LE DONNE nella cultura degli Indiani d’America

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  1. Oceanya
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    Le Donne Indiane E La Sterilizzazione Forzata



    Prima parte: Squaw, una parola che chiede verità

    "Squaw" è uno dei termini più mistificati, a uso e consumo della storia e della cultura occidentale. La donna indiana ha sempre ricoperto un ruolo importante e ben determinato, non subordinato alle necessità dell'uomo: non è mai stata, quindi, la "subalterna senza voce" che partorisce figli e tesse vesti, che coltiva la terra e prepara il cibo.
    Le donne creano e mantengono la vita, e come tali detengono posizioni di potere - in molte culture arrivano a essere capi spirituali e politici delle comunità . "E' nelle società occidentali", afferma Barbara Moore, lakota, "che le donne sono tradizionalmente sfruttate, e non solo dall'uomo, anche dalla società . Il nostro popolo tradizionale non ha fiducia nel movimento di liberazione delle donne, nel tipo di lotta praticato dalle donne bianche, pur cercando continui contatti e rapporti con esse, perchè noi donne indiane siamo sempre state emancipate".
    Le donne native non sono "femministe" che lottano per scrollarsi di dosso l'oppressione dell'uomo: sono coloro che assicurano la continuità dell'esistenza; nella struttura sociale indiana non vi sono ragioni economiche e classiste che determinino il loro ruolo e che decidano della loro maternità . Tuttavia ancora oggi "squaw" è sinonimo di "schiava" e di "focoso animale d'amore", e questi pregiudizi sono stati concepiti dal mondo capitalista e cattolico occidentale - la donna "custode del focolare", lavoratrice sottomessa all'uomo...
    Dice Roberta Hill, indiana oneida: "I pregiudizi nei miei confronti in quanto donna e in quanto indiana si scatenarono contro di me al di fuori della casa - nelle scuole, nelle strade della città , nei negozi, nei posti di lavoro... I bisogni e le opportunità sociali dei bianchi mi stavano facendo seguire una strada sbagliata per raggiungere ciò che altri, spesso insegnanti bianchi, si aspettavano da me. Fortunatamente gli Indiani non credono più¹ a ciò che viene loro raccontato e offerto dal mondo dei bianchi. Attraverso la riappropriazione della mia cultura ho imparato che sono una poetessa, una donna oneida, e che i canti, ciò che parla per mezzo mio, mi difenderanno dai futuri pregiudizi, mi terranno legata alla vita come hanno tenuto legati alla vita altri, le cui esperienze sono anche miei punti di riferimento, la mia storia futura".
    "Oggi la posizione delle donne winnebago", sostiene Don Whitewing Vandall, scrittrice e insegnante della tribù Winnebago, Nebraska, "è mutata rispetto a una volta: sono le donne che mantengono la famiglia con gli assegni familiari dell'Assistenza sociale. Si ritrovano a lavorare fuori della Riserva, e in una atmosfera di indipendenza che deriva da questa situazione".
    Ma le donne indiane d'America sono oggetto di continue violenze: sterilizzazioni forzate, stupri, pregiudizi razziali, psichiatrizzazione. Per questo nel settembre del 1978, dieci anni dopo la nascita dell'"American Indian Movement", è stato
    costituito il WARN ("Women of All Red Nations", "Donne di tutte le Nazioni Rosse".
    "La formazione di un'organizzazione nazionale di donne native", dice Barbara Moore, "va vista come un passo importante nella continua crescita del movimento. Le donne hanno discusso per anni sul bisogno di una organizzazione femminile, non come supplemento a una maschile, e neppure come organizzazione donna contro uomo, ma come struttura nazionale nella quale le donne possano organizzarsi per combattere".
    Non un movimento di "liberazione femminile" da un giogo maschile per loro storicamente inesistente, ma un movimento di lotta e difesa femminile accanto agli uomini. Il WARN lotta sul fronte politico denunciando medici e strutture responsabili di sterilizzazioni e aborti, tutelando e difendendo legalmente con
    propri avvocati donne native arrestate. Lotta sul fronte culturale per la riappropriazione dei valori indiani originali insegna alle donne come partorire in casa, attua un capillare lavoro di controinformazione e di denuncia.
    Un coordinamento legale di donne native in contatto con il WARN è l'"Indian Women United for Social Justice", che si occupa della difesa delle donne sterilizzate senza il loro consenso.

    Seconda Parte: Sterilizzazione: sterminio undergroud

    La spada, il fucile, il bisturi. Perchè accomunare uno strumento chirurgico che "salva", con delle armi che tolgono la vita? Perchè tale strumento rappresenta l'ultimo brevetto "made in USA" per un'efficace soppressione e senza molti clamori. Le prove contro i medici bianchi americani sono inoppugnabili: le donne indiane e gli altri gruppi etnici non-bianchi cominciano ad accusare, ad andare in tribunale. La struttura di potere ha coinvolto la classe medica relegando la scienza al puro servizio del profitto, programmando su scala industriale la sterilizzazione, legittimata attraverso le strutture di salute pubblica indiana ("Indian Health Service" finanziate dal governo e gestite da bianchi. Moltissimi medici provengono dall'esercito USA e svolgono in questi ospedali il loro "praticantato" sulle "cavie" indiane.
    Lee Brightman, presidente dei "Nativi Americani Uniti", stima che su una popolazione nativa di 800 mila persone, il 42 per cento delle donne in età fertile e il 10 per cento degli uomini siano già stati sterilizzati.
    Barbara Moore, della Riserva di Rosebud, South Dakota, rappresentante della Delegazione panindiana, in un'intervista alla rivista tedesca "Pogrom" ha dichiarato: "Quattro anni fa ero incinta e andai a un servizio di salute pubblica per far nascere il mio bambino. Non era necessario, ma fecero ugualmente nascere
    mio figlio con un parto cesareo; è tutto ciò che ricordo. Quando mi svegliai dall'anestesia mi dissero che mio figlio era nato morto. Feci effettuare l'autopsia, ma non fu trovata nessuna causa tale da provocarne la morte. Inoltre mi dissero che non avrei potuto avere altri bambini perchè avevano dovuto sterilizzarmi durante l'operazione, e quindi senza il mio consenso. In quel
    momento non potevo dire o fare nulla, ma appena uscita ho cominciato un lavoro di informazione sui pericoli per i nostri bambini, il nostro futuro, e insieme alle altre donne indiane abbiamo cercato il sostegno di tutte le organizzazioni. Molti casi vengono portati in tribunale, ma gli avvocati sono costosi e sono tutti bianchi... Dire queste cose rende tutto più difficile, perchè per rappresaglia intensificheranno le pressioni sulle nostre Riserve. Sono il lavoro sotterraneo di controinformazione, l'unità , la riappropriazione degli antichi metodi (parto in casa), che ci assicurano il rispetto per i nostri corpi e per i nostri figli".
    Molte donne indiane facevano visite di controllo all'IHS, e i medici prescrivevano loro vitamine quali ricostituenti: ma si è poi scoperto che la più parte di tali ricostituenti erano in realtà antifecondativi...
    Una giovane indiana con una ciste ovarica fu convinta a farsi praticare un'isterectomia (completa rimozione degli organi riproduttivi), sebbene la pratica medica comune limiti, in molti casi, l' intervento alla sola rimozione della ciste... La madre di una puerpera fece sterilizzare sua figlia ancora sotto anestesia subito dopo il parto: era stata convinta dal medico che se sua figlia avesse cercato di avere altri bambini sarebbe morta la figlia, venne poi accertato, non correva affatto tale pericolo, e quanto alla madre... era stata lei stessa a sua volta persuasa a lasciarsi sterilizzare con un pretesto simile! Una ricerca fatta a Claremore, ospedale dell'Oklahoma, fornì dati interessanti: nel
    1973 ben 132 donne erano state sterilizzate, e 52 nel solo luglio 1974.
    La prima inchiesta ufficiale sulla sterilizzazione dei popoli nativi condotta nel 1975 dalla dottoressa Connie Uri, medico choctaw, per l'allora senatore James Abourezk, documentò che 3406 donne indiane erano state sterilizzate nelle strutture per la "Sanità indiana" di Oklahoma City, Phoenix, Aberdeen . Tali
    atrocità erano state commesse in violazione alla legge del 1974 (le regolamentazioni sul consenso) che indica severe linee di condotta: "Nessuna donna può essere sterilizzata prima di 72 ore dal parto, alla paziente vanno fornite dettagliate spiegazioni sull'operazione, sui suoi effetti e pericoli; inoltre, alla donna va dichiarato che nessun sussidio o altri benefici possono essere negati quale sanzione per il rifiuto della sterilizzazione, il cui formulario di consenso va eventualmente firmato in presenza di un testimone scelto dalla paziente, che può cambiare idea (indipendentemente dal fatto che abbia o meno già firmato il formulario) in qualsiasi momento".
    Queste leggi sono rimaste lettera morta nei confronti dei popoli nativi; l'"Indian Health Service" è presente in tutti gli USA con strutture che regolano e pianificano la vita e la morte indiana: da recenti studi si calcola che ogni struttura pratica circa 3000 sterilizzazioni l'anno. Nel contempo i fondi stanziati per la salute sono stati limitati, al contrario di quelli per il controllo delle nascite. L'HEW ("Ministero della Sanità , Pubblica istruzione e Assistenza sociale" ha aumentato il suo bilancio per la pianificazione delle nascite da 51 a oltre 250 milioni di dollari nel solo periodo 1969-1974.
    Gli altri gruppi etnici non sono certo risparmiati. Una ricerca del 1970 ha stabilito che il 20 per cento delle donne nere sposate è stato sterilizzato. Nel 1972-1973, negli ospedali municipali di New York City, che curano quasi esclusivamente portoricani, le sterilizzazioni aumentarono del 180 per cento, e ormai il 35 per cento delle donne portoricane non può più avere figli. In
    Colombia, in soli due anni la "Federazione Internazionale per le Nascite Pianificate" (finanziata dalla "Fondazione Rockefeller" ha sterilizzato 40 mila donne; in sei anni, in Brasile, oltre un milione. Gli Stati Uniti hanno aumentato nell'ultimo decennio gli stanziamenti per il controllo demografico di oltre il 700 per cento, portando a oltre il 60 per cento la propria partecipazione ai contributi mondiali relativi alla pianificazione delle nascite.
    Il disegno americano (così sapientemente articolato e di così difficile individuazione) per il "contenimento" delle minoranze etniche per motivi economico-culturali, diventa realtà . La dottrina malthusiana fa scuola.
    Circa 200 mila donne di ceto popolare sterilizzate negli USA nel solo 1973 danno una prova evidente di tale disegno.
    Il potere economico non concede tregua: "Il controllo demografico è necessario per mantenere la normale attività degli interessi commerciali americani nel mondo. Cento milioni di donne dovrebbero essere sterilizzate affinchè gli Stati Uniti raggiungano le mete prefissate" - sono parole del dottor R.T. Ravenholt, direttore
    dell'Ufficio controllo demografico dell'"Agenzia governativa USA per lo Sviluppo Internazionale" (AID), registrate in un'intervista al "St. Louis Post Dispatch". Parole di genocidio che gli Stati Uniti hanno ripetuto, amplificandole, in Vietnam, in Cambogia, e che ripetono da anni in America Latina e in tutta l'Africa.

    FONTE: Frecce spezzate (articolo a cura di Nando Minnella)

    Edited by egiziana - 13/3/2015, 10:07
     
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2 replies since 6/3/2012, 18:46   8746 views
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