OMAR SHARIF

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    OMAR SHARIF

    Omar El-Sherif (arabo: عمر الشريف), in arte conosciuto come Omar Sharif, nato Michel Demitri Shalhoub (Alessandria d'Egitto, 10 aprile 1932 – Il Cairo, 10 luglio 2015) è stato un attore e giocatore di bridge egiziano

    Biografia


    Sharif nasce ad Alessandria d'Egitto il 10 aprile del 1932, figlio di Joseph Shalhoub e di Claire Saada, ambedue immigrati libanesi originari di Zahle e di religione cattolica greco-melchita. Si diplomò presso il Victoria College di Alessandria, quindi conseguì la laurea in matematica e fisica all'università del Cairo. In seguito, lavorò con suo padre nel commercio del legname.

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    Nel 1953 iniziò la sua carriera di attore, con un ruolo nel film egiziano Ṣirāʿ fī l-wādī (titolo inglese: The Blazing Sun, lett: Lotta sul fiume), il cui giovane regista era Yusuf Shahin.

    Il suo primo film in inglese fu Lawrence d'Arabia del 1962. L'interpretazione gli fece guadagnare una nomination agli Oscar come miglior attore non protagonista. Tre anni dopo interpretò il dottor Yuri Živago nell'omonimo film di David Lean, con un'interpretazione che gli valse il Golden Globe 1966 nella categoria miglior attore in un film drammatico.

    Nel 1988 è uno dei grandi ospiti del Raffaella Carrà Show su Canale 5, primo varietà Fininvest condotto da Raffaella Carrà.

    Nel 2003 ha interpretato il protagonista di Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano, vincendo il premio del pubblico per il miglior attore alla 60ª Mostra del Cinema di Venezia - accompagnata quell'anno dal Leone d'Oro alla carriera - e, nell'edizione 2004, il Premio César per il migliore attore.

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    Omar Sharif parlava correntemente arabo, francese, inglese ed italiano, lingue nelle quali ha anche recitato e girato dei film, oltre a greco e turco.



    Nel maggio 2015 è stato annunciato che Sharif era affetto dal morbo di Alzheimer, confondendosi nel ricordare alcuni dei più grandi film della sua carriera, ha dichiarato suo figlio Tarek El-Sharif.[1]


    Vita privata



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    Omar Sharif alla Mostra del cinema di Venezia
    Nel 1955, per poter sposare la star egiziana Faten Hamama, si convertì dal Cristianesimo all'Islam, assumendo quindi il nome di Omar El-Sharif, cosa che aumentò vertiginosamente la sua popolarità nel mondo arabo.[senza fonte] La coppia ebbe un figlio, Tarek, che apparve come Yuri all'età di otto anni nel film Il dottor Živago. I due si separarono nel 1966 e il matrimonio finì con un divorzio nel 1974.

    Ha due nipoti, Omar (anch'esso attore) e Karim.

    Nel 1992 ha subito un'operazione per un triplo bypass e due anni dopo ha avuto un leggero infarto.

    Il 5 agosto 2003 è stato condannato a un mese con la condizionale per aver colpito un poliziotto in un casinò dei sobborghi di Parigi nel giugno dello stesso anno. Fu anche multato e gli fu imposto di pagare una somma come risarcimento dei danni provocati al poliziotto. L'11 giugno 2005 fu coinvolto in un episodio simile a Beverly Hills: in quel caso fu condannato a una multa di 17000 dollari per aver spaccato il naso a un parcheggiatore.[4]

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    Si disse che fosse stato messo sulla lista emessa dal gruppo terroristico di al-Qāʿida nel novembre 2005 per aver recitato la parte di San Pietro in un film prodotto per la televisione italiana.[senza fonte]

    In altre occasioni ha anche causato diverse controversie sostenendo la tolleranza dei musulmani verso gli ebrei e i cristiani.[5]


    Sharif era uno dei più affermati giocatori di bridge del mondo. È stato autore e coautore di parecchi libri sul bridge ed ha legato il suo nome persino a un gioco di bridge per computer.

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    Sharif è morto il 10 luglio 2015 dopo un attacco di cuore in un ospedale de Il Cairo, in Egitto, all'età di 83 anni
    L'’attore egiziano aveva 83 anni. Ha avuto un infarto in un ospedale del Cairo. Nella sua carriera interpretò capolavori come Lawrence d’Arabia. Vinse anche 3 Golden Globe

     
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    ADDIO AL DOTTOR ZIVAGO -E' MORTO OMAR SHARIF GRANDE ATTORE EGIZIANO

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    PER LA SUA BIOGRAFIA CLICCA QUI

    Quanti sospiri, quante emozioni. Sull’ultima sequenza del «Dottor Zivago», quella in cui l’attore egiziano Omar Sharif , nei panni del protagonista Yuri, scorgeva tra la folla l’immagine di Lara (Julie Christie), ma non riusciva a raggiungerla, eserciti di spettatori del mondo (soprattutto donne) non sono riusciti a trattenere le lacrime. Difficile non identificarsi nell’archetipo dell’amore impossibile, sullo sfondo della rivoluzione russa, tra il medico dall’animo sensibile e la giovane infermiera, difficile non innamorarsi dell’attore con gli occhi color carbone che sfrecciava sulla slitta nella neve sfidando, per passione, il rischio del congelamento.

    Eppure Sharif, scomparso a 83 anni in un ospedale del Cairo, non aveva mai fatto i conti con la sua immagine di amante mediterraneo e, negli ultimi 20 anni di esistenza, si era spesso lasciato andare a considerazioni amare: «La mia fama di rubacuori è usurpata. Le donne erano più interessate ai miei personaggi che a me». Malinconie legate, forse, ad altri eventi della vita, i dissesti economici, dell’irresistibile attrazione per il tavolo verde, le violente polemiche legate alla fede religiosa, divenuta cristiana e per questo molto criticata viste le origini arabe: «Mi sto mettendo in una posizione molto pericolosa - aveva dichiarato durante le riprese del film tv in cui interpretava San Pietro -. Quelli mi uccidono. Nel film parlo per tre volte di Gesù come un musulmano non farebbe mai. Tutto questo mi procurerà dei guai». dire che l’altro film decisivo nella carriera di Sharif, nato ad Alessandria d’Egitto il 10 aprile del 1932, era stato «Lawrence d’Arabia» dove incarnava, al fianco di Peter O’Toole, il coraggioso sceicco che libera l’avventuriero britannico e ne diventa amico e alleato. A quel ruolo era molto attaccato, mentre aveva spesso ripudiato la prova nel «Dottor Zivago», opera, a suo parere, troppo zuccherosa e romantica. Per la prima, nel 1963, aveva guadagnato un Golden Globe e una nomination all’Oscar, mentre per la seconda aveva vinto un altro Golden Globe.

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    Riconoscimenti che arrivavano dopo una prima parte di carriera vissuta, negli Anni Cinquanta, sui set dei più importanti registi egiziani. Ma a Hollywood lo stereotipo è più forte di tutto e quindi, da Zivago in poi, il percorso professionale di Sharif seguì sempre la stessa direzione, quella di amante appassionato di bellissime dive del mondo. Basta pensare a «C’era una volta» di Francesco Rosi in cui era un principe invaghito della popolana Sofia Loren e a «Mayerling» di Terence Young in cui era il tormentato Rodolfo d’Asburgo. Parallelo alla filmografia si sviluppava l’elenco degli amori celebri, da Barbra Streisand a Marilù Tolo.



    Intanto, con il passare degli anni, mentre baffi e capelli diventavano sempre più candidi, continuavano a piovere ruoli nelle fiction tv, egiziane e non. Nel 2003 un felice momento di rinascita, alla Mostra
    di Venezia Omar Sharif riceve il Leone alla carriera ed è festeggiato per la prova in «Monsieur Ibrahim et les fleurs du Coran» di François Dupeyron, cronaca delicata del legame che si stabilisce tra un arabo in età e un giovane ebreo. L’ombra dei rimpianti si allungava, però, già lunga, sui ricordi ricostruiti nelle interviste e, sempre più spesso, di Omar Sharif, si parlava nelle pagine di cronaca per via di episodi spiacevoli, come la condanna per aver picchiato il valletto di un ristorante di Los Angeles. Nel 1977 Sharif ha scritto la sua autobiografia «The eternale male. An autobiography»), una scelta che sa di presagio. Molti anni dopo il morbo di Alzheimer lo avrebbe privato per sempre della possibilità di ricordare.

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