GIOVANNI PASCOLI: Parafrasi e analisi de "La cavalla storna

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  1. Oceanya
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    La cavalla storna, penultimo testo dei Canti di Castelvecchio pascoliani, riprende una tematica che è ossessivamente presente (Il poeta rammenta la tragedia della sua famiglia, quando morì assassinato il padre da ignoti

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    Ci presenta sua madre che si reca nelle stalle a trovare la cavalla storna che aveva riportato a casa il corpo del marito senza vita. La donna parla alla cavalla, come se potesse capirla; le chiede anzi di parlare, come se fosse un essere umano. Le dà una carezza sulla criniera e la cavalla volge il capo verso di lei, attenta, come se ascoltasse.
    La donna le parla come a un membro della famiglia, le ricorda l'affiatamento che aveva col suo padrone, le ricorda i figli piccoli rimasti orfani; poi vuole da lei una conferma. La famiglia Pascoli era convinta di sapere chi fosse l'autore del delitto, anche se la giustizia umana non era riuscita, o non aveva voluto trovarlo. La donna interroga la cavalla, che aveva compiuto la pietosa opera di riportare a casa il suo padrone morente, e le sussurra un nome, quel nome, il nome dell'assassino.
    Nel silenzio l'animale fa risuonare un alto nitrito, confermando i sospetti della donna e mostrandosi umanamente partecipe al dolore dei suoi padroni.

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    Metro: distici di endecasillabi a rima baciata.

    Nella Torre 1 il silenzio era già alto.
    2.Sussurravano i pioppi del Rio Salto 2.
    I cavalli normanni alle lor poste
    4.frangean la biada con rumor di croste 3.
    Là in fondo la cavalla era, selvaggia,
    6.nata tra i pini su la salsa spiaggia;
    che nelle froge avea del mar gli spruzzi 4
    8.ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi.
    Con su la greppia un gomito, da essa
    10.era mia madre 5; e le dicea sommessa:
    “O cavallina, cavallina storna 6,
    12.che portavi colui che non ritorna 7;
    tu capivi il suo cenno ed il suo detto!
    14.Egli ha lasciato un figlio giovinetto;
    il primo d’otto 8 tra miei figli e figlie;
    16.e la sua mano non toccò mai briglie 9.
    Tu che ti senti ai fianchi l’uragano
    18.tu dai retta alla sua piccola mano.
    Tu ch’hai nel cuore la marina brulla,
    20.tu dai retta alla sua voce fanciulla 10”
    La cavalla volgea la scarna testa
    22.verso mia madre, che dicea più mesta:
    “O cavallina, cavallina storna,
    24.che portavi colui che non ritorna;
    lo so, lo so, che tu l’amavi forte!
    26.Con lui c’eri tu sola e la sua morte.
    O nata in selve tra l’ondate e il vento,
    28.tu tenesti nel cuore il tuo spavento;
    sentendo lasso nella bocca il morso 11,
    30.nel cuor veloce tu premesti il corso:
    adagio seguitasti la tua via,
    32.perché facesse in pace l’agonia…”.
    La scarna lunga testa era daccanto
    34.al dolce viso di mia madre in pianto.
    “O cavallina, cavallina storna,
    36.che portavi colui che non ritorna;
    oh! due parole egli dové pur dire!
    38.E tu capisci, ma non sai ridire 12.
    Tu con le briglie sciolte tra le zampe,
    40.con dentro gli occhi il fuoco delle vampe,
    con negli orecchi l’eco degli scoppi,
    42.seguitasti 13 la via tra gli alti pioppi:
    lo riportavi tra il morir del sole,
    44.perché udissimo noi le sue parole”.
    Stava attenta la lunga testa 14 fiera.
    46.Mia madre l’abbracciò su la criniera.
    “O cavallina, cavallina storna,
    48.portavi a casa sua chi non ritorna!
    a me, chi non ritornerà più mai!
    50.Tu fosti buona... Ma parlar non sai!
    Tu non sai, poverina; altri non osa.
    52.Oh! ma tu devi dirmi una una cosa 15!
    Tu l’hai veduto l’uomo che l’uccise:
    54.esso t’è qui nelle pupille fise.
    Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome.
    56.E tu fa cenno. Dio t’insegni, come”.
    Ora, i cavalli non frangean la biada:
    58.dormian sognando il bianco della strada.
    La paglia non battean con l’unghie vuote;
    60.dormian sognando il rullo delle ruote 16.
    Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:
    62.disse un nome... Sonò alto un nitrito 17.

    Il silenzio era già assoluto presso la Torre.
    2.I pioppi del Rio Salto sussurravano al vento.
    I cavalli normanni, nelle loro stalle,
    4.masticavano la biada con un sonoro ruminio.
    Laggiù c’era la cavalla selvaggia,
    6.nata fra i pini di una spiaggia salata,
    e questa sulle mucose del naso aveva ancora
    8.gli spruzzi del mare, e negli orecchi le urla stridenti.
    Mia madre, a fianco a lei, le teneva un gomito
    10.sul dorso; e le diceva con voce bassa:
    “O cavallina, cavallina pezzata di grigio,
    12.che portavi con te chi non tornerà più;
    tu che capivi i suoi gesti e i suoi comandi!
    14.Lui ha lasciato un orfano di pochi anni;
    [lui] è il primo dei miei figli e delle mie figlie;
    16.e lui non ha mai preso delle briglie in mano.
    Tu [cavallina] che senti ai tuoi fianchi il caos
    18.del delitto e ti fidi della sua piccola mano.
    Tu che hai nel cuore le erbe del mare.
    20.tu che ti fidi della sua voce da bambino”.
    La cavalla girava la testa piccola e magra
    22.verso mia madre, che diceva ancor più triste:
    “O cavallina, cavallina grigia,
    24.che portavi con te chi non può tornare più;
    come so bene che l’amavi tantissimo!
    26.Con lui, c’eravate solo tu e la morte.
    O tu, nata in un bosco tra il vento e le onde,
    28.tu hai tenuto stretto nel cuore il tuo spavento;
    quando hai sentito allentarsi il morso in bocca,
    30.hai preso a galoppare nel tuo cuore:
    lentamente hai seguito la strada verso casa,
    32.perché Ruggero morisse in pace…”.
    La magra testa della cavallina era a fianco
    34.al viso dolce di mia madre, rigato dalle lacrime.
    “O cavallina, cavallina pezzata,
    36.che portavi con te chi non c’è più;
    oh! lui avrà dovuto pur dire qualcosa!
    38.Tu l’hai capito, ma non lo puoi ripetere.
    Tu, con le briglie che ti cadono tra le zampe,
    40.con lingue di fuoco dentro gli occhi,
    con l’eco dei colpi di fucile negli orecchi,
    42.hai seguito la strada tra i filari dei pioppi:
    tu riportavi a casa Ruggero al tramonto,
    44.affinché noi udissimo le sue parole”.
    La lunga testa della cavallina stava attenta e fiera.
    46.Mia madre le strinse la criniera.
    “O cavallina, cavallina dal manto grigio,
    48.tu conducevi con te chi non può tornare!
    a me [portavi] chi non tornerà mai a casa!
    50.Sei buona… ma non puoi parlare!
    Tu non sai [parlare], poveretta; altri non osano farlo.
    52.Oh! Ma devi svelarmi una cosa!
    Tu hai visto il volto dell’assassino:
    54.esso è qui, fissato nelle tue pupille
    Chi è stato? Chi è? Ti dirò un nome.
    56.Tu fai un cenno - Dio ti dirà come”
    Ora, i cavalli non mangiavan più la biada:
    58.dormivano, sognando strade bianche.
    Non picchiavano con lo zoccolo sulla paglia;
    60.dormivano sognando il rotolio delle ruote dei carri.
    Mia madre, nel silenzio del mondo, alzò un dito:
    62.disse un nome… s’alzò un nitrito nel cielo.


    1 Nella Torre: i Pascoli, famiglia agiata della borghesia contadina romagnola di metà Ottocento, erano amministratori della tenuta “La Torre”, di proprietà dei principi Torlonia.

    2 Rio Salto: si tratta di una località a un paio di chilometri da San Mauro di Romagna (oggi San Mauro Pascoli), paese natale del poeta.

    3 frangean la biada con rumor di croste: il verso è un buon esempio del lavorìo attento di Pascoli sugli effetti fonici e fonosimbolici della sua poesia; si noti qui l’insistenza sul suono della - r - come per riprodurre il ruminare lento e costante dei cavalli nella stalla.

    4 avea del mar gli spruzzi: l’iperbato (cioè l’inversione dell’ordine consueto e normale dei componenti della frase) spezza la linearità del verso, anche per necessità di rima “spruzzi | aguzzi”.

    5 La sintonia tra la “cavalla storna” e la madre del poeta, nella dolorosissima confessione del nome dell’assassino, è uno dei Leitmotiv del testo, e troverà scioglimento solo nell’ultimo distico del testo.

    6 storna: l’aggettivo viene da un tipo di uccello, lo storno, una specie di passero il cui manto è di colore grigio scuro maculato di piccole chiazze bianche, uniformemente distribuite. La cavallina che tira il calesse di Ruggero Pascoli è insomma pezzata.

    7 Il distico tornerà più avanti altre tre volte (ogni volta che la madre prende parola per rivolgersi alla cavallina), come una sorta di ritornello di filastrocca; Pascoli, per creare un senso di suspense attorno a ciò che sta raccontando sfrutta proprio la contrapposizione tra l’ingenua musicalità di questo refrain e la drammaticità delle circostanze.

    8 il primo d’otto: i Pascoli ebbero in realtà dieci figli, ma due morirono poco dopo la nascita; il poeta era il quarto nella successione genealogica.

    9 e la sua mano non toccò mai le briglie: la poesia tematizza così la perdita d’unità del “nido” familiare; la morte di Ruggero spezza infatti la trasmissione del sapere e della conoscenza tra il pater familias e la sua discendenza.

    10 alla sua voce fanciulla: si noti l’aggettivazione (anche sopra al v. 18: “piccola mano”), che contribuisce a creare commozione per la morte ingiusta ed impunita di Ruggero.

    11 il morso: è la parte della briglia che l’animale stringe in bocca e che aiuta a dirigerne i movimenti.

    12 ma non sai ridire: si inserisce qui il tema patetico dell’impossibilità della cavallina di parlare e di svelare il nome dei colpevoli.

    13 seguitasti: il verbo, che ha una sfumatura continuativa (come se l’azione del tornare a casa fosse protratta per un tempo quasi infinito), sottolinea la drammaticità dell’agguato in cui Ruggero Pascoli ha perso la vita: la cavallina al calesse, conoscendo la strada, riporta lentamente il cadavere a casa.

    14 testa: l’insistenza sulla “testa” dell’animale contribuisce ad umanizzarne la descrizione, come se fosse una interlocutrice (purtroppo muta, ma partecipe al dolore) della madre del poeta.

    15 Il distico introduce il tema su cui si chiude La cavalla storna: la rivelazione dei nomi degli assassini del padre. Di recente, sono stati confermati quei sospetti che erano anche del poeta: mandante dell’omicidio del 10 agosto fu Pietro Cacciaguerra (che prenderà il posto di Ruggero quale amministratore delle terre dei Torlonia) ed esecutori materiali Michele Della Rocca e Luigi Pagliarani (che erano antagonisti politici del padre di Pascoli, cavouriano di formazione).

    16 La poesia si chiude così su una struttura circolare: i cavalli nella stalla ormai non mangiano più ed anzi stanno dormendo, sognando l’attività del giorno seguente. Alla serenità del mondo naturale corrisponde allora la tragedia degli uomini.

    17 L’ultimo distico svela tutta l’abilità compositiva di Pascoli: se la rivelazione dei colpevoli, protratta fino alla fine del testo, si risolve in un nuovo enigma (la cavallina risponde con un “nitrito” ad un “nome” fatto dalla madre del poeta), si può notare anche la particolare struttura del periodo. Le tre frasi, coordinate per asindeto, sono scandite ritmicamente dai tre predicati (“alzò”, “disse”, “sonò”) e dalle parole in rima (“dito | nitrito”), che vengono così ulteriormente sottolineate. L’effetto è quello di una conclusione assai icastica e drammatica.

    PARAFRASI



    La cavalla storna è un componimento di Giovanni Pascoli che ritroviamo inserito nella raccolta Canti di Castelvecchio. Lo sfondo poetico, come in numerose poesie della produzione pascoliana, è quello della campagna romagnola; siamo infatti nei pressi di San Mauro. Il paesaggio agreste, così familiare al poeta, è tuttavia avvertito in termini simbolisti: il mondo di Natura, anziché rappresentare un pacifico e sereno locus amoenus estraneo ai turbamenti della realtà, diventa, secondo la poetica del fanciullino, il tramite per alludere ad una realtà ulteriore e misteriosa, celata alla maggior parte di noi ed indicata solo da ambigui segnali. L'atteggiamento della cavallina (e le tragiche circostanze dell'episodio narrato dal poeta) sono allora il punto di partenza per una deformazione quasi allucinata della realtà.


    Il tema della morte nella poesia

    Il tema affrontato è quello dell'assassinio del padre 1, evento drammatico che colpisce profondamente l'esistenza del poeta ne segna a lungo la poetica, ossessivamente attraversata dalla percezione della morte, del dolore e della provvisorietà del “nido” familiare.

    L’ambientazione del testo e la scena descritta contribuiscono al’atmosfera di angoscia e di strazio dell’evento: la fedele cavalla del padre (detta “storna” in riferimento al manto grigio e chiazzato) torna a casa trainando il calesse con il corpo del defunto, mentre la madre che le si rivolge quasi fosse un essere umano, cercando di scoprire chi abbia ucciso il marito. Il paesaggio naturale - siamo ormai a sera inoltrata, quando “nella Torre il silenzio era già alto” 2 - contribuisce a creare un senso di inquietante mistero, come se dal mondo esterno giungessero segnali indecifrabili della tragedia che s’è compiuta.

    In tal senso, l’umanizzazione della cavallina, evidente soprattutto nelle parole che la madre del poeta le rivolge, è un elemento fondamentale: essa infatti è l'unica testimone dell'omicidio di Ruggero, e deve svelare il nome dell'assassino. Il dialogo tra la madre e la cavallina sfocia allora, mentre cresce la tensione emotiva, in una scioccante rivelazione finale, durante la quale la cavalla sembra indicare l'identità dell'omicida, nitrendo al suono del suo nome (come detto nel distico conclusivo: "Mia madre alzò nel gran silenzio un dito: | disse un nome... Sonò alto un nitrito").



    È così centrale nel testo l'elemento patetico, rappresentato proprio dalla cavallina (vv. 23-26: “O cavallina, cavallina storna, | che portavi colui che non ritorna; | lo so, lo so, che tu l’amavi forte! | Con lui c’eri tu sola e la sua morte") che diventa emblema della violazione del "nido" del poeta. Attraverso il silenzio dell’animale e la sua sofferta “confessione” a gesti e nitriti (v. 50: “Tu fosti buona... Ma parlar non sai!”) si esplicita la visione del mondo di Pascoli: un segnale ambiguo e misterioso, carico di pathos e di angoscia, che fa intravedere ed intuire al di sotto della realtà le relazioni inedite tra le cose del mondo.


    Lo schema di una filastrocca


    Metricamente, La cavalla storna è composta da trentuno distici di endecasillabi, e la rima è baciata, secondo il modello AA BB CC DD. Questa particolare scelta metrica rende la poesia simile a una filastrocca, elemento che ha contribuito alla sua celebrità e diffusione, e che si ricollega alla prospettiva straniante del "fanciullino" (con cui Pascoli intuisce una realtà "diversa" e al di là dei canonici rapporti di cause-effetto) e alla presenza ossessiva della morte.


    1 Ruggero Pascoli, com’è noto, viene ucciso da ignoti la sera del 10 agosto 1867

    2 G. Pascoli, La cavalla storna in Canti di Castelvecchio, v. 1.





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