LE DONNE nella cultura degli Indiani d’America

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  1. egiziana
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    Donne in primo piano tra gli Indiani d'America

    Mentre in Italia negli ultimi mesi si è discusso sul progetto delle quote rosa, nato con l’intento di favorire la presenza femminile nelle istituzioni governative, gli indiani d’America hanno confermato il loro trend di crescita a proposito del ruolo dirigenziale rivestito dal gentil sesso. Gli indiani d’America? Si proprio loro; i nativi del continente di Oltreoceano massacrati e costretti nelle riserve dalla conquista del popolo bianco verso Ovest, in quella triste parentesi che molti film americani hanno immortalato come la giusta lotta contro l'immorale e feroce selvaggio.
    La notizia è stata pubblicata questa settimana dal New York Times con un articolo firmato da Monica Davey, la quale non si limita a registrare il semplice fatto che una donna – l’ennesima – sia ascesa al ruolo di capo tribù, ma ripercorre e ricostruisce la storia degli ultimi anni delle comunità indiane negli States, evidenziando il lungo e difficile percorso di emancipazione che le donne hanno portato avanti nelle proprie società d’origine. Prendendo spunto dall’ ultima elezione di Cecilia Fire Thunder a capo della mitica tribù Oglala Sioux, ricordata per i suoi storici capi Cavallo Pazzo e Nube Rossa, la giornalista del N.Y.T. ricostruisce il difficile cammino della Thunder, facendone un esempio di tutte quelle donne indiane che hanno percorso una strada simile. Il successo di Cecilia è stato solo l’apice di un iter difficile e osteggiato, passato perfino attraverso il tentativo di un “impeachment” promosso da parte di alcuni membri del clan che le rivolgevano l’accusa di una politica finanziaria discutibile e di una tendenza a ignorare i desideri degli anziani. Alla fine però, il Consiglio della tribù ha lasciato cadere la denuncia e ha confermato la fiducia alla Thunder. Così, Cecilia può vantarsi oggi di essere la prima donna presidente degli Oglala Sioux, cioè della seconda riserva più grande del paese e fra le più importanti per emancipazione femminile. Dal 1999 sono ben 11 le donne che siedono a capo del consiglio che guida le rispettive tribù. E dal 2006 il numero delle donne capo è di 133 in rapporto alle 560 comunità esaminate. Vivian Juan-Saunders dei Tohono O’odham in Arizona, Wilma Mankiller dei Cherokee in Oklahoma o Erma J.Vizenor dei Ojibwe in Minnesota sono solo alcuni nomi di queste nuove leader rosa. Per non parlare di Susan M. Masten, prima donna a presiedere il Congresso Nazionale degli Indiani d’America. La Thunder, che ha studiato in California come infermiera e vanta un curriculum di pasionaria impegnata per i diritti della sua comunità e delle donne, ha lottato accanitamente anche al di fuori della sua tribù affinché agli indiani fosse garantita la possibilità di cura e le donne fossero protette dalla violenza domestica.
    Ma come ricorda la Davey, la crescita della leadership femminile non può essere compresa se non all’interno di una più generale partecipazione delle donne indiane all’istruzione. Nello scorso anno infatti, uno studio del Centro nazionale per le statistiche sull’educazione ha reso note le percentuali di questo incremento: le indiane laureate avrebbero raggiunto il numero di 5.945 contro 3.858 colleghi maschi. Proprio questa crescita culturale, congiuntamente allo svilupparsi di un fenomeno del tutto nuovo e curioso all'interno delle riserve, cioè quello della costruzione di grandi e immensi casinò, è considerata da molti studiosi la causa che ha favorito l'imposizione delle indiane alla guida delle tribù. La necessità di gestire le entrate finanziarie garantite dai centri di gioco avrebbe infatti significato un aumento della domanda di personale tecnicamente qualificato. Così le donne, istruitesi nelle scuole americane e quindi maggiormente competenti, hanno risposto
    a questa domanda, divenendo insostituibile nell'amministrazione finanziaria delle riserve. Il che ha naturalmente significato una crescita del loro peso ideologico e sociale all'interno delle comunità e ha aperto la strada ad una loro ascesa anche politica. Favorita, per altro, dal fatto che gli stessi uomini sono impegnati su altri fronti, come la lotta contro l’alcolismo, la disoccupazione e la povertà che stanno dilagando nelle riserve. Eppure, questa positiva rivincita femminile all’interno delle tribù è stata il frutto di un cammino lento e difficile, che ha portato le donne a confrontarsi con i più antichi tabù maschili. Ma è stata forse la componente femminile la realtà che ha manifestato maggiore resistenza verso le “cape” tribù. L’anziana Marie Randall per esempio, in occasione dell’elezione della Thunder, ha accusato la neo-leader, vestita all’indiana per festeggiare la sua vittoria, di “volersi solo abbellire” e di “aver tradito la tradizione Lakota quando ha deciso di studiare all’estero”. Specificando che “il problema non è che sia una donna a governarci, ma che tipo di donna”.
    Interrotte continuamente nei dibattiti, ignorate quando propongono un cambiamento o una riforma, scambiate sprezzantemente per parte dello staff segretariale: le donna indiane continuano la loro battaglia per il riconoscimento della propria leadership. Un’ascesa al potere che ha comportato, pur fra tante difficoltà, un positivo cambiamento della stessa agenda politica delle tribù, oggi più sensibili al problema dell’assistenza all’infanzia, dei servizi sociali e dell'educazione.
    Un percorso che non è stato indolore per le stesse indiane che ne sono state le dirette protagoniste, che come ricorda Rebecca Miles, trentenne eletta alla presidenza del Comitato esecutivo della tribù dei Nez Perce nell’Idaho, vivono l’esperienza della divisione personale fra “difesa delle tradizioni a cui le indiane appartengono e che rispettano profondamente e quelle stesse tradizioni che non contemplano un governo delle donne”. Nonostante le difficoltà e le ambiguità, il cambiamento al timone di comando realizzatosi nella comunità dei nativi d’America rappresenta certamente un segnale nuovo, che in tempi come questi potrebbe far riflettere anche chi, qui in Italia, ancora si dispera all’idea di dividere lo scranno con le sue colleghe.

    (Fonte www.wayaka.org)
     
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2 replies since 6/3/2012, 18:46   8746 views
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