in quel volgare che in ogni città esala il suo odore e in nessuna trova la sua tana». Fonda la teoria di una lingua volgare che chiama «illustre», che non può essere uno dei dialetti locali italiani ma una lingua frutto del lavoro di pulizia portato avanti collettivamente dagli scrittori italiani. È il primo manifesto per la creazione di una lingua letteraria nazionale italiana.

    Nel 1310, con l’arrivo in Italia di Enrico VII di Lussemburgo, Imperatore romano, Dante spera nella restaurazione del potere imperiale, il che gli permetterebbe di rientrare a Firenze, ma Enrico muore. Dante compone allora La Monarchia, scritto in latino, dove dichiara che la monarchia universale è essenziale alla felicità terrestre degli uomini e che il potere imperiale non deve essere sottomesso alla Chiesa. Dibatte anche sui rapporti tra Papato e Impero: al Papa il potere spirituale, all’Imperatore quello temporale. Verso il 1315, gli venne offerto di ritornare a Firenze ma a condizioni che il suo orgoglio ritenne troppo umilianti. Rifiutò con delle parole che rimangono una testimonianza della sua dignità umana: «Non è questa, padre mio, la via del mio ritorno in patria, ma se prima da voi e poi da altri non se ne trovi un'altra che non deroghi all’onore e alla dignità di Dante, l’accetterò a passi non lenti e se per nessuna siffatta s’entra a Firenze, a Firenze non entrerò mai. Né certo mancherà il pane».

    Nel 1319, fu invitato a Ravenna da Guido Novello da Polenta, Signore della città che, due anni più tardi, lo inviò a Venezia come ambasciatore. Rientrando da questa ambasciata, Dante venne colpito da un attacco di malaria e morì a Ravenna a 56 anni nella notte tra il 23 e 24 settembre 1321, dove si trova la sua tomba.

     
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    Alberto Lattuada

    Alberto Lattuada (Milano, 13 novembre 1914 – Orvieto, 3 luglio 2005) è stato un regista, sceneggiatore, attore e produttore cinematografico italiano. Intellettuale dalla personalità eclettica, appassionato di letteratura, arte e fotografia, era noto soprattutto per aver trasposto sullo schermo molti celebri romanzi e alcuni kolossal anche per il piccolo schermo. Fautore di uno stile personale e rigoroso, ha raccontato l'individuo senza scrupoli tutto teso al raggiungimento di uno scopo, esplorando inoltre un erotismo quasi mai fine a se stesso (il corpo e la scoperta della sessualità femminile).
    Nella sua lunga carriera ha scoperto e lanciato molte attrici come Marina Berti, Carla Del Poggio (divenuta poi sua moglie), Valeria Moriconi, Jacqueline Sassard, Catherine Spaak, Dalila Di Lazzaro, Therese Ann Savoy, Nastassja Kinski, Clio Goldsmith, Barbara De Rossi e Sophie Duez.
    Figlio del compositore Felice Lattuada, crebbe fra la campagna lombarda e Milano. Durante gli studi liceali, nel dicembre 1932 fondò insieme ad Alberto Mondadori il periodico quindicinale Camminare... in cui svolse mansioni di critico d'arte, mentre Mario Monicelli si occupava di critica cinematografica. L'anno seguente ebbe la sua prima esperienza al cinema come scenografo del cortometraggio Cuore rivelatore, tratto da un racconto di Poe e diretto da un diciottenne Mario Monicelli. Insieme a Mario Baffico nel biennio 1935-1936, collaborò a Il museo dell'amore come consulente per il colore (si trattava del primo mediometraggio italiano girato interamente a colori) e come assistente alla regia al lungometraggio La danza delle lancette. Entrato in contatto con Gianni Comencini (fratello del regista Luigi) e Mario Ferrari, si mise alla ricerca sistematica di vecchie pellicole, salvandole dal macero presso i magazzini dei distributori e ponendo le basi della futura Cineteca Italiana di Milano.
    Durante gli anni universitari si iscrisse ai GUF partecipando ai Littoriali della cultura e dell'arte. In questo modo riuscì ad organizzare delle proiezioni retrospettive, giacché solo le sezioni cinematografiche dei GUF erano autorizzate a svolgere queste attività. Dopo la laurea in architettura, a partire dal 1938 iniziò a collaborare a diverse riviste: su Tempo Illustrato scriveva come critico cinematografico, su Domus scriveva di architettura e arredamento; su Frontespizio pubblicò alcuni suoi racconti letterari. Nel 1940, nel difficile clima bellico riuscì ad allestire una retrospettiva di film francesi per la Triennale di Milano; il tumulto che seguì alla proiezione de La grande illusione provocò la sospensione delle proiezioni e il gruppo organizzatore dovette mettere in salvo le pellicole nascondendole alle ricerche della polizia fascista.
    Nel 1941 organizzò anche una sua mostra e un libro di fotografie, Occhio Quadrato, ma passò subito al cinema a tempo pieno come aiuto regista per Mario Soldati (Piccolo mondo antico e come sceneggiatore per Ferdinando Maria Poggioli (Sissignora). Tra il 1942 e il 1943 diresse i suoi primi due film, volutamente tratti da opere letterarie (il primo da Giacomo l'idealista di Emilio De Marchi e il secondo da La freccia nel fianco di Luciano Zuccoli) e non da soggetti originali per evitare le maglie della censura; definiti dalla critica «esercizi di stile formali e calligrafici», in realtà contenevano già quasi tutti gli elementi stilistici del suo cinema futuro. Equilibrio interno dell'inquadratura, uso sapiente delle luci e messa in risalto dei dettagli, calibrati movimenti di macchina e controllati stacchi di montaggio, saranno le cifre alle quali Lattuada rimarrà fedele.
    Giacomo l'idealista segna l'esordio di Marina Berti, la prima di una serie di figure femminili alle quali Lattuada affida il compito di tracciare una psicologia, una cultura, un clima sociale o un'atmosfera.
    La freccia nel fianco, uno dei primi film italiani a esplorare (sia pure con tutte le prudenze di sorta) il mondo della sessualità infantile, ebbe anche una gestazione piuttosto travagliata; abbandonato dal regista dopo l'8 settembre 1943, venne ripreso e completato da Mario Costa, che tuttavia non risulta accreditato nei titoli.
    Nell'immediato dopoguerra Lattuada si avvicinò al neorealismo con Il bandito, girato in una Torino devastata dai bombardamenti e dove sbandiera apertamente il suo amore per il cinema americano, e in particolare quello della gangster-story sullo stile di Scarface; su quel set debuttano in una parte drammatica la moglie Carla Del Poggio, da lui sposata il 2 aprile 1945 (da lei avrà due figli, Francesco, futuro direttore di produzione di fiction televisive, e Alessandro) e la sorella Bianca Lattuada come segretaria di edizione. Il film successivo, Il delitto di Giovanni Episcopo, tratto da D'Annunzio, si allontana da qualsiasi filone o corrente per iniziare a seguire la sua poetica base (l'individuo senza scrupoli in contrapposizione con una società inerte e indifferente a tutto) con maniacale puntiglio, organizzando alla perfezione scenografia e recitazione; in questo film si segnala in particolare quella di Aldo Fabrizi. Nel 1948, traendo suggestioni anche dal cinema francese, realizzò nella pineta di Tombolo insieme a Tullio Pinelli e Federico Fellini, il celebre Senza pietà, descrizione di un paese in rovina dove, con gli aiuti americani, sbarcano violenza, contrabbando e malavita.
    Del 1949 è Il mulino del Po, tratto dal romanzo più famoso di Riccardo Bacchelli (che collaborò anche alla sceneggiatura). Curò la regia di Didone ed Enea di Henry Purcell al Teatro dell'Opera di Roma e insieme a Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Carlo Lizzani ed Elsa Morante, cominciò a progettare una serie di pellicole su temi scottanti come l'emigrazione, la speculazione edilizia, il sistema carcerario. Le pressioni della casa di produzione, che sceglierà poi di realizzare un film sul concorso di bellezza di Miss Italia e sul mondo dei fotoromanzi, lo spinsero a fondare una cooperativa insieme alla moglie, a Fellini e alla Masina, e a realizzare in totale autonomia Luci del varietà spaccato sul rutilante mondo dell'avanspettacolo, al quale collaborarono anche il padre e la sorella. Il film però si rivelò un disastro finanziario.
    Con il film successivo, Anna Lattuada realizzò il suo più grande successo, grazie a protagonisti del livello di Silvana Mangano, Raf Vallone e Vittorio Gassman, e grazie a una canzone, El Negro Zumbon (ricavata da un vecchio standard ballabile cubano) che diventò un successo discografico mondiale. Riprendendo qualche tematica già presente in Riso amaro di Giuseppe De Santis, fornì più di uno spunto al successivo Mambo di Robert Rossen. Fu la prima pellicola italiana ad incassare oltre un miliardo di lire nelle prime visioni, e la prima ad essere presentata doppiata in inglese negli Stati Uniti. Il successo gli consentì di realizzare nel 1952 una delle sue opere più importanti, Il cappotto, dal racconto di Gogol, girato a Pavia, con protagonista Renato Rascel, uno dei primi film a svincolarsi definitivamente dal neorealismo, dove realtà e fantasia coesistono alla perfezione.
    Nel film successivo, La lupa tratto dal celebre racconto di Giovanni Verga, Lattuada continuò il viaggio d'osservazione del corpo e della sessualità femminile che lo accompagnerà, tranne qualche eccezione, in tutta la sua filmografia. Nei film di Lattuada la forza della figura femminile rende per la prima volta esplicito l'aspetto della sottomissione dell'uomo, il quale di contro tende sempre al raggiungimento di un suo fine senza avere scrupoli morali: la proprietà, il denaro, il delitto e la vendetta. Con l'episodio Gli italiani si voltano, inserito in L'amore in città, Lattuada si fermò ad esaminare con la tecnica della candid camera il fenomeno del gallismo maschile; La spiaggia è antesignana della commedia di costume, critica feroce dell'ipocrisia borghese; Scuola elementare si basava sui desideri (economici e di donne) di un maestro e di un bidello (Billi e Riva), ma era anche una sorta di omaggio alla figura del padre, che era stato maestro elementare.
    Nel dittico Guendalina e I dolci inganni il regista seguiva la trasformazione sentimentale e sessuale di due adolescenti, interpretate rispettivamente da Jacqueline Sassard e Catherine Spaak. Ad esse si contrappongono i kolossal La tempesta e La steppa tratti dai prediletti autori russi, Puškin e Čechov.
    Gli anni sessanta furono caratterizzati da trasposizioni di opere letterarie di Guido Piovene (Lettere di una novizia), Niccolò Machiavelli (La mandragola) e Vitaliano Brancati (Don Giovanni in Sicilia), fino a giungere a Venga a prendere il caffè da noi, tratto dal romanzo La spartizione di Piero Chiara, satira di una certa borghesia provinciale ipocrita e sessuofobica, interpretato da Ugo Tognazzi.
    Nel 1970 Lattuada ebbe la sua seconda esperienza come regista lirico inaugurando il Maggio musicale fiorentino con La Vestale di Gaspare Spontini e fu inoltre membro della giuria del Festival di Berlino.
    Dopo due pellicole frutto di evidenti compromessi, Bianco, rosso e... con Sophia Loren, quasi un remake di Anna e Sono stato io!, dove Giancarlo Giannini, un anonimo lavavetri, immagina un gesto clamoroso che lo porti sulle prime pagine dei quotidiani, Lattuada dal 1974 volle trattare la tematica dell'erotismo, a partire da Le farò da padre e proseguendo con Oh! Serafina da un romanzo di Giuseppe Berto, Così come sei sul tema dell'incesto, fino agli ultimi suoi due film per il grande schermo, considerati artisticamente due fallimenti, La cicala e il tardo Una spina nel cuore, nuovamente tratto da Piero Chiara.
    Nel 1981 iniziò a dirigere Nudo di donna, che dovette abbandonare quasi subito a causa di dissapori con l'attore protagonista, Nino Manfredi, che finì pertanto per dirigere sé stesso.
    Durante gli anni ottanta Lattuada firmò tre lavori per il piccolo schermo: il kolossal di successo Cristoforo Colombo, l'intensa miniserie Due fratelli e il mediometraggio Mano rubata, tratto da un racconto di Tommaso Landolfi, che esplora il mondo spietato del gioco d'azzardo. Nel 1994 fece una simpatica apparizione nel film Il toro diretto da Carlo Mazzacurati, e quattro anni dopo donò tutto il suo materiale d'archivio alla Fondazione Cineteca Italiana di Milano, diretta all'epoca da Gianni Comencini.
    Morì a novant'anni nella sua casa di campagna a Orvieto, affetto da tempo dal morbo di Alzheimer.
     
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    Roberto Pregadio

    Roberto Pregadio (Catania, 6 dicembre 1928 – Roma, 15 novembre 2010) è stato un musicista, direttore d'orchestra e compositore italiano, noto in particolare grazie al programma televisivo La corrida.

    Si diploma al Conservatorio di Napoli (in pianoforte) e diventa pianista stabile nell'Orchestra di Musica Leggera della Rai nel 1960.

    È stato direttore di orchestra nel concerto di Claudio Villa alla Carnegie Hall di New York nel 1961.

    Dalla seconda metà degli anni sessanta per una quindicina di anni ha composto e diretto numerose colonne sonore di film di genere.

    In radio ha lavorato in vari programmi, tra cui Tutta la città ne parla (con Turi Ferro), Le piace la radio?, Il microfono è vostro (presentato da Nunzio Filogamo).

    Negli anni ottanta ha formato un sestetto di swing, il Sestetto Swing di Roma, con Franco Chiari al vibrafono, Baldo Maestri al clarinetto, Carlo Pes alla chitarra, Alessio Urso al contrabbasso e Roberto Zappulla alla batteria; il gruppo ha inciso per la Fonit-Cetra l'album Five Continents
    Il maestro Pregadio è stato direttore d'orchestra e spalla storica di Corrado e poi di Gerry Scotti nella trasmissione radiofonica e televisiva La corrida dal 1968 al 2008.
    Il maestro è morto a Roma il 15 novembre 2010 all'età di 81 anni
     
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    Raf Vallone

    Raffaele Vallone, più noto come Raf Vallone (Tropea, 17 febbraio 1916 – Roma, 31 ottobre 2002), è stato un attore, calciatore, giornalista e partigiano italiano.
    È stato anche interprete teatrale e di fotoromanzo.
    Da bambino si trasferì con i genitori a Torino, dove si laureò in lettere e in giurisprudenza con docenti come Luigi Einaudi e Leone Ginzburg. Come giornalista fu redattore capo delle pagine culturali dell'Unità, ma mai s'iscrisse al PCI, come raccontò in un'intervista, per le sue posizioni di critica allo stalinismo; inoltre, fu pure critico cinematografico per La Stampa, ma è conosciuto soprattutto per il suo lavoro di attore cinematografico.
    La sua prima apparizione risale al 1942, nel film Noi vivi, dove interpreta un marinaio. Fece anche i primi passi nel teatro debuttando nel 1946 al Teatro Gobetti di Torino con Woyzeck di Georg Büchner, per la regia di Vincenzo Ciaffi. Ma è con Riso amaro, film del 1949 di Giuseppe De Santis, cui seguirono nel 1950 Non c'è pace tra gli ulivi, sempre di De Santis, e Il cammino della speranza di Pietro Germi che riesce ad imporsi come uno fra gli attori più importanti del neorealismo e decide di dedicarsi unicamente al cinema.
    Negli anni cinquanta interpreta numerosi film, tra cui Il Cristo proibito di Curzio Malaparte (che lo definì "l'unico volto marxista del cinema italiano"), Anna e La spiaggia, entrambi di Alberto Lattuada, e Roma ore 11 di Giuseppe De Santis; interpreta anche Garibaldi in Camicie rosse, film del 1952 di Goffredo Alessandrini, e, in Francia, Teresa Raquin, film con Simone Signoret diretto da Marcel Carné nel 1953, mentre nello stesso anno torna a calcare i campi da gioco, nella finzione de Gli eroi della domenica di Mario Camerini.
    La sua fortuna teatrale fu legata al dramma di Arthur Miller Uno sguardo dal ponte, portato in scena a Parigi nel 1958 e in Italia nel 1967, nonché sullo schermo nel 1962 da Sidney Lumet.
    Presente anche in televisione (dal Mulino del Po, 1962, fino a Vino santo, 2000), alternò l'attività teatrale (Il costruttore Solness, di Henrik Ibsen, 1975; Nostalgia, di Franz Jung, 1984; Luci di Bohème, di Ramón del Valle-Inclán, 1985; Il prezzo di Arthur Miller, 1987; La medesima strada, 1987; Tito Andronico, 1989; Stalin di Gaston Salvatore, 1989) a quella cinematografica (La ciociara, 1960; Una voglia da morire, 1965; L'altra faccia di mezzanotte, 1977; Il magnate greco, 1978; Retour à Marseille, 1980; Lion of the Desert, 1981; A Time to Die, 1983).
    Nel 2001 pubblicò la sua autobiografia L'alfabeto della memoria (edita da Gremese). Rimase sposato per cinquant'anni con l'attrice Elena Varzi (conosciuta nel 1950 sul set del già citato Cammino della speranza di Germi) dalla quale ebbe la figlia Eleonora e i gemelli Saverio e Arabella.
    La sua combinazione di prestanza fisica, cultura, talento e impegno politico lo rese un personaggio leggendario
    Calcisticamente cresciuto nel settore giovanili del Torino, alterna gli studi universitari al gioco del calcio. Esordisce in Serie A nella stagione 1934-1935, disputando una partita con la maglia del Torino e nello stesso anno vince la Coppa Italia.
    In totale accumula 25 presenze nella massima serie, sempre giocando nei granata. Perde la finale di Coppa Italia nel 1938 contro la Juventus. Abbandona l'attività calcistica nel 1940 per dedicarsi al giornalismo
    • David di Donatello 1962: miglior attore protagonista - Uno sguardo dal ponte
    • Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana - Roma, 16 marzo 1994.

     
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    Oliver Hardy

    Oliver Norvell "Babe" Hardy (Harlem, 18 gennaio 1892 – Los Angeles, 7 agosto 1957) è stato un attore e comico statunitense, l'Ollio del duo comico Laurel & Hardy, conosciuto in Italia come Stanlio & Ollio.

    Il talento comico di Oliver Hardy era caratterizzato dal "camera-look": un espediente cinematografico consistente nel rivolgersi direttamente agli spettatori per ricercarne la complicità, guardando direttamente nella cinepresa. Questo meccanismo filmico, gradito dal pubblico che si sentiva così coinvolto nel racconto cinematografico, sarà il punto di forza dell'attore americano nelle pellicole con Stan Laurel.

    Hardy è stato un innovatore soprattutto per quanto concerne la gestualità, fatta di movenze buffe, ma al contempo eleganti ed agili, nonostante la sua non indifferente mole fisica.

    L'attore ha spesso cantato anche in alcuni film del duo, dimostrando un grande talento vocale blues. In Italia era doppiato da Alberto Sordi.

     
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